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Erika Piras: al cuor non si comanda

5 Ago , 2019  

di Serenella Mele

Motore instancabile, la “pasionaria” che si spezza e gioca ancora, interprete di inglese e spagnolo (che parla perfettamente, ndr), Erika Piras, 20 anni, un diploma brillantemente conseguito alla Sheldon High School di Sacramento (California). Nata a Nuoro, cresciuta ad Orgosolo, ma un cuore a stelle e strisce che fa continui voli sull’oceano perché si sa, al cuore non si comanda. Infortunata, vista con i miei occhi, implora il manager in lacrime “mi riposo un po’, dopo mi fai giocare ancora”? IAmErika, “io sono Erika” un destino nel nome.

Erika, avete sfiorato i playoff, cosa è mancato secondo te per centrare l’obiettivo?

Penso che se ci fossimo potute allenare sempre tutte insieme il risultato sarebbe potuto cambiare. Purtroppo non tutte potevano essere presenti durante la settimana ed arrivavamo ad avere una squadra completa solo per le partite, allenandoci molte volte anche solo in 3-4. Nonostante questo ci siamo sempre impegnate e sicuramente un po’ di fortuna in più -che ci è mancata in tante partite- avrebbe fatto la differenza”.

La stagione agonistica: sei soddisfatta del tuo campionato?

Sono tornata a giocare dopo quasi due anni che non entravo in campo. Ho affrontato la stagione con una lesione alla spalla, diversi problemi alla schiena e finito il campionato con un ulteriore infortunio a metà dell’ultima partita, mi ha sicuramente lasciato l’amaro in bocca. Puntavamo ai playoff e siamo arrivate terze, insomma per vari motivi non è finita come volevamo. Ma dopotutto raramente le cose vanno come programmate, soprattutto nel softball. Alla fine dei conti, sono abbastanza soddisfatta. Siamo cresciute tantissimo sia come squadra, sia individualmente. C’ è ancora tanta strada da fare ma siamo pronte a rifarci l’anno prossimo. Personalmente ci sono partite che avrei voluto andassero diversamente, ma so per certo di aver sempre cercato di dare il 110% e di aver lasciato il cuore in campo ad ogni partita”.

Un roster decisamente internazionale quello nuorese del 2019: aspetti positivi e negativi? Chi ti ha impressionata di più?

Sicuramente un roster molto interessante. Penso l’unico aspetto negativo sia stato il non potersi allenare insieme, per il resto si imparano sempre tante cose dall’avere giocatrici provenienti da posti diversi. Quelle che mi sono rimaste più impresse sono: Kirsten Scheele, lanciatrice e atleta di altissimo livello; Anna Stverakova che è stata di grande aiuto alla difesa avendo ricoperto diversi ruoli, è stata anche un gran punto di forza nel line up. Infine, Tereza Pochobradska altra grandissima giocatrice, che in campo trasmette tanta sicurezza e riesce a tirar fuori il meglio dalle compagne di squadra. Tra le atlete italiane sicuramente degna di nomina Giada Zidda, che ho trovato cresciuta tantissimo. A soli 17 anni ha giocato la sua terza stagione in serie A, ha un grandissimo talento e l’atteggiamento che serve per arrivare lontano in questo sport. Per finire Ylenia Pisanu (Supramonte Softball, ndr) imprendibile sulle basi, esterno che quest’anno ha ricoperto tanti altri ruoli in modo eccellente”.

Raccontaci come sei arrivata allo sport, ed al softball in particolare

Ho sempre praticato tanti sport da quando avevo 5 anni. Arrivo al softball a 7 e fino ai 12 le mie settimane si dividevano anche tra judo e tennis. Il mio ruolo è terza base, ma negli anni delle giovanili ho giocato interbase, ricevitore, esterno e recentemente anche seconda base. I risultati migliori ottenuti sicuramente sono stati i play off giocati in serie B con il Supramonte e le stagioni in serie A con il Nuoro. Personalmente la soddisfazione più grande penso sia stata la partita giocata in A1 due anni fa con il Bollate: 3 valide su 3 con un doppio e il mio primo fuoricampo di sempre; ricordo che giocai molto bene anche in difesa. Per quanto riguarda i tecnici, vorrei ringraziare Mariassunta Mereu per avermi avvicinata a questo sport e avermi cresciuta durante i 10 anni che ho giocato con il Supramonte. Inoltre delle stagioni giocate a Orgosolo ho un bellissimo ricordo di Luis Garcia, che rimase con noi per un paio d’ anni. Bartolo Florian per avermi dato tanta fiducia il mio primo anno in A1 facendomi giocare la maggior parte delle partite come titolare. E Wilmer Pino, per il grandioso lavoro svolto quest’anno e per tutto l’ impegno nel farci crescere. Tra le atlete migliori, senza dubbio Jolene Henderson e Brianna Hamilton. Che per quanto possano essere spettacolari sul campo, nel quotidiano si sono dimostrate persone di elevata caratura”.

Hai un amore sconfinato per gli Stati Uniti, al punto che dopo il quarto anno delle superiori…

Nel 2016 ho giocato la mia prima stagione in A1, anno in cui arriva a Nuoro la lanciatrice Americana Jolene Henderson. Da subito andiamo d’ accordo e nasce un gran legame di amicizia, tanto da aprirmi le porte di casa sua a Sacramento, in California. A Settembre arrivo in America e inizia così il mio percorso americano. Sognavo gli Stati Uniti da sempre e trovarmi finalmente là era qualcosa di irreale. La scuola decisamente da film: campus enorme, caffetteria, partite di football il venerdì sera, ballo di fine anno e cerimonia per il diploma in uno stadio da basket NBA. Ci é voluto un po’ di tempo ad abituarmi a tutte le differenze e soprattutto a prendere fiducia con la lingua. La mia famiglia mi ha aiutato tantissimo in tutte le tappe. Gli Henderson mi hanno accolta a braccia aperte e sin da subito mi sono sentita a casa. Il legame che ho con loro é qualcosa di stupendo, mi vogliono bene e gli voglio bene come ci appartenessimo da sempre. Non sono la mia “host family” o “famiglia americana” ma semplicemente la mia famiglia”.

Come hai vissuto lo sport ed il softball negli Usa?

Tutto molto diverso, diciamo più impegnativo. Il softball impegna la maggior parte della vita delle ragazze che ci si dedicano. Conditioning, allenamenti di squadra con il club di appartenenza, allenamenti con la scuola e allenamenti individuali. Partite su partite durante i fine settimana. Sono cresciuta tanto dopo essere stata negli Stati Uniti, soprattutto ho lavorato molto sulla tecnica e ho preso coscienza delle cose su cui devo lavorare e cosa fare per migliorarle. Ho anche imparato tanto dalle ragazze con cui mi allenavo: che la passione e il sacrificio sono la chiave per avere successo in questo sport”.

Dopo il primo anno americano, dì la verità, volevi restare in California? Avresti sacrificato un’avviata carriera agonistica ?

Assolutamente si. Gioco in seria A da 3 anni, ma quando sono partita per la California avevo appena finito di giocare la mia prima stagione. Sicuramente il softball avrebbe continuato a far parte della mia vita, ma avrei fatto di tutto pur di restare là”.

Dopo qualche mese sei ripartita, sempre con regolare visto, stavolta per 15 mesi: ti è mancato il campionato?

Si, tornata dalla California ho giocato il campionato e poi a Febbraio sono partita per la Florida. Ho lavorato a Disney World ad Orlando, per un ristorante italiano. É stata un’ esperienza fantastica, ma il softball mi è mancato tantissimo. Lavoravo tanto durante la settimana e non mi era possibile raggiungere un campo. Ho seguito per quanto possibile il campionato della mia squadra, mi è dispiaciuto tantissimo quando ai playout siamo poi retrocesse in A2”.

Rientri e dopo qualche ora sei sul campo: qualche allenamento e subito la partita. Cos’è la competizione sportiva per te? Cos’è la squadra, la gara?

In realtà non avevo in programma di rientrare, e giocare. Avevo deciso di tornare per fare una sorpresa a mia mamma. Poi sarei voluta ripartire con lei per la California dopo un paio di settimane. Ho comunicato alla squadra del mio rientro, che mi sarei allenata un paio di volte, ma che non ero sicura di restare per il campionato. Sono arrivata in Sardegna dopo 50 ore di viaggio, il giorno dopo sono andata ad allenarmi ed è stato impossibile rinunciare alle emozioni che si provano nello stare su quel diamante, soprattutto dopo esserne stata lontana per tanto tempo. La competizione sportiva ti aiuta a crescere tanto, non solo sul campo ma come persona. Ti aiuta a maturare, a migliorarti. Capisci che nello sport come nella vita, se si vogliono raggiungere risultati importanti bisogna impegnarsi tanto. Niente ci viene regalato e nonostante le cose a volte non vadano come avremmo sperato, non bisogna mai arrendersi. La squadra è una seconda famiglia. Sono quelle persone che ti vedranno nei tuoi momenti migliori e peggiori. Quelle persone che sarai “obbligata” a vedere tutti i giorni per diversi mesi l’anno e che ogni tanto ti fanno anche uscire di testa, ma alle quali nonostante tutto vuoi un bene dell’anima”.

Sei nata a Nuoro ma cresciuta ad Orgosolo: ad un certo punto lasci il tuo paese per giocare in A1 col Nuoro: quanto è stata difficile questa scelta, considerata la rivalità sportiva tra le due società? Come hai vissuto il derby?

Ho iniziato a giocare con Orgosolo all’ età di 7 anni, grazie al coinvolgimento dell’ allenatrice Mariassunta Mereu. Ho giocato là per tutto il periodo delle giovanili e gli ultimi anni anche in serie B con la prima squadra. Nel 2015, ancora 17enne fu mia mamma che per diversi motivi prese la decisione di trasferirmi a Nuoro. Già conoscevo molte ragazze in squadra avendo giocato per anni l’una contro l’altra nelle categorie giovanili, quindi non ebbi alcun tipo di problema. Ovviamente non ho mai dimenticato dove sono cresciuta e come sono potuta arrivare a giocare poi in serie A1. Quest’anno, essendo retrocessi in A2 abbiamo giocato in campionato contro il Supramonte, anch’esso militante in A2. La verità, non è stato per niente facile: sia per la competitività esistente tra le due società, sia per l’ amicizia che da anni mi lega a diverse delle ragazze presenti nell’altra squadra, tra le quali anche mia madrina (Antonella Muscau, ndr). Amicizia e agonismo possono coesistere, assolutamente si. Siamo tutte consapevoli di ciò che ci viene richiesto quando entriamo in campo e sappiamo anche che ciò che succede nel gioco, resta su quel diamante. Come ho già detto, in situazioni del genere si gioca più per ciò che il softball rappresenta che per la maglietta che indossi. Ed è da queste partite che tutti quanti hanno la possibilità di imparare e crescere tanto”.

Il tuo futuro, quanto lo vorresti a stelle e strisce?

Purtroppo ancora non ho una risposta neanche per me stessa. Sono sicura del fatto che il mio futuro sia a stelle e strisce. Al momento è ancora tutto un “work in progress” e vedremo dove la vita mi porterà prossimamente”.

Hai 5 righe per un messaggio in inglese alla tua famiglia americana e a tutti gli amici che hai negli States…ma anche uno in spagnolo (anche a Wilmer Pino, se vuoi dirgli qualcosa)

To the Hendersons: I want to thank you so much for allowing me to be apart of this awesome family and for playing such a big role in shaping the athlete and person I am today. I am so very grateful for all you have done for me in these past three years and continue doing for me to this day. I miss you so much and I hope I will be with you very soon. I love you infinitely.”

“Hola Wilmer! Yo se que esa temporada no ha sido fácil para nadie y que hemos encontrado demasiadas dificultades. No se termino como queríamos, pero gracias por todo lo que hiciste! Gracias por creer en nosotras y habernos ayudado todos los días a ser mejores en el campo y también en la vida. Eres un gran entrenador y persona, ojalá podamos trabajar juntos otra vez.”

Infine vorrei fare un ringraziamento speciale a mia mamma, per tutti i sacrifici fatti e il supporto che mi ha dato in questi anni. Senza di lei non sarei la metà della persona che sono oggi e sicuramente molti dei miei sogni sarebbero ancora in un cassetto”.

(Fonte immagine: Tiziana Spina)