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Francesco Imperiali si racconta: “Ho sempre dato tutto con ogni casacca. L’Hr del primo scudetto in gara 7 a Nettuno è stato un momento indimenticabile”

27 Ago , 2019  

di Emanuele Tinari

Una chiacchierata a ruota libera  sulla carriera di uno dei migliori prodotti della scuola italiana del nuovo millennio e su ciò che sarà nel suo futuro.

“Al momento mi sono tolto un peso. La malinconia comincerà sicuramente ad arrivare al momento della preparazione invernale. Con la società ho parlato ad inizo stagione, mia moglie lavora a tempo pieno, con due figli era arrivata l’ora di pensarci, mi ero ripromesso di decidere a fine anno e in un campionato in cui si gioca poco e i sacrifici sono tanti, ho deciso che era giunta l’ora del ritiro”.

Una carriera cominciata in maniera molto naturale come spesso accade per un ragazzino nettunese, proseguita poi tra Anzio, Stati Uniti, ancora Nettuno e Anzio per arrivare a San Marino.

“Davanti casa mia c’era il campo da baseball, mi mettevo sempre fuori a vedere gli allenamenti ed una volta il manager della squadra Maurizio Sbandi mi disse di entrare dentro. Posso dire che è stato amore a prima vista, sono entrato a 5 anni e non sono più uscito. L’esordio in serie A1 è arrivato nel 2000 ad Anzio e l’anno successivo sono partito per gli States per giocare con l’organizzazione dei Seattle Mariners. All’inizio non è facile, sei lontano dalla famiglia, la mancanza è tanta, impari a stare solo, a cavartela, interagisci con lingue diverse con giocatori di cultura differente, vedi dal vivo giocatori fino a pochi mesi prima visti solo in tv o nei videogiochi. Poi c’è il lato del campo che è stupendo, tutto il giorno dalla mattina alla sera ti dedichi al baseball, stai su un campo, lavori su tutti i fondamentali, mentre qui in Italia si fa davvero fatica a far questo tipo di vita. Una volta finita l’esperienza nel mondo professionistico sono tornato ad Anzio e nel 2005 ho fatto la mia prima e unica stagione con il Nettuno. Ero in  prestito con la promessa che appena la società anziate fosse tornata in A1 sarei tornato da loro. Non ho rimpianti per quell’annata lì, penso di aver fatto abbastanza bene e di aver dato tutto come sempre successo in ogni esperienza della mia carriera. Siamo arrivati in semifinale uscendo con il San Marino, ho giocato davanti al mio pubblico e con giocatori di livello come Alberto D’Auria al suo ultimo anno di carriera e con il mio amico Peppe Mazzanti”.

I 13 anni al San Marino meritano un capitolo a parte.

“Anche qui posso dire che è stato amore a prima vista. Ho ricevuto la chiamata di Antolini mentre ero con mio padre ed ho deciso di accettare subito la proposta. Ho costruito negli anni un bel rapporto con la società e con i giocatori,anche con quelli che non giocano più insieme a me ci sentiamo e vediamo ancora, devo solamente ringraziarli per quello che mi hanno dato, è merito soprattutto loro se a mia volta ho potuto dare una grande mano in questi anni”

Per Francesco, ovviamente, anche ddiverse partite con la maglia azzurra, a mio parere meno di quante ne meritasse.

“Ho esordito giovanissimo nel 2001 a Taiwan. Sono passati diversi allenatori ed ognuno fa le proprie scelte, un rimpianto è non aver disputato le Olimpiadi nel 2004 dopo aver fatto parte del gruppo per l’Europeo e qualificazione olimpica”.

Imperiali è un nome che sa di baseball per tanti anni lui e suo fratello Renato si sono sfidati, anche in finali scudetto arrivate sempre a gara 7.

“Fa un bell’effetto giocare contro, in campo siamo avversari, ma fuori è mio fratello e guai a chi me lo tocca. Sono contento della sua carriera, per me lui è sempre stato il più bravo dei due”.

Con Imperiali abbiamo fatto un salto nei ricordi parlando di partite, compagni, allenatori ed avversari.

“Un momento indimenticabile è il fuoricampo da tre punti in gara 7 allo “Steno Borghese”, primo scudetto personale e per il San Marino nella mia città contro uno stadio strapieno. Ricordo ogni momento come fosse ieri. Un’altra bella soddisfazione è stato il walk-off nel 2012 che ci ha dato il titolo contro il Rimini e che mi è valso anche il titolo di Mvp della Italian Baseball Series.Riguardo gli allenatori, ognuno mi ha lasciato del suo. Da Laurenzi, a Morville, passando per Bagialemani fino arrivare a Doriano Bindi che mi ha cresciuto come uomo e come giocatore una volta arrivato a San Marino, per finire con Nanni e Chiarini. Ci sono anche tantissimi compagni con cui ho condiviso bellissimi momenti, basti pensare a Peppe Mazzanti con cui ho condiviso anche l’avventura nelle Minor negli Usa e che sento spesso pur non giocando per lo stesso club, a Simone Albanese insieme ormai da una vita, ci vediamo anche fuori dal campo e a volte passo più tempo con lui che con la mia famiglia, passando per Mattia Reginato, un altro ragazzo con cui ho passato tanti bei momenti insieme”.

Nessuna esitazione anche nelle risposte sui migliori giocatori affrontati.

“Come lanciatori italiani posso dire Riccardo De Santis come avversario e Maestri come compagno (anche se ho avuto pure lui come avversario), come stranieri Matos mi ha messo spesso in difficoltà, mentre come compagno Junior Guerra arrivato poi nel giro di pochi anni ad essere un partente in MLB. Il miglior battitore avversario italiano penso che sia stato Liverziani, attualmente il migliore è Marval, ma come non nominare gente come Willy Vazquez e Jairo Ramos”.

Sulla formazione ideale solo una certezza.

“Metto me in seconda, poi il resto davvero non riesco a scegliere”.

Chiudiamo con due argomenti attuali, uno il futuro di uno sport purtroppo sempre più in difficoltà, l’altro su come si vede una volta terminata la sua carriera.

“Anno dopo anno siamo andati sempre indietro. Quando ho cominciato ho trovato italiani fortissimi, e pian piano mi sono ritagliato il mio spazio. Si giocava molto di più, 3 partite a settimana con 10 squadre mentre quest’anno il San Marino ha fatto 23 partite di regular season. Non siamo riusciti a sfruttare l’onda dei risultati del Classic, del terzo posto agli Intercontinentali. Purtroppo tutti vedono la situazione  com’è, dalla massima serie spariscono squadre storiche come Grosseto, Rimini, mentre Nettuno negli ultimi anni ha avuto problemi, ora per i giovani ci sono poche prospettive, o riesci a sfruttare la carta dell’estero oppure tanti smettono o si accontentano delle serie minori. Se a me da giovane chiedevi il mio obiettivo era quello di giocare per il Nettuno o quantomeno in serie A1. Vedo invece che qualcosa a livello giovanile si muove, si fanno tanti bei tornei, si gioca parecchio ma non riusciamo a confermarlo tra i grandi. Ci sono tanti stranieri e per loro diventa un lavoro, mentre per noi è difficile fare solo quello, può succedere da giovani, poi la vita va avanti e ti pone davanti a determinate scelte. Serve più spazio per gli italiani e farli giocare molto di più. Per quanto riguarda il mio futuro ancora non ci penso. Sicuramente prenderò un anno sabbatico. Attualmente penso che il campo non faccia per me, nè in prima squadra nè a livello giovanile, mentre mi vedo più a livello societario. Ora stacco la spina, poi valuterò bene perchè come tutti gli innamorati di questo sport sanno, il baseball diventa una malattia, fai atica a star senza quindi se riuscirò a dare una mano alla società in un’altra veste dopo quella di giocatore ne sarei onorato”.

Foto copertina: Lauro Bassani