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GENOVA, PROVINCIA D’AMERICA. Intervista a Claudio Angeloni, memoria storica del baseball

10 Apr , 2020  

di Ignazio Gori 

 

Claudio, tu hai vissuto il baseball sin da piccolo, per via di tuo padre, Giancarlo Angeloni[1]. Ci vorresti raccontare come tuo padre si è avvicinato al baseball?

C.A. Papà, insieme a un gruppo di amici, frequentava lo storico Circolo Vittoria a Genova.   Questo posto era un circolo ricreativo dove, all’esterno, vi era un campo da bocce con un pianoforte dove papà suovana il boogie woogie con gli amici per passare i pomeriggi e le serate. A quell’epoca i ragazzi che poi avrebbero costituito il Genoa B.C. giocavano a ping pong con discreti risultati anche a livello interregionale. Genova era in quegli anni un porto militare frequentato da diverse unità della Marina Militare americana e, credo tra la fine del 1948 e l’inizio del 1949, papà e i suoi amici videro i militari americani che giocavano a baseball tra di loro. Da li a chiedere di insegnargli a giocare e ad innamorarsi di questo nuovo sport il passo fu breve. Ogni mattina, sabati e domeniche inclusi, e ogni sera dopo il lavoro, i ragazzi del “Vittoria” si trovavano alla foce – “su pietroni grossi cosi” (parole di  papà) – per imparare a giocare e per allenarsi. Poi, una volta pronti, nel 1950, costituirono finalmente e ufficialmente la squadra del Genoa B.C.

 

Come si organizzò questo primo storico club di baseball genoano?

C.A. La squadra ebbe le sue prime divise dalla mamma di uno dei giocatori, che le cucì usando alcune tende di casa sua. I primi spikes vennero fatti imbullonando alcune lame di ferro alle scarpe…. immaginatevi come erano ridotti i piedi dopo un allenamento! Inoltre il primo set di materiale venne acquistato a Trieste, dove viveva Ettore Sussich che, agli albori del baseball italiano, faceva l’arbitro e il cui figlio, Ettore, una volta trasferitosi a Milano negli anni ’50, iniziò a giocare nelle squadre milanesi. Dunque, i guantoni che trovarono dal Sussich a Trieste erano certamente fondi di rimanenze militari ed erano stati talmente compressi nelle casse usate per il loro trasporto che erano, praticamente, appiattiti. Avendo conosciuto personalmente Sussich (mio allenatore nella Demartino Mars), lui stesso mi raccontò che suo padre si fabbricava da solo anche le maschere da catcher, saldando del filo metallico spesso e inserendovi del feltro come protezione interna.

 

Come andò il Genoa BC alle prime uscite ufficiali?

La squadra iniziò a crescere da subito, assorbendo anche nuovi elementi, tra cui Johh Bottaro e Gianni Mariggiò. Gianni Mariggiò, pugliese classe 1925 (vive attualmente in Florida), era originario di un paese della Calabria. Con lo sbarco degli Americani durante la Seconda Guerra Mondiale, non vedendo altre speranze per il suo futuro, pensò di aggregarsi agli yankees,  i quali, come risaputo, risalirono la penisola. Mariggiò fece per loro qualsiasi lavoro gli venisse chiesto. Una volta a Genova trovò papà e gli altri del Genoa BC con i quali iniziò a giocare, avendo già appreso i rudimenti del baseball stando a stretto contatto con gli americani. Gianni, catcher del Genoa BC, è una delle memorie storiche del baseball italiano e andrebbe ascoltato; è una miniera di aneddoti. John Bottaro invece, bravo lanciatore, era di quella squadra quello che di baseball ne sapeva di più. Lanciatore anche della Nazionale Azzurra una volta mi disse: “Claudio, a me piaceva giocare in Nazionale, però mi facevano anche comodo le 20.000 lire che mi davano!”. La squadra giocava bene e in breve tempo dalla Serie B, grazie a importanti successi, arrivò inevitabilmente alla Serie A. Poi c’è un’altra cosa importante da dire, sempre negli anni ’50 il Genoa BC allargò le sue maglie avviando anche una squadra di softball femminile; siamo nell’anno 1953.

 

Negli anni ’50 però suo padre si dovette trasferire a Milano per lavoro …

C.A. Esatto, e nella città della Madunina andò ad abitare in Via Lomazzo (zona Paolo Sarpi) dove incontrò il Presidente della squadra dei Leprotti, una squadra di giovani molto promettenti. Il Presidente chiese a papà, che conosceva di fama, di prendere in mano la gestione di questa squadra e così fu. I Leprotti scalarono tutte le classifiche arrivando a giocare addirittura in Serie A. A questo punto devo introdurre il mitico Romano Lachi. Lachi, uno dei primi lanciatori della Nazionale Italiana, mi diceva sempre: “ahò ma te l’immagini quanno a Roma arrivaveno a giocà sti regazzetti de Milano… i Leprotti… ammazza che paura! Manco se chiamassero Li Leoni!”. Lachi era un romanaccio spiritosissimo, ma aveva ragione, la squadra dei Leprotti infatti conteneva molti giocatori diventati poi grandi campioni. Uno su tutti, Beppe Guilizzoni che, avendo iniziato a giocare con papà, diventò poi anche allenatore della Nazionale.

 

Non avevo mai sentito nominare questo Romano Lachi prima d’ora …

C.A. Romano Lachi, è stato, come Tagliaboschi, uno dei primissimi lanciatori della Nazionale degli anni ’50. Credo che abbia giocato in tutte le squadre della serie A di allora, tranne, chissà perché, la Lazio. Aveva un drop[2] imbattibile. Lachi era classe 1928, e nel ’43, da sfollato, ritrovandosi nella campagna romana, presso la fattoria di suo zio, imparò a lanciare in un meleto … (sic!) … i suoi primi lanci furono eseguiti con le mele di suo zio! Una storia davvero incredibile, da film. Dopo la guerra, Lachi si vantava di aver imparato a lanciare un giovanissimo Giulio Glorioso, incontrato un giorno su Ponte Milvio, a Roma …

Davvero degli aneddoti gustosi … ma torniamo al periodo milanese di tuo padre …

C.A. Ricordo che quando mio padre passò alla Pirelli, le mogli dei giocatori in tribuna si azzannavano, come fossero avversari … C’era una grande rivalità a quei tempi tra le tre squadre milanesi, rivalità che eguagliavano quelle tra Rivera e Mazzola nel calcio …

Concediamoci un po’ di amarcord. Se dovessi stilare un tuo All-Star Team personale, quale sarebbe? Questa è una domanda ormai di rito, che rivolgo a tutti per sondare la passione e mantenerla viva, tra passato e presente …

C.A. Beh, devo elencare una formazione fatta per forza con il cuore. Comunque ecco i miei “supereroi”:

Lanciatori: John Bottaro (Genoa BC, Nazionale); Romano Lachi (come detto un giramondo, e Nazionale negli anni ‘50 e ‘60); Giancarlo Folli (Europhon, due volte premiato come miglior lanciatore italiano). Ricevitori: Gianni Mariggiò (Genoa BC, Parma, Nazionale); Gigi Cameroni (non occorre dire nulla, un mito, primo vero lanciatore azzurro). Prima base: Giancarlo Angeloni (anche qui non posso apostrofare, grandissimo); Andrea Bolocan Goldstein (Europhon). Seconda base: Sergio Chiarino (Genoa BC); Ugo Balzani (Europhon, unico ad aver battuto due fuoricampo nello stesso inning!). Terza base: Felice Foppa (Leprotti, Maglierie Ragno, Pirelli); Mario Manzi (Pirelli); Franco D’Odorico (Noalex, Inter, Mars). Interbase: Gigi Cameroni (again!). Esterno sinistro: Dario Rossi (Pirelli, Europhon, detiene tuttora il record i basi rubate in una stagione, credo 48!). Esterno Centro: Pierino Allara (che avrei messo a lanciare come closer in qualsiasi partita decisiva, cinico, glaciale). Esterno destro: il grande Mimmi Bruni (Genoa Bc), per una questione puramente romantica. Mi raccontava lui stesso che quando giocava, invece di guardare la partita guardava le ragazze del pubblico a bordo campo… una vera sagoma!

A questa personalissima Hall of Fame non posso non aggiungere anche i giornalisti della Gazza che seguivano in grande dettaglio questo sport. Uno tra tutti il grande amico Pino Flamigni, autore tra l’altro di un bellissimo libro dal titolo: “C’ era una volta al Ferraris. Genova nel dopoguerra tra calcio e calcinacci” (Frilli, 2004); la storia della città di Genova  dal fascismo alla democrazia, attraverso la lotta di Liberazione, attraverso la storia parallela del suo famoso stadio di calcio. È un libro che consiglio vivamente, utile a chi, non avendo vissuto quegli anni, vuole avere una bella fotografia storica della Genova anni degli anni ’40 e ’50. Oltre al libro di Flamigni segnalo anche quello scritto da Francesco Gambaro, sempre edito da Frilli Editore e specifico per i fans del batti-e-corri: “60 anni di baseball e softball a Genova”.

Claudio, anche tu come tuo papà sei stato giocatore, e poi fondatore di una lega di baseball amatoriale, nonché collezionista e memoria storica di questo sport … insomma, il baseball ha riempito gran parte della tua vita. Se dovessi definirlo in maniera intima e poetica, che parole useresti?

C.A. Io porto nel cuore un baseball fondato sulla passione, la stima e il rispetto. Grandi ‘avversari’ storici di mio padre, quali Giancarlo Folli o Pierino Allara, sono diventaci poi amici di una vita, nel rispetto e nella stima reciproca. Questo è il baseball che mi piace. Ogni volta che guardo una partita ripenso a questi grandi personaggi, alcuni di loro furono grandi campioni, altri magari un po meno dotati tecnicamente, ma comunque tutti uniti da una passione scolpita nel DNA. Come esempio devo menzionare una lettera che scrisse Sergio Chiarino quando, a causa del trasferimento negli USA per motivi di lavoro, dovette lasciare i suoi amici del Genoa BC. Sapendo di non poterli vedere per molto tempo, Charino era affranto; questa saudade genoana non poteva essere compensata nemmeno da nuovo e importante incarico dirigenziale alla IBM. È una lettera che fa venire le lacrime agli occhi: un uomo appassionato di baseball, unito ai suoi amici e compagni di squadra, che viene chiamato nella Patria del Baseball, ma che continua ad amare di più il baseball di casa sua: assolutamente magico, meraviglioso! Questa è la passione a cui mi riferisco.

Per quanto riguarda l’attività amatoriale, essa mi ha regalato un incredibile numero di nuove amicizie, tutte costellate da grandissime persone accomunate dalla medesima vena di leggera follia che questo sport genera in tutti coloro che lo amano.

Qual è stato nella storia del baseball italiano, un evento che ti ha profondamente emozionato? 

 C.A. Italia-Olanda. Stadio “Gianni Falchi” di Bologna. 1978. Avevo quindici anni ed ero andato a vedere la partita con la mia fidanzatina accompagnati da mio papà. All’ultimo inning l’Olanda era in vantaggio per 4 a 3, due out, basi piene. Giorgio Castelli in battuta: strikeballstrike … FUORICAMPO! La palla gli olandesi la stanno ancora cercando! Se esistesse, come in quel film, la Macchina del Tempo, tornerei a vedere quella partita tutti i giorni!

Immagino tu sia appassionato anche di baseball americano, cosa ci sai dire a riguardo?

C.A. Ricordo una copertina della mitica rivista TuttoBaseball&Softball  in cui c’era la foto di Dave Parker[3] il quale, avendo la faccia distrutta dagli spikes di un avversario, riprese a giocare pochi giorni dopo l’incidente, indossando una maschera che gli teneva insieme il viso semidistrutto: serve dire altro!

 

Un grande ringraziamento da tutto il Bar del Baseball a Claudio Angeloni, per la sua testimonianza storica, per la passione che coltiva carezzando il passato

 

(tutte le immagini sono state gentilmente concesse dal sig. Claudio Angeloni. Ordine di descrizione dalla prima in alto a scendere: 1-Giancarlo Angeloni, con la maglia del Genoa B.C.  2-la tessera numero “0” di Giancarlo Angeloni, fondatore del Genoa B.C. nel 1950  3-i ragazzi del Circolo Vittoria, con G. Angeloni al piano  4-Gianni Mariggiò  5-John Bottaro 6-le ragazze del Genoa Softball  7-piatto celebrativo della terza edizione dell’Europeo di Baseball, nel 1956; ricordo di famiglia)

 

 

[1] Giancarlo Angeloni nasce a Genova il 4 Marzo del 1930. Nel 1950 fonda il Genoa B.C. A metà degli anni ’50 si trasferisce a Milano per lavoro, dove allena e gioca nei Leprotti, Maglierie Ragno e Pirelli, per poi ritornare a giocare l’ultimo anno della sua carriera, nell’amato Genoa, nel 1971.

[2] Tipologia di lancio assimilabile alla palla dritta come velocità, ma capace di scendere almeno 15-20 cm poco prima di arrivare a casabase.

[3] Esterno destro e DH, classe 1951, soprannominato “The Cobra”, ha giocato a Pittsburgh, Cincinnati, Oakland, Milwaukee, Los Angeles sponda Angels e Toronto.  .290 al box, con 2712 valide, 339 HR e 1493 RBI si è guadagnato sette convocazioni All-Star, l’MVP della NL del 1978, 3 Golden Gloves e 3 Silver Slugger Awards. Ha vinto le World Series del 1979 con i Pirates (ultimo loro titolo) e quelle del 1989 con gli A’s. La sua maglia è stata ritirata dalla Cincinnati Reds Hall of Fame.