News

Gli Immortali del Baseball Italiano: Intervista a Claudio “Caio” Mattielli, una vita per il baseball – Seconda e ultima parte

4 Ago , 2022  

di Federico Sangregorio

Ecco la parte conclusiva della lunga intervista a Claudio “Caio” Mattielli.

-Parliamo di avversari: le tue bestie nere, in difesa ed in attacco?

Malpeso del Rimini era una bestia.  Che ha fatto il record di 30 fuori campi pari a Bianchi un anno. Batteva solo con i polsi, arrivava la palla e faceva un giro secco, solo di polsi e baaam, la faceva volare.

Così lo stesso era Manzini. Una volta, al campo vecchio, che ingannava in mezzo perché partiva 95 da una parte, 93 dall’altra, però si apriva in mezzo, arrivava quasi a cento dieci metri.  Manzini l’ha buttata in mezzo sulla strada; un altro spaventoso che me l’ha tirata e ha preso il palo dei riflettori al centro, é stato Dumars, del Milano.  Ha preso la punta in alto del palo…non dico che fosse a 30 metri da terra ma quasi e non stava scendendo, viaggiava ancora.

– Un rammarico nella tua lunga carriera? 

L’unico rammarico quando ho fatto quelle esperienze in America, alla fine del torneo si sono presentati tre talent scout, perché avevano notato il braccio che avevo e la precisione. Era stato contattato Igino Banfi, che era di Bollate ed era il dirigente accompagnatore, che però non ha avallato questa cosa.Non l’ha portata avanti io, magari avrei potuto almeno provare ad entrare nel giro del baseball giovanile americano. E questo forse il mio rammarico…la vita é uno Sliding door, ha preso l’altra strada e va bene così.

Comunque, di soddisfazioni me ne sono prese e mi son preso quella brutta tostata. Quando ero ragazzo che sono stato cacciato dal campo, ma purtroppo avevo dei grossi problemi familiari, avevo un fratello paralizzato, e quindi non ero dell’umore giusto, le situazioni esterne non mi hanno aiutato, sicuramente non ero un ragazzo spensierato. È la vita, tutto quello che arriva va bene. Io mi sono ripreso il mio ruolo sono rientrato come come capitano a Bollate; ho giocato una vita, più degli altri e fino a 60 anni Lanciando dalla Montagnetta e quindi pochi come me, forse Carlo Passarotto, grande giocatore di Milano. Sono stato uno dei pochi che è riuscito arrivare a giocare a buonissimi livelli fino a quella quell’età.

-Spendiamo due parole per due persone che tutti e due conosciamo purtroppo non ci sono più Matteo Ghioni ed il Maurone (Marazzi).

Matteo era un ragazzo del vivaio, fratello di Diego ed era molto molto promettente; ricordo ancora una palla abbastanza pesante come sua caratteristica.  Rispetto a suo fratello, che era più longilineo, lui era un po’ tarchiato,  però dotato veramente di una forza notevole, la esprimeva anche nel suo lancio che quindi era abbastanza difficile da battere. Questa è una caratteristica che hai o non hai. A parte che era un bravissimo ragazzo, veramente a modo, ed un amico che era cresciuto nel vivaio come voi (cioè me Federico, io e Matteo abbiamo sempre giocato insieme, dal 1992 ndr). Poi voi eravate particolarmente legati (altra lacrima mia, d’altronde siamo giocatori di baseball quindi romantici).

Mauro oltre ad essere un grande amico, era in assoluto una persona solare, una persona con una carica positiva a 1000, Mauro era una Red bull vivente, era veramente quello. Dentro e fuori il campo era uno che dava molto, sempre di buon umore, ma soprattutto uno che non si perdeva mai d’animo, Aveva una positività ed un autocontrollo incredibili.

-La terza carriera di Ironman Caio. Prima ricevitore, poi lanciatore ed ora allenatore. Che allenatore sei?

Vado giù piatto. Però io dico la verità, guai con me. Tutti, anche questi nuovi mi capiscono, ed io non uso tanti giri di parole. Sai cosa c’è che riesco a dare? Faccio capire che io sono uno di loro.

La differenza che tu devi fare l’allenatore; zitti e muti quando io parlo. Però loro capiscono che tu sei quasi un compagno di squadra, ma ti riconoscono come leader.  Quando fai l’allenatore e fai una linea di demarcazione è sbagliato, perché serve distacco, ma nello stesso tempo se tu hai quell’entusiasmo e lo riesci a trasmettere a loro, crei l’empatia giusta che forma una squadra.

 

-Quanto sono dannosi i genitori per i ragazzini?

Sono molto dannosi quando non si limitano a fare i genitori, ma vogliono sostituirsi al manager o all’arbitro. Peggio ancora quando arrivano al campo col figlio, convinti che sia il nuovo Derek Jeter e dicono all’allenatore quello che deve fare.

Potenzialmente avremmo potuto andare avanti per 3 giorni di fila, e tenete conto che molti aneddoti sono “dovuti” restare fuori da questa chiacchierata. Caio e’ un fiume in piena, ha sempre la stessa attitudine e grinta di quando aveva 30 anni. Quando ti parla di baseball lo vedi che è rapito dal sacro fuoco per il nostro sport; ad oggi, infatti, allena ed insegna il baseball alle giovanili del Senago. Conserva una integrità fisica che è impressionante, se tornasse a giocare ne metterebbe K tanti.

Lui non cerca la perfezione, perche quella non esiste; il mantra di Caio e trova l’errore, isolalo e correggilo. Così diventerai un atleta (ed una persona) migliore, giorno dopo giorno.