Racconti

Il Legame

21 Dic , 2017  

di Beppe Carelli #14

Foto di copertina tratta da dailydsports.com

 

Giocare a baseball è fantastico, parlarne aggiunge un tocco di fascino. Raccontare e discutere dell’Old Game è un legame, una connessione, un’eredità offerta da chi è stato prima di noi. Valorizzare questo lascito è molto importante perchè attraverso di esso ora possiamo ammirare questo sport nella sua più elevata forma di spettacolo. Fino a pochi decenni fa, era impensabile poter assistere alle prestazioni degli odierni giocatori, i quali si avvicinano sempre di più al limite delle umane possibilità. Ma il ricordo dei grandi del passato, cioè quelle leggendarie figure, quasi eroiche, che hanno contribuito allo sviluppo e all’espansione del baseball, è vivo nella memoria degli americani. Nessun serio appassionato si sognerebbe di sminuire le prestazioni degli atleti del passato perchè senza di loro non ci sarebbero quelli di oggi. L’impatto che hanno avuto i vari Cobb, Ruth, Jackson, Johnson, Feller, Hornsby, Di Maggio, Williams, Mantle e così via, è stato a dir poco esplosivo. Lo stesso si può dire di quella grande leggenda giapponese, cioè quel Sadaharu Ho che guida la classifica dell’intero pianeta del baseball con i suoi 868-HR in 21 anni di carriera sportiva (1959-1980). Cosa avrebbero fatto questi grandi del passato in un baseball moderno come quello attuale?.

Well, non ci sono dubbi. Avrebbero fatto le stesse cose e il motivo è semplice. Questi atleti possedevano un dono degli dei come il talento, ovvero l’innata predisposizione ad un gioco come il baseball, l’intuito e l’istinto che rappresentano qualità impossibili da insegnare. Se a tutto questo si aggiungono l’intelligenza e la capacità cognitiva di performare, ecco che questi atleti sono pronti per giocare in una qualsiasi epoca. OK!, probabilmente, a livello di statistiche e numeri si potranno osservare delle differenze che, tutto sommato, non inquinerebbero la loro immagine di grandi campioni perchè il talento non conosce nè frontiere nè barriere temporali, è eterno. In questi ultimi 10 anni sono caduti alcuni primati importanti realizzati nel primo ventennio del secolo scorso. Ci sono voluti 84 anni e un giocatore giapponese per battere il record stagionale di battute valide detenuto da G. Sisler con 257 hits nel 1920. Ichiro Suzuki ne realizzò 259 nel 2004. Se Sisler avesse giocato anche lui un campionato a 162 partite invece di 154, chissà!. Nel Settembre del 1985, P. Rose ottenne la sua valida N°4192 in carriera battendo il precedente record appartenuto a Ty Cobb ritiratosi nel 1928. Cobb giocò regular seasons di 140 e 154 partite.

Altri records:

SLUGGING PERCENTAGE in SINGLE SEASON:
Barry Bonds .863 nel 2001. Precedente: B.Ruth .847 nel 1920

BASI su BALL in SINGLE SEASON:
B.Bonds con 177 nel 2001. Precedente: B.Ruth 170 nel 1923

PUNTI SEGNATI in CARRIERA:
R.Henderson 2295 nel 2001. Precedente: Ty Cobb 2246 nel 1928

PERCENTUALE di ARRIVI in BASE in SINGLE SEASON:
B.Bonds .582 nel 2002. Precedente: T.Williams .553 nel 1941

Questi sono solo degli esempi Altri records sono stati battuti, ma tanti ancora resistono come le 511 vittorie in carriera di Cy Young ritiratosi nel 1911, oppure il PGL (punti guadagnati sul lanciatore), sempre in carriera, di 1.82 di Ed Walsh, ritiratosi nel 1917. Poi ci sono i 191 RBI di Hack Wilson nella stagione del 1930, le 56 partite consecutive in cui Di Maggio ottenne una valida nel 1941. La più alta MB stagionale, .426 di Nap “The assassin” Lajoiè, ottenuta nel 1901. Sono solo alcuni dei tanti records che forse rimarranno imbattuti ancora per molti anni. D’accordo, erano altri tempi. I campi, le attrezzature da gioco, i guantoni, le palline e le mazze non erano certo come quelle odierne. I viaggi, le trasferte e gli alberghi erano ben lontani dalle comodità attuali. Le regole, le difese la zona dello strike, più ampia di quella attuale. Ed infine gli arbitri, poveri martiri, che per molto tempo dovettero dirigere una gara da soli e che molte volte si affidavano alla fama e alla notorietà del battitore per giudicare un lancio. “Se Mr. Cobb non gira la mazza, è un ball!”, oppure “Se Mr. Hornsby ha guardato il lancio, vuol dire che non era uno strike!”. Queste erano le classiche risposte degli arbitri di fronte alle proteste dei lanciatori. Erano tempi duri per i battitori che dovevano affrontare le traiettorie insidiose della spit-ball, della pallina tagliata e raschiata con la carta vetrata. Si giocava spesso con una sola pallina, immaginarsi alla sesta o alla settima ripresa a cosa poteva assomigliare, forse ad un oggetto di forma sferica e scura, difficilmente visibile. Spesso era diretta alla testa del battitore che al tempo non indossava il caschetto protettivo. Ebbene, entrare nel box di battuta e affrontare un lanciatore di quell’epoca, non era cosa facile, eppure con tutte le difficoltà gli sluggers sono riusciti ad intrattenere milioni di tifosi, creando un forte legame che si è sempre più consolidato nel corso degli anni. Sono stati proprio quei giocatori, i veri protagonisti che hanno delineato quel margine di distinzione che separa il buon atleta dal fuoriclasse.

Grazie a loro possiamo ammirare le superstars odierne nell’intento di raggiungere quei limiti, quei traguardi riservati a baseball-player di eccellenza. Gli storici dell’Old Game, non si sognerebbero di sminuire queste figure leggendarie dicendo che i lanciatori di una volta non erano all’altezza di quelli di oggi e che le difese non erano spettacolari e dinamiche come adesso. Discorsi di questo tipo appartengono a quella mandria di tifosi grossolani che affollano i bars e i pubs bevendo birra e whiskey, sputando veleno sulle squadre avversarie senza nemmeno risparmiare insulti alla propria squadra quando perde. Valorizzare gli avversari e i grandi del passato appartiene ad un numero esiguo di acuti osservatori, di appassionati animati da una profonda analisi dove la vera differenza è costituita dalla cultura verso la pratica sportiva. Tra gli argomenti più interessanti da affrontare nel baseball quello della battuta riveste un posto d’onore. Essendo il gesto atletico più difficile di ogni sport attuale, le teorie, le tecniche e gli approcci mentali si sono susseguiti nel tempo creando a volte confusione e incomprensione. Una cosa va detta: la tecnica di battuta, in sostanza, non è cambiata da un secolo a questa parte. L’unica differenza sono le mazze e il caschetto. Per il resto, i battitori di un tempo sapevano come battere, come usare le varie strategie e come affrontare un buon lanciatore. Tutto è confermato dal fatto che certi records del passato hanno resistito per oltre 50, 60 ed anche 70 anni prima di cadere, mentre altri records resistono ancora a distanza di quasi un secolo. Le statistiche offrono dei risultati interessanti sul numero di HR realizzati in una stagione sommando le due leghe AL e NL.

  • 1901: 455 HR
  • 1910: 361 HR
  • 1920: 630 HR
  • 1930: 1565 HR
  • 1940: 1571 HR
  • 1950: 2073 HR
  • 1960: 2128 HR
  • 1970: 3429 HR
  • 1980: 3087 HR
  • 1990: 3317 HR
  • 2000: 5693 HR
  • 2012: 4880 HR (al momento in cui scrivo, manca 1 settimana a fine stagione).

Questo mostruoso aumento di shots sulle tribune ha poco a che vedere con la qualità dei battitori, se non in minima parte. Bisogna considerare un miglior approccio con la dieta quotidiana, allenamenti mirati al potenziamento atletico e muscolare. Le palestre offrono macchine altamente tecnologiche. Le palline, sempre più compatte e leggere, esplodono letteralmente al contatto con la mazza. Ma soprattutto, la riduzione delle dimensioni dei campi ha permesso questo aumento della produzione di homeruns. Non ci sono più gli aeroporti come il Polo Grounds, il Griffith Stadium, Hilltop Park, Huntington Avenue Baseball Grounds, Weegham Park, Briggs Stadium, Shibe Park dove le distanze dal piatto di casa base all’esterno centro arrivavano a misurare 140, 150 e nel caso dell’Hilltop Park addirittura 165mt. In tutta sicurezza credo che anche per i moderni fuoriclasse sarebbe stato difficile terminare la stagione con 20 o 30 HR. Tanti dubbi si possono sollevare e tante argomentazioni si possono esporre, ma la sorgente che unisce ogni giocatore di ogni epoca è il legame, quella connessione che permette di perpetuare, di accogliere a braccia aperte ciò che è stato fatto in precedenza per poterlo rendere disponibile a coloro che verranno dopo. Rimanendo nel tema della battuta spesso ci si chiede se esiste il lancio più difficile da battere nel baseball. Intuitivamente si potrebbe rispondere che è un lancio fuori dalla zona dello strike, oppure la fast-ball, il change-up o lo slider. Niente di tutto questo. Il lancio più difficile da battere è quello che il battitore non si aspetta. Ma anche qui, possono sorgere dei dubbi perchè ogni successo in un turno di battuta può derivare dal corretto ragionamento in una particolare sequenza di lanci. Però è anche vero che restare per molto tempo nel box di battuta è più stressante per il battitore. In definitiva non c’è una risposta ben precisa, cioè non esiste il lancio più difficile da battere e se “tutti gli strikes sono lanci buoni da battere, non tutti i lanci buoni da battere sono strikes!”.

Russ Laribee, AAA con Boston e prima base con la Sicma Nettuno nel 82 dice: “Come battitore, potrei anche avere un’idea del lancio che mi può arrivare, dipende dal conteggio dei balls e degli strikes e dalla situazione di gioco, ma rischierei molto se quel tipo di lancio non dovesse arrivare. Il mio approccio fondamentale è sempre stato quello di battere la situazione di gioco e non il lanciatore. Prima di tutto, continua Russ, “non ho mai pensato ad un lancio basso ed esterno. Perchè avrei dovuto farlo?. Non sarei riuscito a batterlo con autorità in ogni modo. Ho sempre pensato alla situazione di gioco. Quando andavo a battere con il corridore in seconda e zero out, sapevo che il lanciatore avrebbe fatto il possibile per tenere la palla lontano da me essendo un battitore mancino. Come minimo avrei voluto far avanzare il corridore in terza base. Questo vuol dire che mi posizionavo vicino al piatto per incoraggiare il lanciatore a tirarmi interno. In quel caso pensavo solo a quella zona dello strike con l’intenzione di battere forte in anticipo. Il lanciatore, vedendomi più vicino al piatto, pensava che ero pronto per un lancio esterno e invece…booom!. Sorpresa!. Per me è sempre stato difficile prevedere un lancio senza conoscere la situazione di gioco.

 

Da Boston, ci spostiamo verso il caldo tepore della West Coast, a Los Angeles dove Wes Mitchell AA con Cleveland e protagonista in Italia per diversi anni con le squadre di Torino, Firenze e Rimini dice: “Se sei Paperino, tutti i lanci sono difficili da battere. Poter rispondere con efficacia non è facile perchè ogni battitore possiede abiltà atletiche diverse e il lancio difficile per qualcuno può non esserlo per altri. Avendo giocato anche nel ruolo di lanciatore, ho sempre pensato che un lancio nella zona bassa esterna dello strike sia quello più difficile da battere. Sono pochi, anche tra i battitori di oggi, quelli che riescono a colpire con forza e autorità quel tipo di lancio. Il lanciatore è in vantaggio, è lui che ha la pallina in mano ed è lui che inizia le danze. Ecco perchè molti battitori sono selettivi nella scelta del lancio da battere. La battuta riguarda molto il tempismo perciò se uno gira un lancio che non si aspetta, le possibilità di ottenere una battuta valida cadono drasticamente. Anche per i buoni battitori può essere un problema. Magari battono, ma non ottengono una battuta insidiosa. D’altronde lo scopo del lanciatore è quello di confondere il più possibile il battitore, il quale si concentra per uno specifico lancio fino a quando non ha due strikes a carico. In quel momento, il buon battitore si predispone con un atteggiamento diverso detto protective mode, dove lo swing e il tempismo non vengono compromessi dalla diversa velocità della pallina”. Continua Wes, “I lanci dritti, in genere, hanno una traiettoria rettilinea, per cui un battitore deve concentrarsi sulla zona e sulla reattività. I lanci ad effetto invece non sono tutti uguali. Oltre alla diversa velocità e alla zona di strike, possiedono una diversa parabola che può essere più o meno incisiva. Un battitore che riesce a reagire bene in 4/10 di secondo, sicuramente vedrà le sue probabilità di successo aumentare sensibilmente. E per finire, il Baseball è l’unico sport dove 7 fallimenti su 10 rappresentano un grande successo”.

Infine, c’è anche Lenny Randle che racconta la sua esperienza in Major League dove ha giocato in diversi clubs tra cui i Mets, i Washington, i Texas, gli Yankees, i Cubs ed infine i Mariners con i quali, nel 1982, concluse la sua cavalcata in Grande Lega. Lenny catturò l’attenzione su di sè quando il 27 Maggio del 1981 contro Kansas City, in seguito ad un bunt eseguito da Amos Otis vicino alla linea di terza base, soffiò sulla pallina nel tentativo di mandarla in zona foul. Fu anche protagonista contro i Montreal Expos nel 1977, quando realizzo l’homer vincente alla 17esima ripresa. Nel 1983 fu la vera attrazione del nostro campionato dove giocò per la squadra di Nettuno, vincendo la classifica della media battuta con .477. “L’unico lancio che mi mette in difficoltà, è quello che non vedo”, esordisce Lenny, “Non è mai successo, anche quando una volta affrontai Nolan Ryan e su un lancio di 104Mph realizzai un bunt-valido verso il seconda base. “God bless, no stress!”, ho giocato a baseball in giro per il mondo, in Giappone, Canada, Porto Rico, Korea, Venezuela, Repubblica Dominicana affrontando i migliori lanciatori. La risposta è semplice. Il lancio più difficile da battere è quello fuori dalla zona di strike. Però ci sono battitori come Ichiro e Guerrero che riescono a battere anche palline a pochi cm. dal terreno. Yogi Berra batteva anche i lanci all’altezza della testa. Il riferimento è il piatto di casa base. Quello non si muove. Anche l’organizzazione dei Pittsburgh Pirates insegna ai giovani a colpire i lanci fuori dalla zona dello strike. “Gira la mazza!, ragazzo, gira la mazza!”, questo è il mio motto. Fare tanto esercizio è la chiave di tutto perchè aumenta la confidenza”.

Roberto Clemente è stato probabilmente il più grande battitore di lanci fuori dalla zona dello strike. Nel nostro campionato ci fu il guatemalteco Carlos Guzman, ricevitore per la squadra di Ronchi dei Legionari e della grande World Vision di Parma. Anche con 2 strikes a carico, “Cabrito-Guzman” riusciva a battere i lanci sopra la testa con il suo chop-down-swing. Babe Ruth diceva che per battere bisogna essere persone speciali che si allenano tanto. Ty Cobb diceva “Io non giro la mazza, colpisco la pallina”. Pete Rose era semplice ed essenziale “Guarda la palla, batti la palla”. Mantle voleva battere sempre la pallina fuori dallo stadio. Gwinn, composto, elegante ed efficace. Williams, intelligente, metodico e scientifico. Non c’è nulla di diverso da quello che Weston, Russ e Lenny hanno brevemente illustrato in queste righe. Loro lo sanno perchè hanno mantenuto saldo il legame e gli insegnamenti con i grandi del passato. Battere è storia antica che si ribadisce anno dopo anno. Nulla di nuovo, un secolo fa sapevano come si batte una pallina e come muoversi su un campo da baseball.