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KLEYVERT RODRIGUEZ CUETO. Il cubano di Sardegna

13 Ago , 2019  

LANCIARE BENE, PER EVITARE I BRUTTI INFORTUNI. I consigli di Kleyvert Rodriguez Cueto

di Ignazio Gori

Sul declinare della stagione della A2, il Bar del Baseball ha pensato bene di intervistare Kleyvert Rodriguez Cueto, tra i migliori “pitching coach” in circolazione, agente sportivo e lanciatore de Cagliari B.C., il quale ci ha confermato lo speciale rapporto di fratellanza tra il popolo dell’isola caraibica e quello dei nuraghi, illustrando i consigli indispensabili per un giusto insegnamento delle tecniche di lancio, e finendo col dire della sua amarezza per il “diamante” che la città di Cagliari reclama da tempo, amarezza avallata da tutto lo staff del Bar.

Kleyvert, tu sei cubano e molti “hermanos” trovano affinità con la Sardegna. Perché?

Innanzi tutto mando un grande saluto a voi, cari amici del Bar del Baseball, e vi ringrazio per questa intervista. Allora, sono arrivato in Sardegna nel 2009 e mi sono sempre trovato come fossi a casa mia, sicuramente il fatto di essere isolani ci fa condividere molte cose. In questi anni ho imparato la cultura dei sardi, le loro credenze, e alla fine posso dire che mi sento parte di questo popolo. Ho anche un figlio piccolo, di quattro anni e mezzo, e anche lui lo dice che si sente metà Sardo e metà Cubano.

Oltre a lanciare per il Cagliari B.C., in serie A2, sei “pitching coach” e hai lavorato anche al Nuoro Softball, come manager e coach. Ma come sei approdato in Sardegna?

Gioco per il Cagliari Baseball dal 2015, ed è stata una grande sfida per me, visto che non giocavo praticamente dal 2002, dopo aver giocato nel Campionato Nazionale Universitario a Cuba. Sono arrivato in Italia nel 2009 per un contratto tra la Federazione Italiana e la Federazione Cubana, ed è stato il Nuoro Softball ad usufruire del mio servizio. Ho lavorato lì per sette stagioni, un periodo e un posto che porto nel cuore, dove abbiamo avuto grandi soddisfazioni. Dopo la stagione 2015 abbiamo deciso entrambi, io e la società, di intraprendere un’altra strada e quindi sono andato a lavorare come “pitching coach” e giocatore al Cagliari Baseball Club.

Da “pitching coach” quali sono i punti cardini sui quali insisti maggiormente?

Il lavoro del “pitching coach” è molto importante nella formazione di un ragazzo che vuole intraprendere il ruolo di lanciatore. Se lavori nell’età dello sviluppo fisico devi essere molto attento a livello metodologico. Durante la crescita del ragazzo, soprattutto l’età compresa tra i 13 e i 17 anni, devi avere una cura speciale, e io normalmente in quella fascia di età mi preoccupo più di rinforzare il braccio con un programma di lanci dosato: elastici, pesetti, palla medicinale, lavoro a corpo libero e l’utilizzo della palla da softball. È molto importante dosare il volume del lancio a questa età e tenere sempre ben presente che ogni ragazzo ha un fisico diverso, e di conseguenza devi avere una diversificazione dei carichi. Ma con un buon dosaggio possiamo sviluppare quello di cui si ha bisogno a questa età, ovvero velocità e controllo. Molti vogliono insegnare a lanciare curve, slider e lanci ad altri effetti a ragazzi che non hanno ancora un dominio totale della dritta e questo è un errore. Per formare un lanciatore occorre un minimo di quattro anni e altri due per svilupparlo sul piano tattico. Quindi, da come si può ben vedere, è un lavoro di pazienza.

I miei consigli principali, il mio “Mantra del perfetto pitcher”:

1-il baseball e uno sport da sette giorni a settimana, due o tre giorni non bastano per raggiungere un buon livello

2-solo lanciando si impara ad essere lanciatori, ma i lanci devono essere dosati tanto in allenamento come in gara

3-nell’età dello sviluppo si deve cercare di sviluppare la potenza e l’accelerazione del braccio e di “pulire” il bagaglio tecnico dalle imprecisioni

4-bisogna insegnare gli effetti dei diversi tipi di lancio SOLO dopo che ci sia un dominio della dritta e del cambio e soprattutto DOPO che il ragazzo sia pronto tecnicamente a livello generale

In relazione ai purtroppo frequenti infortuni da sovraccarico dei lanciatori, quali sono secondo te i limiti e le accortezze per prevenire e non subire gravi infortuni?

Il troppo uso del braccio nella età tra i dieci e i sedici anni può rischioso per ogni atleta. Questo uso eccessivo fa che la cartilagine che protegge le articolazioni si consumi e provochi vari tipi di infortuni: tendinite, neurite, calcificazioni, epicondilite … purtroppo sono tante le tipologie di infortuni e per questo motivo i genitori devono essere certi e sicuri dell’istruttore che allena il proprio figlio. In Italia si usa far allenare i ragazzi da qualcuno che ha giocato un po’ di baseball e che dopo soli tre settimane ha già il patentino da tecnico di base FIBS; invece secondo me deve essere proprio il contrario: i piccoli atleti devono lavorare SOLO con gli istruttori che, a livello pedagogico e metodologico, sono preparati, perché bisogna ricordare che un errore in quell’età si trascina per tutta la carriera e la vita di un ragazzo e dopo è molto difficile, soprattutto per i successivi allenatori, correggere il perfezionamento atletico del ragazzo.

Tu lavori anche per una agenzia. In cosa consiste il tuo lavoro?

È vero, al 2016 lavoro per la Phoenix Sports Agency, un’agenzia americana con sede in Arizona. Svolgo il ruolo di Agente General Sportivo (General Sports Agent). Il mio compito è rappresentare i talenti, italiani, europei e in generale latini, per una possibile firma con le franchigie MLB. Qui in Europa manca in generale questa cultura di tutela; solo il calcio professionistico prescinde dal lavoro delle agenzie. Di solito gli agenti vengono visti come degli abili e scaltri ricercatori di profitto e basta, mentre invece, nei paesi occidentali, dove vige un diverso valore del professionismo sportivo, il nostro lavoro è indispensabile e se vuoi essere un vero professionista devi avere un agente; noi facciamo in modo che un atleta professionista debba pensare solo a giocare, e nient’altro. A parte questo, sono sicuro che in un futuro anche l’Europa aprirà questa porta. Due anni fa insieme al mio caro amico e collega Yadel Marti abbiamo creato “Progetto 90”, il quale ha permesso a quattro talenti italiani di recarsi per due mesi e mezzo in America, in Arizona, dove si sono allenati e presentati a diversi scouts. In agenzia al momento abbiamo un solo atleta italiano firmato, Cesare Astorri1, con gli Oakland Athletics. Sono molto contento del suo rendimento, è il suo secondo anno in America, sta crescendo, è un catcher di buona meccanica, con un braccio forte e buona media in battuta. Spero che già da quest’anno salga di categoria.

Da cubano, quali sono i lanciatori che preferisci nella storia, e come vedi Cuba nelle prossime competizioni internazionali?

Ci sono tanti che sono stati miei idoli: Lazaro Valle, Orlando Hernandez, Aroldis Chapman, Norge Luis Vera, Rogelio García … Comunque la situazione attuale di Cuba è piena di contraddizioni: c’è la nazionale che non vince più a livello internazionale ma ci sono più di venti giocatori di altissimo livello in MLB, che stanno giocando una grande stagione. La situazione è dunque un po’ compromessa, si cerca sempre ovviamente l’embargo e la conseguente fuga dei talenti verso le Majors, ma in realtà c’e un sistema obsoleto di organizzazione che non li lascia progredire il sistema. Per Cuba sarà dura il prossimo Premier12 e vedo anche molto lontana la qualificazione olimpica per Tokyo2020. A parte questo il livello del baseball cubano è sempre alto e lo dimostrano ogni giorno i giocatori che abbiamo nelle leghe americane.

Il Cagliari B.C. quest’anno ha attraversato una stagione difficile (ultima nel Girone A della A2 con 7-22 di record). Ce ne parli brevemente?

Sì, è stata un’annata molto difficile, l’essere isolani ci penalizza troppo, le trasferte costano tanto e abbiamo molta gente che studia e lavora e di conseguenza non abbiamo mai avuto la squadra al completo. I nostri spostamenti durano di fatto due giorni, e chi lavora e fa i turni è penalizzato, lo stesso chi va a scuola. Un altro elemento che ci ha penalizzati è il cambio di regolamento, cosa frequente, che non permette alla società di preparare una strategia a lungo termine. E per ultimo, mi tocca particolarmente il problema della mancanza di un campo a Cagliari; una specie di punizione per noi, visto che anche per le gare casalinghe dobbiamo spostarci di 50 km. Una situazione davvero difficile che spero si risolva presto. Comunque ci sono anche degli aspetti positivi, i nostri ragazzi più giovani sono eccezionali e siamo davvero contenti del loro sviluppo e rendimento, sono pedine per l’immediato futuro.

Come verte la situazione dei lanciatori italiani?

Ho avuto la chance di lavorare con lanciatori sardi e anche con altri che hanno frequentato l’Accademia e sono stati parte della Nazionale nelle categorie giovanili. Ho preso un lanciatore che avevano mandato via dall’Accademia per scelta tecnica – secondo loro non aveva le condizioni adatte – e nello stesso anno sportivo ha lanciato contro l’Inghilterra la partita della semifinale dell’Europeo U18. Mi è arrivato a gennaio 2016 che lanciava a 82 Mph e ha chiuso l’anno tirando a 92 Mph, in Arizona, davanti agli scouts MLB. Non aggiungo altro.

Kleyvert, come ultima domanda a questa bellissima intervista, cos’è per te, nella maniera più intima, il baseball …

Il baseball è la mia vita, è pura passione. Ho la fortuna di avere la mia passione come lavoro e a dedicarle il 100%. Davvero non mi posso lamentare.

Un sincero ringraziamento da tutto Il Bar del Baseball

1 Di Parma, classe 1998, catcher in forza negli Athletics Gold della Arizona League (Rookie Class)

 

 

(Fonte immagine: archivio privato di Kleyvert Rodriguez Cueto)