Racconti

L’autografo di Joe Di Maggio

14 Lug , 2018  

di Cristina Pivirotto 

 

 

1957 – Sul campo di Villa Borghese Nettuno (il primo diamante costruito in Italia) Joe Di Maggio dimostra ai giocatori del Nettuno B.C. le tecniche del baseball

 

Fuori dall’America e dal mondo del baseball Joe Di Maggio è ricordato per essere stato il marito di Marilyn Monroe. Per chi ama il vecchio gioco Di Maggio è un mito e un mito è colui che ha una storia un po’ speciale.

Un mito che nasce, vive, cresce e finisce la sua vita sportiva sempre con la stessa maglia, quella degli Yankees. Non parliamo dei suoi record, delle sue eccezionali qualità tecniche, delle nove World Series vinte con la sua squadra o della Hall of Fame. Parliamo piuttosto di un uomo che ha rappresentato la completezza. Ha avuto dal suo lavoro tutte le soddisfazioni possibili, ha avuto al suo fianco, anche se per poco tempo, una delle donne più belle e amate del mondo.

Simbolo di lealtà, di amore profondo, è stato un eroe semplice, senza pretese, umile perfino.

La differenza con i tempi che viviamo oggi è abissale.

Joe di Maggio abita l’iperuranio ed è un mito che ci manca, di cui avremmo bisogno e che non abbiamo più. E’ l’uomo che abbassa lo sguardo non per vergogna o per falsa modestia, ma perché la sua vita lo ha appagato e non sente il bisogno di altro.

Where have you gone, Joe DiMaggio,

Our nation turns its lonely eyes to you.”

Cantarono così Paul Simon e Art Garfunkel in quella memorabile canzone che fu “Mrs. Robinson” inserita nella colonna sonora di un film indimenticabile come “Il Laureato”. Era il 1968, anno di svolte storiche e già Joe Di Maggio era un mito, la personificazione dell’eroe che mancava, di quelli che non nascevano più nell’America di quegli anni,.

Un giorno arriva una mail all’indirizzo de “Il Bar del Baseball”, a firma Carlo Rosi, che ti racconta un episodio della vita di quel mito. La leggi e rimani a guardare le parole scritte come se da lì, da un momento all’altro, potesse materializzarsi un’epoca diversa da questa, una sorta di macchina del tempo che ti riporti indietro a quegli anni, che ti riporti a lui.

1996, Joe Di Maggio a Roma! Joe giurò di non autografare più palle da baseball in vita sua e così fu per anni. Joe giurò di non lanciare la prima palla a una partita di baseball e, per anni, non l’ha fatto. Io convinsi Joe a lanciare, per ben due volte, la prima palla in una partita. Il fotografo della Roma non era pronto. Roma / Bologna. Joe andò nel dugout dove firmò circa 100 palle da baseball, per tutti i ragazzi che lo chiamavano, tra cui mio figlio. L’amore che Joe aveva per il baseball era immenso, ma quello che aveva per i giovani era di gran lunga superiore. Io non gli avevo chiesto nessun autografo e Joe mi disse “Charlie find a ball or I will stop the game. You deserve one more than many of the people I gave one.” E così mi firmò la palla. Nessuno sa questo aneddoto. Leggo tanti eventi di baseball su Facebook che, di fronte a questo, fanno ridere. Avere conosciuto per 4 giorni il giocatore più forte di ogni tempo e un uomo ancor più grande non ha prezzo. Il baseball è amore!”

In allegato c’era la foto della palla autografata, quella che vedete in copertina di questo articolo. Un’altra dedica, rivolta a Gianluca Marcoccio, accompagna l’immagine: “Condivido questa foto con un amico che tiene alto il baseball. Ciao.”

C’è sempre qualche ragazzo che potrebbe venire a vedermi giocare per la prima volta. Per lui io devo dare il meglio di me. (Joe Di Maggio)

Sul tavolo il libro scritto dalla signora Maria Antonietta Marcucci, la nostra madrina. Il primo libro scritto sul baseball in Italia: “Il baseball, la sua storia e Nettuno”