Riflessioni

Problematiche squadre non vedenti

13 Mar , 2018  

di Alberto Nardecchia

 

La prima reazione di Noi normodotati, è quella di fare una risatina (di sorpresa e meraviglia, ma che ti comincia a far pensare)… ma di che sta parlando… di baseball?? Per ciechi??
Noi “addetti ai lavori” che abbiamo più di quaranta anni di corse e di fatiche sui campi da baseball, solo nel 2008 siamo venuti a conoscenza di questa realtà. A Bologna già nell’Ottobre 1994 iniziò questa attività. Un lungo percorso, un cauto approccio con gli atleti, ma anche con l’opinione pubblica. (infatti per non cadere nel vittimismo) Le squadre venivano presentate con l’orgoglio di far vedere come uno sport come il baseball (a cui la vista è indispensabile in ogni azione di gioco) gli atleti si trovino a loro agio facendo i fondamentali come, battuta, corsa, presa, tiro e soprattutto divertendosi.
Uno dei problemi di queste squadre, è dove svolgere l’attività. Possibilmente in zone silenziose, lontano da ferrovie o superstrade. Una volta che si è trovato il campo, c’è da fare i conti con le altre squadre che si allenano sullo stesso campo, con gli orari (molti di questi atleti lavora regolarmente e sono dislocati per tutta la città).
Abbiamo riscontrato che reperire atleti ipovedenti e non vedenti, è più facile in piccole città che in quelle grandi, anche per gli spostamenti.
Una volta risolto il problema degli atleti, dobbiamo risolvere il problema di chi li aiuterà per gli allenamenti e nelle partite (campionati tornei e dimostrazioni). Spesso tutto questo è fatto da volontari ex giocatori allenatori, che hanno fatto del baseball il loro sport primario.
Un altro problemino è quello dei lunghi spostamenti, con le macchine a volte è improponibile, almeno un pulmino e una macchina sono la soluzione ideale. Anche se gli Enti preposti danno assistenza con pulmini propri, sono costi da mettere in preventivo.
L’abbigliamento sportivo di squadra. Sponsor ?? Sappiamo come funziona. L’autotassazione è l’unica cosa che fa andare avanti queste squadre (per esempio a noi di Roma, molti aiuti ci son venuti attraverso gli amici di Nettuno).
Un argomento importantissimo è il rapporto tra atleta e allenatore. Non dirgli mai bugie, ricordano perfettamente quello che hai detto anni prima, nel correggerli in un movimento, non far passare come vangelo la tua proposta ma facendo “provare” l’altro movimento. Sarà l’atleta stesso a identificare il movimento migliore. Sappiamo che a certi atleti non è mai stato detto onestamente che il baseball non era fatto per lui/lei, e rimanere in panchina non è bello per nessuno. Qualcuno per sentito dire, si preoccupa della psicologia dell’atleta, io sono convinto che un corso di psicologia occorra a chi aiuta questi ATLETI.

Ricordo una cosa fondamentale: questi atleti hanno una loro vita come noi con i vari problemi di tutti i giorni, ma sono sicuro che sono attivi più di noi e mi piace pensare che quando decidono di fare una cosa LORO ci riusciranno mentre noi spesso l’abbandoniamo.