Racconti

Puci Puci, tifoso mai dimenticato

15 Ago , 2020  

di Paolo Iannuccelli

Esistono personaggi davvero indimenticabili. Come si fa a non ricordare il mitico Puci Puci, re incontrastato del tifo nettunese nel baseball di serie A.

Era il lontano 1963, la squadra tirrenica, abbinata Simmenthal, vinse lo scudetto tricolore, era la squadra più forte in Italia. Vivendo a Latina, mi appassionai a uno sport che non conoscevo ma affascinante e pieno di sorprese per un principiante che stimava il Simmenthal Milano di basket, le Scarpette Rosse di Cesare Rubini. Si giocavano due partite ogni domenica sotto un sole cocente ma la passione era davvero tanta. La tifoseria era qualcosa di bello, guardare la “curva” ti regalava emozioni e momenti di gioia.

Era Puci Puci, netturbino comunale – ora si direbbe operatore ecologico – a dirigente le danze, a cominciare i cori, suonare i tamburi. Un uomo di altri tempi negli spensierati anni sessanta, quelli del boom economico e del cosiddetto miracolo italiano. Il baseball era seguito, soprattutto i duelli tra Nettuno e Europhon Milano, guidata da Gigi Cameroni, un monumento vivente del batti e corri del Bel Paese. Puci Puci lo sfotteva ma nello stesso tempo lo stimava. Quando il manager meneghino interrompeva gli incontri vedendo il suo team in difficoltà saliva sul mound con tanto di libretto per leggere il regolamento e parlare lungamente con l’arbitro. A quel punto Puci Puci non sopportava più i mezzi del suo rivale. Cammerone, Cammerone, così gridava in modo dispregiativo.

Una volta, pochi anni dopo, andai a vedere il Nettuno al Gianni Falchi di Bologna impegnato in notturna con la Fortitudo. Chiesi a un amico il motivi dell’assenza del capo tifoso. “Non gli hanno concesso le ferie”, mi disse sconsolato. Uno spettatore bolognese che conosceva Puci Puci affermò dispiaciuto: “boia du mond leder”.

Quando sostenni l’esame di terza media nel tema di lingua italiana ci chiesero di descrivere un personaggio che ci stava a cuore, io pensai proprio a quel simpaticone che aveva il baseball nel sangue.

Dove siete finiti supporter di una volta? Dove vi siete nascosti? Lo so che ci siete.

Forse avete dimenticato il baseball, ma dove siete?

Non vi sento, non sento i vostri cori fatti per cantare, per applaudire, per incoraggiare.

Vi urlo: dove siete?

Il vostro posto è vuoto, proviamo a riempirlo.