Riflessioni

Questione AFI-Comunitari: chi ci perde?

14 Dic , 2017  

di Emanuele Tinari

Foto di copertina tratta da baseballideas.it

 

In attesa del weekend e dell’ufficializzazione della prossima Ibl tiene banco la nuova regola su AFI e comunitari.

Per chi ancora non lo sapesse, dal 2018 non ci saranno obblighi di italiani, denominati AFI (atleta di formazione italiana), in campo, ma basterà solamente tenerne nel roster almeno il 50% cioè 12 sui 24. Resterà invariato il numero di extra-comunitari, al massimo 4, ma quest’anno senza nessuna possibilità di cambio, mentre per i comunitari nessun limite, fermo restante i posti destinati agli italiani.

Questo cosa comporterà? In tanti, anche giustamente, diranno che nessuno obbliga le società ad imbottirsi di giocatori con passaporto comunitario. Ovvio, come ancora più ovvio che nello sport, non conta partecipare come ci voleva far credere De Coubertin, ma vincere.

Staff tecnico, dirigenti, tifosi e soprattutto sponsor, sono, molto spesso, interessati solamente al risultato finale, senza preoccuparsi di come arrivarci (ovviamente rispettando il regolamento). Quindi molte società, soprattutto quelle che non dispongono di un efficiente settore giovanile, non si preoccuperanno tanto di far crescere il giovane talento, od acquistarlo, a caro prezzo da altre società, ma punteranno su un giocatore oltre confine già pronto che arriverà allo stesso costo, a volte anche minore, con una resa a primo impatto sicuramente più alta.

Nell’immediato, la base italiana che si è costruita credibilità tra campionato e nazionale non avrà di certo problemi a trovare un posto fisso da titolare. A lungo andare però, se non si darà la stessa opportunità di prima ad un giovane di emergere ci sarà un ricambio generazionale di livello? Ripeto che nessuno è obbligato a far giocare 10 stranieri, ma nel 2018 sarà possibile tutto questo. Non chiedo nemmeno che si giochi la quasi totalità di atleti del posto, come succede realmente solo a Nettuno e Parma, ma uno zoccolo duro italiano è fondamentale per non disperdere il materiale umano a disposizione.

La gatta da pelare più grande ce l’avrà sicuramente il neo manager della Nazionale, Gibo Gerali che vedrà ridursi i giocatori convocabili in campo ogni weekend. L’anno scorso ce ne erano sempre almeno 56 (7 obbligatori per squadra ogni partita), quest’anno potrebbero esserci giornate dove il numero sarà ampiamente ridotto soprattutto in ruoli chiave come quello del lanciatore ed interbase. Se già da diversi anni era quasi impossibile vedere un italiano di nascita giocare shortshop, negli ultimi anni il solo Mercuri è stato titolare fisso del ruolo, molto probabilmente si aprirà una falla anche nel ruolo di lanciatore, visto che quest’anno non sarà obbligatorio in nessuna delle due gare schierare un pitcher AFI. In un ruolo in cui negli ultimi anni abbiamo avuto diversi problemi, vivendo nell’ultima stagione una piccola ripresa, questo potrebbe rivelarsi quasi disastroso.

La Fibs ha detto di avere le mani legate sulla questione comunitari, però con un po’ di buon senso, prendendo esempio altri sport a noi vicini, come la SuperLega di pallavolo si potrebbe mettere un limite al numero di stranieri in campo. Nel volley sui 7 in campo (libero incluso) sono almeno 3 gli italiani sempre dentro, quindi il 42% della squadra. Questo diktat poteva essere ripreso dai nostri vertici federali imponendo 4 o 5 AFI sempre in campo, lasciando obbligatoriamente, a mio parere, una partita riservata ai nostri pitcher.