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René Saggiadi, un italiano nei Boston Red Sox

2 Nov , 2018  

di Emanuele Tinari

C’è qualcosa di azzurro nella vittoria delle World Series dei Boston Red Sox di pochi giorni fa. Non stiamo parlando di un giocatore, ma di un membro del magnifico mondo “nascosto” che circonda il baseball a stelle e strisce. Il suo nome è René Saggiadi ed il suo ruolo nell’organizzazione dei neo campioni del mondo è quella di scout con compiti specifici sull’Europa, ma non solo.

“Sono cresciuto all’estero dove frequentavo la scuola americana ed ero “esposto” al baseball, infatti per me l’Italia fino ai 22 anni era solamente meta delle mie vacanze estive. Ho iniziato questo lavoro con gli Arizona Diamondbacks che volevano entrare nel mercato europeo, prima come part-timer, poi sono diventato full-timer e tutto è andato molto bene. Dopo i Dbacks ci sono stati gli Angels. Il mio capo, Jerry Di Poto, fu preso come GM in quel di Los Angeles e per contratto poteva portare con sè alcuni membri del suo staff e tra questi scelse proprio me insieme ad altri. La mia avventura lì è durata davvero molto poco perchè dopo pochi mesi Boston ha negoziato il mio contratto, lo ha “comprato” pagando un indennizzo e da agosto 2013 faccio parte di questa organizzazione”.

Un mondo, come testimoniano non solo i risultati degli ultimi anni, che funziona davvero bene.

“Non posso chiedere di più. Siamo tutti sempre impegnati in qualcosa che tende a migliorare il livello dell’organizzazione. Non c’è anarchia, ma unità di intenti e sforzi ben coordinati. Se firmiamo un giocatore vuol dire che è più forte di un ragazzo già sotto contratto, tutti siamo felici e coinvolti nel lavoro della squadra di Major. Sono stato due volte in ottobre a Boston, prima delle World Series ci hanno invitato ad una grande cena con tutti i dipendenti, i familiari, tutti sono importanti, ci trattano bene facendoci sentire una grande famiglia in cui si lavora però con il massimo della professionalità”.

Non solo l’Europa nei compiti di scouting di René.

“In prima persona gestisco l’Europa, ma collaboro con altri settori. Per esempio con lo scouting cubano. Sono stato l’ultimo a vedere Moncada in partita prima che scappasse, da lì è partita quella firma da 63 milioni di dollari (31.5 di firma + 100% di bonus). Per come funziona da noi, non è solo mia la responsabilità della presa di Moncada ovviamente. L’ho visto io, poi il mio report ha portato 20 persone a cascata a vederlo, ogni mossa è importante per il roster, per esempio Moncada con una trade ci ha permesso di arrivare a Sale, uno dei protagonisti della vittoria dell’anello. Mi occupo anche del video scouting globale, dove vedo e segnalo i giocatori tramite filmati. Questo lavoro lo svolgo prevalentemente quando non sono in viaggio. Per quanto riguarda il calendario me lo autogestisco, ovviamente dipende dagli eventi in programma quell’anno e da chi sto seguendo”.

Come facilmente immaginabile una ricerca certosina che tocca diversi fattori.

“Quando valuti i ragazzi europei parliamo di teenager, di una fascia che va dai 14 ai 19 anni. A me interessano principalmente le loro tools di base e la proiezione di crescita. Non cerco l’abilità attuale, ma la loro abilità potenziale in prospettiva futura. Puntiamo su gente che deve arrivare più in alto possibile, ragazzi futuribili utili anche in uno scambio, vedi Moncada, che possa farci vincere il titolo. In Europa purtroppo si gioca poco e pochissimo ad alto livello. Il loro sviluppo quindi è limitato e per questo il gap con i pari età latini o americani è più grande. In Europa buoni talenti ci sono, ma è difficile esca il potenziale fuoriclasse. Non c’è mai stato un fenomeno formatosi in Europa, una superstar. Il migliore finora è Kepler che per vecchie regole pur volendo in passato non avrei potuto firmare. In Italia ultimamente hanno firmato Astorri e Seminati, proprio in questi giorni ne sta firmando un altro. Sono bravi ad arrivare, ma devono essere bravi a rimanerci. La fatica è doppia, bisogna adattarsi ad un altro mondo, tanti non riescono ad ambientarsi e questo comporta una doppia fatica, non solo quella sul campo”.

Tra i tanti ragazzi firmati, un nome di cui va molto fiero.

“Sono più fiero quando vado a reperire i giocatori con il lavoro video, perché mi consente di ripescare gente che è stata precedentemente ignorata. Tra quelli che mi hanno dato più soddisfazione nello scouting in prima persona potrei dire lo stesso Moncada, perché ci ha permesso di arrivare a Sale, ma per una spesa del genere non c’è solo il lavoro del singolo scout. Se devo scommettere su uno che arriverà in Major è Darwinzon Hernandez. Lanciatore mancino che viaggia tra le 95 e 97 mph, messo da parte l’ho visionato tramite video e successivamente lo abbiamo messo sotto contratto”.

Ovviamente non poteva mancare una disamina su questi straordinari Boston Red Sox e della filosofia di costruzione di una squadra stellare.

“La mossa di Eovaldi, uno dei protagonisti del titolo, rappresenta molto la nostra cultura, la nostra mentalità opposta rispetto a chi è sempre sulla stessa pagina, molto strutturato. Mentre tutti parlavano di rilievi ed il loro prezzo saliva, noi ci siamo chiesti perchè non prendere Eovaldi. Nei playoff il baseball è diverso, già per il numero di partite salta il quinto partente ed avevamo Rodriguez nel bullpen, inoltre a volte il partente tra una gara e l’altra ha 5 anche 6 giorni di riposo e nel giorno di bullpen puoi fargli fare il rilievo. Nathan è un power arm con dritta sulle 100 Mph, dà qualità al bullpen, un braccio in più per postseason e non essendo un rilievo di ruolo ha più inning sul braccio. Questa è stata una scelta pensata benissimo. Per il resto noi crediamo molto nei giocatori cresciuti all’interno nonostante siamo una squadra molto ricca. La filosofia si basa su giocatori cresciuti qui e player development con soldi e prospetti in eccesso per firmare free agent, vedi Martinez, o fare trade, vedi Sale o Eovaldi. Abbiamo 200 milioni di monte ingaggi, siamo molto ricchi ma crediamo molto nello scouting e tutta l’organizzazione è allineata e coordinata con a capo il GM che ha molta fiducia in noi. Un altro esempio è Brasier. Al workout in Arizona c’eravamo solamente noi ed un’altra franchigia a visionarlo. L’ho visto in video e segnalato, poi tutto è girato nel resto dell’organizzazione e l’abbiamo preso. Un lavoro di squadra dalla A alla Z. Ci vogliono gli attributi per dare una chance in AAA ad un trentenne tornato dal Giappone. Questo avviene perchè ci si fida degli scout e del nostro sistema di sviluppo”.

Parlando di attributi non si può non citare Alex Cora, campione del mondo con Boston in campo nel 2007 e grande condottiero nel suo primo anno da manager.

“Mi aspettavo che andasse bene. Quanto fosse intelligente qui a Boston lo sapevano tutti, ma la sua forza è stato entrare anche lui in questi meccanismi, credere in queste scelte. Non sono scelte facili, puoi schierare i veterani andare sul sicuro e se non rendono è colpa loro, invece lui ha rischiato, ha creato un gran gruppo in cui tutti sapevano che se avessero reso avrebbero avuto la loro opportunità. Vedi la mossa Pearce. C’era Moreland con problemi fisici, lui si è fidato e l’ha messo nel terzo spot del lineup, lì è stato bravo, si è fidato delle persone accanto a lui”.

Un pensiero sul mercato che inizierà ad impazzare proprio da questi giorni.

“Mi aspetto che squadre come Yankees, Phillies e Braves spendano. Questo è il momento di usare la loro flessibilità economica ed andare aggressivi sui migliori. Sono buone squadre, con un’ottima base giovane ma con 2-3 buchi da colmare. Mentre mi intriga molto il mercato lanciatori ed in particolare la scelta che farà Kershaw e cosa faranno le società nel caso lui uscisse dal suo contratto visto i problemi fisici degli ultimi anni”.

L’ultima curiosità, la più bella, anche René Saggiadi riceverà l’anello.

“Toccherà prima ai giocatori, poi a noi. Sarò negli States durante lo Spring Training e lì verranno prese le misure del mio dito, peccato che non sarò lì a riceverlo quando arriverà, ma dovrò aspettarlo per posta”.