Racconti

Stefano Manzini, uno dei grandi del baseball si racconta a “Il Bar del Baseball”

24 Gen , 2019  

di Emanuele Tinari

Stefano Manzini, uno dei grandissimi campioni del nostro baseball. I suoi numeri parlano da soli. Ha giocato dal 1975 al 1988 con il Parma, Nel 1989 Con il Grosseto, Dal 1990 AL 1992 Con il Milano e nel 1993 a Novara. Vanta 667 presenze nella massima serie, nelle quali mette a segno 782 BV di cui ben 162 HR. Come lanciatore ha un record di 33 vinte e 7 perse, con 372 riprese lanciate, ha messo a segno 282 k e concesso 284 bv, ha chiuso la carriera con una buonissimo pgl vita di 2,25. È stato cinque volte campione d’Italia con il Parma ed una con il Grosseto. Conquista 9 Coppe dei Campioni e 2 Coppe delle Coppe sempre a Parma, 1 Supercoppa e 2 Coppe Italia con il Milano. Vanta 24 presenze il Nazionale, ed ha partecipato a un’Olimpiade, un Mondiale ed un  Europeo.

-Stefano, una carriera di tutto rispetto, come è nata la passione per il baseball?

All’epoca frequentavo l’oratorio di San Benedetto, vicino a casa mia e vidi dei ragazzi più grandi di me che giocavano ad uno sport strano, usando degli  attrezzi particolari, mi sto riferendo a  guanti e mazze, mi avvicinai e chiesi se potevo provare, ho smesso di provarli 25 anni dopo.

Il mio allenatore era Torquato (Nino)  Cavalli, nome all’attuale campo da baseball di Parma, mi fece provare e dopo poche settimane mi fece esordire con una specie di armata Brancaleone in una partita in un paesino della provincia di Parma, da li a poco “costruì” una squadra che si chiamava Or.Sa (Oratorio Salesiano) ed iniziò la mia carriera da lanciatore, avrò avuto 7-8 anni. Verso i 10 anni  fui convocato in una selezione dell’Emilia, che mi  consentì di andare a giocare contro gli americani nelle basi militari  di Napoli ed Aviano. Ero molto fiero perchè cominciò la mia carriere da lanciatore e poco dopo arrivò una semifinale ed una finale del campionato italiano vinta. In quegli anni i miei allenatori furono tre, il primo come ho detto pocanzi Cavalli, seguirono Mario Furlotti che ci portò in semifinale juniores con l’Or.Sa e poi passammo in blocco al Parma baseball dove ci fu Piero Ferraguti col quale vincemmo lo scudetto De Martino, ad oggi non ho ancora capito chi fosse questo De Martino.

-Nasci come esterno o lanciatore?

Nasco come tutti quei bambini “fenomeni”, leggermente più forti fisicamente degli altri che nel baseball facevano il lanciatore ed il quarto in battuta ma ero impostato più verso il monte di lancio che il box di battuta, quindi oserei dire che nasco come lanciatore, avevo una buona velocità ed un discreto controllo.

-Come altri tuoi coetanei, a 16 anni subito nella mischia della serie A. Pensi che c’era più coraggio da parte dei manager a quei tempi, o cosa?

Credo che fu soprattutto figlia di una regola sbagliata (4 under 18) alla quale dovevano sottostare e che ha portato alla DISTRUZIONE personale del mio ruolo, non puoi mettere un lanciatore di 15-16 anni contro giocatori di 25-330 anni, pieni d’esperienza. Immaginate un Radaelli 15enne contro Castelli 25 enne oppure Manzini contro Laurenzi, solo una regola disperata fatta da gente senza scrupoli che non è servita a niente e che non ha trovato nemmeno spazio, perchè dopo si è passati a due under 18 e poi è sparita, a cosa è servita, non si poteva aspettare i 20 anni? A tutt’oggi dopo 43 anni sono ancora al lavoro per cercare di trovare una formula giusta per il campionato, io personalmente ho giocato 19 anni  in serie A ed ho assistito a 19 cambiamenti di regole di campionato, da non credere.

– Le emozioni del tuo esordio?

Le emozioni del mio esordio non le ricordo mi dispiace, sono passati quasi 45 anni e non ricordo veramente il mio esordio,  l’unica cosa che ricordo è stata una partita contro l’ Edipem Roma, dove mi promossero dalla partita dei 4 under a quella degli All star. Era la partita dove si potevano scontrare fra di loro i migliori italiani e stranieri nella medesima partita. Il “mio” ricevitore era Castelli, immaginatevi la gioia di un ragazzino 16 enne che si trova in batteria con Castelli, cosa potrebbe desiderare di più, un ragazzino che fino all’anno prima aveva visto Castelli solo dalla tribuna.Mi chiese cosa lanciassi ed o risposi dritto e curva, furono le uniche due parole che disse ma non quella sera per tutti i tredici anni seguenti, un compagnone.

– Eri un ottimo battitore, quale era il lancio che preferivi?

Credo fossi migliore come lanciatore rispetto al  battitore, avevo fatto un percorso più lungo e approfondito, anche se la carriera da battitore è durata di più.Tornando a bomba alla battuta per rispondere alla tua domanda, il mio lancio preferito era la palla interna oppure la curva sempre interna, per intenderci dall’interno verso il centro del piatto, ero in grossa difficoltà sull’esterna, dritta  o slider che fosse, non avevo avuto il tempo di imparare.Un solo anno per reinventarsi da zero un ruolo sia nel box di battuta che all’esterno era veramente poco nonostante gli sforzi di Stubbins in battuta e Pellacini in campo esterno.

– Sia come compagni di squadra, che come avversari, hai incontrato tanti bravi giocatori, in un’epoca dove il baseball era in crescita. Tra questi ce ne era qualcuno che ammiravi in modo particolare.

Come tutti i ragazzini ho avuto i miei idoli e questi al contrario di quello che si possa pensare ricoprivano ruoli che non mi appartenevano, uno su tutti Vic, era fantastico vedergli fare diamante nel pre-partita col Bologna una eleganza infinita, altri giocatori che mi hanno impressionato sono stati Ron Coffman per potenza e Gallino il quale aveva entrambe le cose: classe, potenza ed un pizzico di follia che non guasta mai. C’era anche Bertoni che seguivo in maniera scrupolosa quando faceva allenamento, faceva parte dei miei idoli essendo io all’epoca lanciatore). Anche altri mi hanno impressionato, per esempio Paul Gagliano, Tim Bruno, Peter Tranquillo, questi forse mi hanno impressionato più dei primi, mi hanno impressionato a tal punto da non farmi dormire la notte e continuare a chiedermi ma perchè, per quale motivo siete in Italia. Ci metterei dentro anche diversi allenatori o presunti tali, tutti fenomeni che non hanno tirato fuori un solo giocatore.

-Tra i manager che hai avuto, ce ne è qualcuno che ha contribuito alla tua crescita più degli altri?

C’è stato chi ha contribuito alla mia crescita (Power/Stubbins) e chi alla mia disfatta, chi è stato in grado di farmi progredire in giovane età e chi invece non era in grado di insegnarmi niente perchè lui stesso non sapeva niente. E’ pieno anche adesso di pseudoallenatori  che teoricamente sono in  grado di dirigere ma non di insegnare, d’altronde il ruolo dell’allenatore nel nostro paese prevede che uno arrivi in serie A e con due ore di allenamento possa diventare bravo, accontentiamoci.

-Abbiamo elencato una serie infinita di successi, quale è stato quello che ricordi con più piacere?

Se devo parlare di me oserei dire la finale di Coppa Campioni contro Romano nel 1977 come lanciatore, se devo parlare dello spettacolo puro direi il Rimini contro Remmerswaal finale Coppa Campioni 1984, 7 riprese lanciate vinte per manifesta, 16 o 17 K su 21 battitori affrontati e solo Beppe Carelli era riuscito a toccarlo, unica valida.

Stefano Manzini e la nazionale. Il rapporto tra la tua splendida carriera, con le presenze in Nazionale, non quadra, in tanti anni ad alto livello pensiamo avresti meritato di più.

Tengo a precisare che fra me e la Nazionale non c’è mai stato nessun rapporto burrascoso ma la mia partecipazione ad eventi di caratura internazionale era strettamente legata al mondo del lavoro, di conseguenza nel 1988 ho dovuto rinunciare alle convocazioni. Non avevo un datore di lavoro (BCI / Banca Commerciale Italiana, attuale banca Intesa) che mi potesse o volesse dare 30-40 giorni di ferie all’anno, di conseguenza era difficile abbinare l’attività lavorativa con i ritiri della nazionale e le trasferte della squadra, soprattutto se la squadra era blasonata come il Parma, impegnata anche in trasferte per le Coppe Campioni. Se ci fai caso, quelli che hanno più presenze sono indubbiamente degli  ottimi giocatori ma guarda caso hanno tutti iniziato a lavorare verso i 30-35 anni e qualcuno deve ancora iniziare, qualcun altro invece aveva  qualcuno che lavorava al posto suo, io non potevo permettermelo. Se avevi un buon giro di mazza eri nel giro della Nazionale, se avevi tempo eri DENTRO alla Nazionale.La stessa cosa dicasi per i primi in classifica delle varie “specialità”, HR, MB, PBC ed altro, bravi, anzi bravissimi ma prima dei 35 anni non si sono mai alzati alle 6 della mattina, io ho fatto anche troppo visto il tempo che mi rimaneva

– Per chiudere, ti chiediamo un parere sulla situazione attuale del baseball italiano.

L’attuale situazione del baseball se si vuole solo giocare a questo meraviglioso sport non è male, tutti parlano di passione e di amore per questo sport, è una cosa fantastica, non ci sarebbe bisogno di ingaggi, contratti, trasferimenti, poi ti rendi conto improvvisamente che i soldi la fanno da padrone.Mi ricordo quando giocavo a Parma ed andavo tutti gli anni a discutere il “rimborso spese” dell’anno in corso, adesso si chiama contratto e mi ricordo che ero al tavolo a discutere con i consiglieri della società, autotrasportatori, impiegati di banca, fornai, geometri e per finire il presidente falegname (non scherzo è la verità). Il presidente di allora costruiva case prefabbricate in legno. Immaginatevi se questi con tutti i problemi che avevano, legati al loro lavoro, alla loro famiglia e alla vita di tutti i giorni avevano la voglia e l’interesse di ascoltare un ragazzo che chiedeva un rimborso spese. Una sera uscito dalla società mi sono reso conto che non mi avrebbero mai accordato una cifra superiore a quella che guadagnavano loro o i loro operai, sarebbe stato stupido ed umiliante da parte loro. Immaginatevi  la scena: La mattina seguente l’autotrasportatore o chi per lui che mi ha concesso la sera precedente il “rimborso spese” che si sveglia ed inizia a bestemmiare pensando che lui dovrà farsi il mazzo fino a sera per la metà di quanto guadagnassi io. Non sarebbe mai successo. Con questo cosa voglio dire? Che se si vuole migliorare, se si vuole parlare di contratti, ingaggi e trasferimenti ci vogliono dei professionisti del settore, sia nelle società che nella federazione, non dei pensionati che non sanno cosa fare tutto il giorno oppure genitori che hanno figli che giocano e improvvisamente diventano conoscitori di questo sport. Persone che abbiano idea di cosa voglia dire un numero una statistica, del perchè si dovrebbe pagare o meno un giocatore o un amministratore, qualcuno più bravo di loro, non come loro, più bravo. Qualcuno che di lavoro faccia quello non un altro mestiere. Non si dovrebbe giocare al ribasso ma al rialzo per accaparrarsi un giocatore, mettere in atto la meritocrazia, invece si cerca sempre il giocatore che costi meno o il migliore e pagarlo meno del suo valore. Se non si arriverà a questo, se non si inizierà a parlare in maniera professionistica rimarranno come sono rimasti negli ultimi 50 anni, senza nessun miglioramento, anzi…