Riflessioni

#TIME

16 Ago , 2018  

di Cristina Pivirotto

Mentre stiamo parlando il tempo invidioso sarà già fuggito. Cogli il giorno presente

[Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem…]
(Orazio – -Odi I, 11, 7-8
)

Abbreviare una partita di baseball? Perchè?

E’ il tempo il vero sostegno di una partita.

Lo viviamo da attori, sia che si abbia la fortuna di essere in campo, sia che si abbia l’opportunità di guardare. Conosciamo quello che è già accaduto, quello passato è l’unico limite di una partita di baseball. Sappiamo cosa è stato: tutto il resto vaga nell’aspettativa di un tempo, ogni azione ne ha uno, ogni pensiero, ogni più piccolo gesto, ma non l’intera partita.

Abbiamo bisogno di tutti i momenti che servono, a ciascuno di noi, per essere coscienti di ciò che siamo, del nostro valore o della debolezza. Abbiamo bisogno di usarlo fino alla fine, fino a quando anche la speranza lascia il posto alla certezza che il tempo è già passato.

Vorresti alzarti in cielo a urlare chi sei tu, ma il tempo passa e non ritorna più!

(Francesco Guccini)

Limitare una partita di baseball è come adeguarsi all’angoscia che già ci perseguita in altri ambiti della nostra vita, sempre scandita dagli orari da rispettare: scuola, lavoro, treni, aerei, tutti traccianti con una scia di doveri su cui modellare le nostre ore.

Lasciare il tempo senza un limite per giocare, per osare e per farlo con l’incoscienza di quello che accadrà è un azzardo avvincente.

In un minuto c’è il tempo per decisioni e scelte che il minuto successivo rovescerà.

(Thomas Stearns Eliot)

Nella partita senza un limite di tempo ci sta tutto. C’è la possibilità di sperare, a lungo, che ci sia un’opportunità, un turno a nostro favore. La mancanza di una limitazione prefissata permette all’irreale di dilagare oltre il perimetro del “qui e ora”. Possiamo aspettare che si realizzi la fantasia di una vittoria.

Ci permette di esultare quando gli attimi sospendono il respiro e la palla allunga il volo rimanendo in aria qualche attimo in più.

Ci permette di attendere che la sfida fra la palla e l’uomo che corre abbia un vincitore, per un vantaggio di nanosecondi e che la voce e il gesto di un arbitro certifichino l’esito.

Ci sfugge fino a non darci il modo di vedere una presa in linea, battuta e catturata in un lampo che inganna l’occhio umano.

Ci lascia indugiare un attimo in più per studiare la posizione degli avversari in campo.

Ci concede la maliziosa possibilità di invocarne il nome per interrompere la concentrazione del rivale.

Ci regala la facoltà di immaginare, potenza del pensiero che ci fa vivere ancora un attimo in più di quello che pensiamo di avere a disposizione.

Ci regala la determinazione di dare un senso a quel tempo

Perchè limitarlo?

Il tempo è un dio benigno

(Sofocle)

Si impiega energia per costruire ogni azione, per prevedere quello che potrebbe succedere dopo, per dare un senso vincente a ciò che facciamo, per trasformare una disfatta in vittoria.

Se c’è qualche cosa di veramente unico nel baseball è che si ha la possibilità, anche repentina talvolta, di rovesciare una situazione da avversa in favorevole. Ma serve tempo.

Nel baseball la mancanza del limite temporale di una partita regala il pensiero di non avere nulla da perdere, un senso di “non tempo” in cui possiamo fare tutto quello di cui siamo capaci. Nessuno all’inizio di una partita si ferma a pensare alla sua conclusione. La mancanza del tempo ci abitua a pensare di essere liberi. Nella vita quotidiana siamo persino incapaci di organizzarci, quando abbiamo tempo libero. Nel baseball è come percorrere una strada lunghissima e fermarci solo se lo vogliamo.

Arriva, certo, la fine di una partita e, qualche volta, le più belle sfide ci concedono il premio di un’aggiunta che sia risolutiva. Il tempo si protende ancora e accetta di nutrire l’attesa di un sorriso o la confidenza di un pianto deluso.

Nel tempo che ancora ci viene incontro riponiamo la speranza di un cambiamento, l’azzardo di un pensiero positivo, il colpo di fortuna, la risoluzione a nostro esclusivo favore, la fiducia, la forza di una scelta, l’appiglio anche disperato. Siamo in competizione con quello che non sappiamo ancora. In attesa desiderata e temuta.

#TIME

Running over the same old ground. What have we found? 
The same old fears

(“Wish you were here” – Pink Floyd)