Racconti

Tutto cominciò così

5 Dic , 2017  

di Cristina Pivirotto

“Era una notte buia e tempestosa…”. No, questo inizio non va bene. Non era notte e non era nemmeno tempestosa, riproviamo.

C’era una volta … un re! Diranno subito i miei piccoli lettori. No ragazzi avete sbagliato (…) “. Neppure questo… Collodi mi bastonerebbe.

Allora diciamo così: era il 20 settembre 2016. Stavo preparando gli inviti per l’All Star Game dei Tempi d’Oro ed ebbi l’idea di mettere in lista anche il nominativo di un gruppo Facebook che, a quel momento, stava facendosi largo tra le decine di pagine e profili che parlavano di baseball.

Il Bar del Baseball” era il nome. Inviai quindi il testo dell’invito, lo stesso spedito a tanti altri. Il trillo del telefono annunciò una risposta prontissima: “Ci saremo anche noi” seguito dall’icona con il pollicione alzato.

Che bello, pensai, una risposta decisa e promettenteLi contattai di nuovo, prima dell’evento. Era ottobre, ormai.  Chiesi se avevano la possibilità di fare filmati e, in caso, se avessero bisogno di qualche tipo di attrezzatura  per fare le riprese. Ancora una risposta decisa:

“Certo che faremo i filmati, anzi andremo in diretta . Noi partiamo alle 10. Penso che in tre ore saremo su.” Unico momento di sorpresa quando annunciai che sarebbero stati gli unici a fare riprese video in campo, perché così aveva voluto l’organizzazione. Ci sarebbero stati diversi fotografi, ma loro avrebbero avuto l’esclusiva per le riprese. Il momento passò subito però, esternato da un “Cribbioooo”, ma stemperato da una domanda a seguire: “Fa freddo lì da voi?”. Sorrisi e mi sentii già meglio: nel caos dell’organizzazione, sapere che c’era qualcuno che aveva la sola preoccupazione del meteo era incoraggiante.

8 ottobre 2016, ore 14.26 : messaggio da Gianluca Marcoccio: “Siamo allo Jannella”. Ok, finalmente i pezzi del puzzle cominciavano a sistemarsi a dovere. Fra il caos della preparazione, le risate, gli sfottò tra giocatori, l’unica cosa che avevo in testa era che, accidenti, mi trovavo in mezzo ai più grandi giocatori di baseball mai visti in Italia. Li avevo applauditi e ammirati e odiati, quando erano in attività e venivano a giocare nella mia città. Erano lì, tutti riuniti e mi pareva di essere nel Paese dei Balocchi. Poi i giocatori entrarono in campo e diventò tutto un divertimento generale, come l’ultimo giorno di scuola. Aperto il cancello del campo, tutti volevano giocare e non sentirono più nulla.

Sorrisi e risate e qualcuno che mi chiese: “Dove vuoi che ci mettiamo per fare le riprese?”

Guardai il campo, dove magicamente i giocatori si erano liberati dal peso dell’inattività e guardai Gianluca e Massimo e la risposta arrivò da sola: “Andate in campo e fate quello che vi pare!”. E loro fecero proprio quello che vollero. Si intrufolarono nel dugout, ripresero i momenti più divertenti della partita, parlarono con tutti i giocatori e riuscirono perfino a carpire, in anteprima, le intenzioni future di qualche ex atleta, diventato dirigente. Li vidi passare, ad un certo punto, in carrellata verso la prima base: Massimo teneva un tablet rivolto verso il campo di gioco e Gianluca lo guidava, da dietro, come se fosse stata una macchina da presa umana e intanto spiegavano a gran voce:

“Avemo finito la batteria del telefonino. Mo’ annamo col tablet!”. Li guardai e risi: avevano capito esattamente cosa volevamo. Risero anche loro e fecero una gran confusione, ma in fondo era proprio quello lo spirito di quell’impresa. La giornata finì e non feci neppure in tempo a salutarli, tanta era la confusione e le incombenze ancora da fare. “Ma li sentirò al telefono, domani.”, mi dissi.

In realtà ci sentimmo spesso, nel mese seguente. Ci mettemmo d’accordo per riunire tutto il materiale che avevano riportato da quella famosa giornata e poi parlammo delle soddisfazioni che ne erano derivate: nuove amicizie, nuovi accordi per interviste, per progetti futuri. Gli iscritti alla pagina de “Il bar del baseball” continuavano ad aumentare di numero, in maniera considerevole.

Un mese dopo chiamai Gianluca: 

Puoi rispondere a qualche domanda per un’intervista?

La risposta venne quasi urlata? “Un’intervista? Ma a chi? Quelle le devono fare chi ha giocato o ha fatto parte del mondo del baseball. Io e Massimo siamo solo due tifosi.”

Guarda Gianluca che ormai siete dei personaggi nell’ambiente.

“Ma siamo sempre noi e ci stiamo divertendo, cercando di parlare di baseball e di far riappassionare le persone. Noi non siamo nessuno nel mondo del baseball.”

Insomma voi rispondete alle domande e poi vediamo cosa ne viene fuori”.

In effetti l’intervista andò benone e io mi trovai, entro la fine dell’anno, inserita nell’elenco dei collaboratori.

Cominciò, quindi, un periodo di contributi condivisi con la pagina, mentre si aggiungevano sempre più amici e collaboratori. Cominciarono le dirette dagli stadi, che avevano il pregio di essere veramente “ruspanti”, nel senso migliore del termine. D’altra parte se stai seduto sulle gradinate di uno stadio, quella è l’atmosfera: si parla, si scatta in piedi per una bella azione, ci si accalora per le decisioni (secondo noi) sbagliate degli arbitri. Insomma alla fine si passava sopra alle riprese fatte con il telefonino, storte, tremolanti, assolutamente imperfette, ma che legavano insieme tante persone sparse per l’Italia e anche dall’estero. Ci si conosceva, proprio come si fa allo stadio, si scambiavano battute e commenti. Ancora oggi, qualche volta, ripenso a quella giornata fantastica e oggi, per festeggiare la nascita del sito, mi piace pensare che la fortuna sia nata lì, quel giorno, sul terreno di gioco del mitico “Jannella” a Grosseto.

Insomma sentite bene, ad oggi “Il Bar del Baseball” conta 14.600 iscritti; se volete vedere una partita di qualunque campionato al mondo, di qualunque serie e categoria, lì trovate qualcuno che vi dice come fare; se volete trovare una notizia di baseball, lì la potete leggere.

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