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UNA FIBS PIENA DI FALLE

1 Giu , 2019  

di Gianluca Marcoccio

L’intervista rilasciata dal presidente della federazione (http://www.fibs.it/it/news/federazione/44970-un-%E2%80%98caff%C3%A8%E2%80%99-insieme-ad-andrea-marcon-parlando-del-baseball-e-del-softball-italiani.html), lo diciamo subito, ha il sapore del proclama pre- elettorale. Spieghiamo perché dà questa sensazione: prima di tutto la tempistica. Si parla di “fare il punto di metà mandato”. Elezioni a novembre 2016, intervista a giugno 2019. La metà del mandato è già passata da tempo. Diciamo che l’approvazione del bilancio di esercizio 2018 era solo un’occasione per parlare del lavoro che questa federazione dice di avere fatto, in un momento in cui tutti (addetti ai lavori e non) cominciano a chiedersi se questa gestione abbia realmente fatto qualche cosa, in genere.

Seconda ragione che parla di propaganda pre-elettorale: “incremento vertiginoso dell’attività sportiva”. Questa notizia ci giunge nuova. L’aggettivo “vertiginoso” è quantomeno esagerato, considerando che questa federazione ha stabilito un vero record negativo nella storia del baseball italiano, cioè quello che conta il minor numero di partite mai disputate (24 incontri) nel massimo campionato. Ma si sa, in campagna elettorale si eccede.

La frase “non è per caso che si vincono titoli europei” è, senza dubbio, ironica, per cui soprassediamo. Così come quella così esposta: “uno dei cardini di una federazione è quello di far fare attività agli atleti”. Sono ormai due anni che tutti (e per tutti intendiamo stampa, tifosi, addetti ai lavori) urlano a gran voce la necessità di giocare di più nei vari campionati italiani, di tutte le categorie, ma il presidente se ne accorge solo in occasione di questa intervista fuori contesto. Vorremmo ricordare solo un fatto, tra i tanti: la decisione di non far partecipare la Nazionale Under 23 alle manifestazioni internazionali. Inoltre le poco felici intuizioni dei luminari di diritto comunitario, hanno fatto perdere una stagione agonistica a tutti i lanciatori di formazione italiana (i risultati li vediamo quest’anno, perché le partite giocate dai lanciatori italiani finiscono per lo più con punteggi molto alti e medie PGL preoccupanti), salvo poi riabilitarli, dopo essersi resi conto della gaffe interpretativa a fronte di regole che, di fatto, sono le stese dell’anno precedente. Un anno senza lavorare per raggiungere la convocazione in Nazionale. Questo è molto grave, dal nostro punto di vista.

Ovviamente un abituale spostamento delle responsabilità sul contestato funzionamento dell’attuale gestione federale è da imputarsi alla “crisi dei valori”. Una crisi “economica e sociale” dalla quale “è impossibile illudersi di non essere coinvolti”. Eccola là! La colpa è della crisi. Qualsiasi crisi, economica, sociale, va bene tutto purché ci sia una giustificazione indipendente dalla volontà di chi è al timone di questa barca.

Arriviamo così alla vicenda Rimini. Notiamo subito il dichiarato rammarico del presidente per la conclusione dell’affaire , ma non ci sfugge l’annuncio sugli “anticorpi al lavoro”. Ora è ben nota la frase che Il Bar del Baseball usa da ormai due anni a questa parte, che recita “c’è un gruppo di persone che ci sta lavorando”. Questa citazione altro non è che una frase presa in prestito dal repertorio dell’attuale presidente che risponde con quelle parole, in maniera stereotipata, ad ogni domanda che riguardi suggerimenti, lamentele, sollecitazioni. In questo caso la novità sta nell’uso del termine “anticorpi” che prende il posto del “gruppo di persone”.

Stanno sempre a lavorare, in quella stanza dei bottoni. Stanno sempre a lavorare, ma nessuno vede i tanto sbandierati benefici.

Un altro particolare, di quelli che generano interpretazioni: “La città riavrà i suoi pirati (con la lettera minuscola), comunque si chiameranno”. Facciamo pure illazioni: ci sono acquirenti per la società romagnola? E se ce ne fossero ha intenzione, questa federazione, di vagliare bene il nuovo acquirente? No, perché a voler ben vedere quella situazione “particolarmente dolorosa”, quella “ferita aperta” non ha avuto, a suo tempo, un contraddittorio adeguato nella federazione. Anzi stiamo ancora aspettando la conferenza stampa congiunta, federazione/comune di Rimini, che doveva essere convocata a breve, dalla data del 6 marzo in cui venne comunicata. Ma, d’altra parte, stiamo ancora aspettando il famoso debriefing post Campionato europeo Under 18 dello scorso mese di luglio (2018), quello con il peggior risultato mai conseguito negli ultimi 20 anni, così come quello dell’anno precedente prodotto dalla Nazionale Under 15 (quinta nella classifica finale).

Nel viaggio attraverso le dichiarazioni presidenziali si arriva alla considerazione sui campionati e sul loro riordino. Intanto dobbiamo dire che una ristrutturazione che non è ancora definita, dopo due anni, lascia solo pensare che sì, in un caso ha ragione il presidente Marcon: “abbiamo già perso troppo tempo”. Parole che però fanno anche capire che il tempo perso non può essere addebitato a nessun altro, se non alla dirigenza federale. Un po’ da ogni parte sono arrivate, nel tempo, le richieste di metter mano ai campionati, ma solo adesso si rivela che … c’è un gruppo di persone che ci sta lavorando. Sempre citando le parole del presidente: “Siamo già al lavoro per definirne la struttura”. Adesso? Dopo due anni? Complimenti per la celerità.

E quale sorpresa nel sentire affermare che ci sia una “necessità di conquistare o riconquistare altre piazze. Se vogliamo aumentare il numero degli appassionati, dobbiamo per forza cominciare dall’esserci, dal coinvolgerli.”. Suvvia presidente, comprendiamo le necessità di una campagna elettorale, ma questi argomenti sono gli stessi che il popolo del baseball chiede da due anni, che lei ha scelto di non considerare e arroccarsi, come tutti i componenti della sua federazione, in una convinta e, sembra, sprezzante indifferenza.

Oltre alla incapacità di creare occasioni per richiamare l’attenzione del pubblico, dopo aver cancellato eventi di grande attrazione come l’All Star Game e la Notte dei Diamanti; dopo essersi vantato di due edizioni di una Convention che ha raggiunto grandi numeri di partecipanti solo perché ha riunito, sotto un unico cappello, più manifestazioni dello stesso tipo; dopo aver rinunciato a partecipare all’organizzazione delle qualificazioni olimpiche, ecco dopo tutto questo la sua gestione ci ha regalato una forma comunicativa scarsa, lenta e insufficiente. Non basterà mettere mano al restyling del sito, come ha in programma di fare codesta federazione, per cambiare il panorama. Sono i contenuti che non attraggono il lettore. Stia pronto, presidente, che chiederemo anche ragione del costo di un servizio di questo genere e non accetteremo imbarazzate risposte sfuggenti, in nome della trasparenza di cui proprio lei si è fatto sostenitore all’inizio di questa lunga e, per adesso, biennale campagna elettorale.

Passiamo ora all’argomento più stonato di questa intervista. Sì, perché di tutte le questioni spinose di cui poteva parlare, ha scelto proprio il “Kennedy”.

Sia lei che il suo vice, De Robbio, affatto preparato sull’argomento, come ha dato prova di essere in una intervista rilasciata proprio a Il Bar del Baseball, alzate le mani sostenendo che la progettualità dell’intervento sullo stadio “Kennedy” risaliva alla gestione federale precedente. Per il perfezionamento del patto con il Comune di Milano, mancava solo la firma e quella firma è la sua, presidente Marcon. Ora, se lei avesse ritenuto veramente che quell’operazione non fosse sostenibile per le finanze della federazione, avrebbe dovuto evitare di firmare l’accordo. Molto semplice: non me lo posso permettere? Non mi espongo. Invece si è accollato l’impresa, assai ardua. Ha aspettato un anno, perdendo altri soldi (tanti), per poi cominciare a piangere sulla povertà della sua federazione.

La memoria è lunga, presidente, è lunga e non si faccia illusioni, ci ricordiamo tutto. Ci ricordiamo bene che c’era un “entusiasmo che veniva manifestato prima del novembre 2016” e lo sa perché c’era quell’entusiasmo? Perchè, per quanto ci si lamentasse anche della precedente gestione, sapevamo che c’era un presidente infinitamente più esperto di lei, che sapeva cosa fare e che, malgrado le critiche di una parte del movimento, non avrebbe sbagliato un colpo in un’operazione di questo genere. E, per sottolineare che lei si sbaglia, vogliamo ricordarle, ma solo in un volo molto alto, la sua marcia indietro sulle ragioni delle sofferenze economico/finanziarie della federazione. Eppure chi faceva parte del precedente consiglio e aveva studiato bene i bilanci (non De Robbio, lui no), aveva fatto presente la sua interpretazione errata, ma niente, lei non ascolta mai nessuno presidente. Non ascoltare è una sua prerogativa, ma non dovrebbe essere quella di un presidente che deve rappresentare tutti, anche quelli che non gli vanno a genio.

L’ultima nota, presidente, poi abbiamo finito. La mortificante frase autoprotettiva: “Non qualificarci per le Olimpiadi non sarebbe certamente una tragedia”. Mortificante, sì. Per i tifosi che aspettano questa gioia; per i tecnici e i giocatori che si fanno un gran mazzo per poterci arrivare; per gli organizzatori che lavorano da mesi per dare il meglio che possono; per le aspettative di tutto il movimento intero; per tutti i soldi che continua a spendere per la Nazionale e per gli scouts (per esempio Christian Mura, specialista nel settore, che ha percepito, per il suo impegno una cospicua somma di danaro) che si adoperano per trovare giocatori da portare in Italia, a giocare con la Nazionale, che non lo fanno solo per i soldi, ma anche per partecipare alla costruzione del team che degnamente rappresenti la nostra Nazione.

Lei, il presidente della federazione, manca di quella forza, di quella sicurezza che dovrebbe usare per motivare gli atleti della nostra Nazionale. E’ un po’ come se, battendo una mano sulla spalla di Gibo Gerali, gli dicesse “Vai e cerca di vincere, ma se non ci riesci non importa.” Sa cosa pensa l’allenatore della Nazionale al riguardo? Trascrivo le parole che ha rilasciato in una intervista a Il Bar del Baseball: “ … Secondo me partecipare alle Olimpiadi sarebbe un fiore all’occhiello e un motore importantissimo per dare interesse, per dare linfa al movimento, per dare ossigeno anche alla federazione che otterrebbe dei fondi di sostentamento per andare avanti con l’attività. Quindi è un obiettivo a cui stiamo lavorando da tempo e che è fondamentale. .. La qualificazione alle Olimpiadi è il culmine dell’attività e sarebbe il coronamento di un lavoro importante e il sogno di tutti andare a Tokio”.

ll culmine dell’attività, il coronamento di un lavoro importante e il sogno di tutti. Ecco, presidente, lei con una sola frase ha cancellato tutti i principi etici che stanno dietro a queste parole. Il sogno di ogni giocatore, anche di quelli che hanno già raggiunto la vetta della Nazionale: le Olimpiadi. Ci vorrebbe proprio che qualcuno le dicesse “Ah si? Non è una tragedia? Allora andiamo pure al mare, invece di sfinirci per cercare di essere all’altezza!”.

E’ per questo suo modo di pensare che il movimento si è fermato per mancanza di una forza che imprimesse il moto. Quella forza doveva provenire dal cuore del nostro sport, partenza e arrivo dell’attività: la federazione.

Questa federazione ha tramortito il desiderio, la passione di tante persone, che magari aspettavano un cambiamento radicale, ma che hanno visto un fallimento delle idee stesse proposte all’inizio della sua campagna elettorale. Si sono abbassate le attese quando le “regole certe per tutti” non sono state realizzate, se non per pochi, evidentemente più interessanti per i voti regalati. Sono scomparse con il passare del tempo, quando è stato evidente che la sua federazione non sa, non riesce, non è interessata a crescere.

La prossima volta, presidente, invece del caffè prenda in considerazione l’idea di bersi una tisana.