Racconti

Voglia di baseball

17 Mar , 2018  

di Enrico Pasini

Davanti alla finestra guardava fuori, parcheggi, strade, giardini, tutti ricoperti di bianca e gelida neve, con gli occhi annoiati, vuoti e un po’ stanchi, di quell’inverno che sembrava non finire. Gli allenamenti nel caldo del pallone cominciavano a non bastare più, la voglia di calcare di nuovo l’erba del campo piccolo, di pestare la prima base sperando di scattare subito verso la seconda e il desiderio di andare in battuta sperando che la pallina superasse la bassa recinzione, come fosse un home run in Mlb, e che la pallina finisse magari in testa ad un genitore o facesse impazzire un cane, stavano prendendo il sopravvento. Il calendario diceva marzo ma la neve aveva ricoperto tutto e lui ,bimbo che amava follemente quella coltre bianca, non riusciva ad esserne felice. Ogni cosa a suo tempo, e ora con la primavera alle porte la neve prendeva un altro sapore, quello della beffa. Il borsone, con il manico della mazza che fuoriusciva, quasi a guardare anche lui quel tempo pazzo, era lì di fianco a lui, e mentre il padre lo guardava , quasi a leggerli nel pensiero, lanciò un’inaspettata proposta. Afferrò la mazza con una mano, infilò l’altra nel borsone e prese guantone e palla leggera. Guardò suo figlio e gli disse: “Vai a mettere scarpe e giacca, andiamo a fare due lanci sulla neve!” Non ci fu bisogno di risposta, in pochi istanti il bimbo era pronto già davanti alla porta pronto ad uscire. Arrivarono sul campo, non vi era un angolo verde, tutto era bianco. Alcuni ragazzi, incuranti del gelo, stavano giocando a biliardino sotto il porticato. Quando li videro arrivare, mazza, guantone e palla, fermarono i polsi e si fissarono a guardarli. La pallina finì anche in porta ma nessuno se ne accorse. Sperava di buttarsi nella neve a prendere qualche palla alta lanciata dal padre, come un novello Austin Jackson, ma quando mise il primo piede sulla coltre bianca capì che di tuffi ne avrebbe fatti pochi. Lo scricchiolio dello scarpone sul bianco lucido del terreno fu così rumoroso che rimbombò nell’aria rarefatta di quel fine inverno. L’impronta rimase fedele alla sua forma e così le successive, mentre cercavano di raggiungere il centro del campo. Guantone alla mano cominciarono a lanciarsi la pallina, in silenzio ascoltavano il rumore della pallina sul guanto e i commenti dei ragazzi ancora intenti a giocare a biliardino. Poi ci fu il primo lancio sbagliato, naturalmente del padre, e la pallina gialla e leggera si schiacciò nel ghiaccio infrangendolo come una bottiglia di vetro caduta a terra. Sul viso del bambino si stampò un sorriso stellare, prese la pallina e la lanciò di nuovo per terra. Fece molti buchi nella neve ghiacciata tanto che pian piano in quella zona il verde cominciò a farsi di nuovo vedere. Interruppe quel momento di estasi e ricominciò a lanciare al padre, fecero molti lanci poi prese la mazza in mano e lo sfidò. Se batteva doveva arrivare all’albero prima che il padre riuscisse a lanciare nelle vicinanze, altrimenti sarebbe stato eliminato. Il padre cominciò a lanciare e non lanciò affatto male, tanto che riuscì a fare subito tre strike out con un solo ball. Il freddo e la giacca pesante legavano molto il bimbo che girava male e con poca convinzione. Poi, all’improvviso, con il monte pieno il bimbo riuscì a battere la sua prima pallina, poi subito dopo la seconda, e la terza e con il sorriso sulle labbra batté anche un bunt di sacrificio. Cominciò a vedere bene la pallina e girare la mazza decentemente, anche se ancora con poca forza. Il padre lo spronava, prendendolo in giro e scherzando con lui. Fu in quel momento che il bimbo impugnò la mazza in modo diverso, strinse bene le mani intorno al manico, guardò per terra come a vedere la casa base e batté la mazza sul ghiaccio due volte, facendola sprofondare fin sul terreno. Il padre lanciò convinto e anche abbastanza forte, il bimbo la guardò arrivare verso di lui, bassa e leggermente esterna, la guardò e scattò con un giro veloce e preciso. Era una pallina leggera e grande, gialla e vuota, ma il suo sbattere contro l’alluminio della mazza ricordò quello delle battute dei grandi allo stadio. La palla si impenno e volò via veloce, arrivò contro il muro della casa e si conficcò nel ghiaccio. Il bimbo cominciò a correre ed esultante fece un giro immaginario delle tre basi, e una volta a casa base, incurante del freddo, si buttò per terra formando lo stampo del suo corpo sul ghiaccio. In un pomeriggio di fine inverno Il sole era già sceso sotto le colline, l’umidità gelida cominciava a impadronirsi del mondo, ma la voglia di baseball stava sciogliendo la neve e nei campi di tutta Italia si ricominciava a vedere il rosso della terra. La Primavera stava arrivando, non lo diceva il meteo, lo diceva il baseball!