Racconti

WELCOME TO PAYETTE

9 Ago , 2018  

di Giuseppe Carelli

La prima volta che ne ho sentito parlare è stato dalla voce di Charlie, al tempo hitting-coach ed in seguito manager dei Cleveland Indians. Quando realizzai un homer, Charlie disse “Wow!, Joe, quell’homer mi ricorda qualcuno”. Ed io risposi “Cosa vuoi dire?”, e lui “Well, voglio dire che era una lunga bastonata e sembrava che la pallina non dovesse mai scendere”. Charlie parlava spesso di Harmon, e quando firmai il contratto con i Twins e mi recai agli Spring Trainings, lui era là e lo vidi per la prima volta.

 

Harmon Killebrew è una leggenda, una forte emozione, è la brezza che ti circonda e solleva il tuo corpo incurante della gravità. Con lui puoi sederti e parlare di qualsiasi cosa, è un padre disponibile e rassicurante. Nei momenti di difficoltà, durante la sua lunga carriera, si è sempre preoccupato prima degli altri e questo testimonia il suo carattere e la sua grandezza. Non ho mai affrontato l’argomento della battuta con Harmon eccetto qualche volta in cui si trovava nei pressi del batting cage e diceva “Io provavo a fare questo in BP…”. La sua teoria era quella di allenarsi a fare fuoricampi perchè lui era un battitore di potenza. Ma Harmon non era solo un tecnico che arrivava e parlava di come si gira la mazza. Lui, prima di tutto voleva conoscere la persona, instaurare un rapporto di fiducia ed in seguito costruire il battitore.

 

Tutto questo è stato unico da parte sua. Un vero gentleman fortemente contrario all’era dei battitori anabolizzati. Quando passano gli anni e devi affrontare gli infortuni, non è facile raggiungere un traguardo importante. Quando giochi è come disputare l’ultima partita della tua vita, desideri fortemente quel traguardo e metti in campo tutte le tue energie. Ci sono volute 23 partite ad Harmon per passare da 498 a 499 fuoricampi in carriera e altre 14 per realizzare il 500esimo. In quella notte Harmon fece anche il 501esimo e si può capire benissimo che, una volta raggiunto il traguardo, ci si sente più rilassati nel box di battuta. Killebrew non ha mai ottenuto una stagione con 50HR. Ne fece uno a Boston nel 1969 che colpì la sommità del Green Monster, il N°49, ma venne giudicato come una battuta da due basi. Un altro homer a Cleveland colpì la ringhiera di ferro ma l’arbitro lo giudicò un lungo strike in zona foul. In certi momenti, verso il tramonto della tua carriera, ci sono i pensieri amari come “Damned!, se non ci fosse stato il vento!,…Se la traiettoria fosse stata più rettilinea!…Pochi cm., forse anche mm….”. Ecco cosa rende il fuoricampo così speciale, non è qualcosa che bisogna provare in continuazione, bisogna lasciare allo swing la priorità di realizzarlo.

 

Forse Harmon non è d’accordo, ma sicuramente era speciale in questo. Quando ti paragonano a lui è ancora più speciale perchè stai camminando al suo fianco in un terreno dedicato al massimo e supremo Slugger. Harmon ha rappresentato la fine di un era in Major League. La sua divisa era di flanella, non c’era ancora l’Interlega, beveva milk-shake e percuoteva le tribune oltre le recinzioni dei ballparks. Non c’era Sport-Center, parlava con dolcezza, ma tra le mani stringeva la clava del terrore. Non c’era la TV satellitare, quella che penetra nelle case dei Majorleaguers di oggi e nemmeno la cable TV. Ecco perchè un alone di mistero e fascino circondano la sua figura leggendaria, ecco perchè non tanti conoscevano Harmon Killebrew, e ciò rappresenta il dispiacere più grande. La carriera del Killer in MLB è un ampio arcobaleno di tempo durato più di 20 anni le cui origini risalgono ai vecchi Washington Senators quando T.Williams, Y.Berra e E.Wynn erano le superstar dell’American League fino ad arrivare a R.Yount, G.Gossage e D.Eckersley. Quando Harmon arrivò, Babe Ruth stringeva il record degli homer in carriera e di quelli stagionali. Quando Harmon uscì nel 1975, Ruth aveva perso entrambi i records. Harmon invece risultò essere il più grande fuoricampista destro nella storia delle Majors, un titolo che ha conservato per 37 anni, ora in possesso di Alex Rodriguez dal 2009.

 

Procedendo in macchina verso Payette, Idaho, è facile individuare i segnali della presenza di Harmon Killebrew all’ingresso della città. Per coloro che non sono di quelle parti, all’inizio possono rimanere confusi perchè appeso in alto e centralmente si erge un gran cartello con la scritta “Benvenuti a Payette, Home of the Pirates”, opportunamente condita con accessori come un teschio e le ossa incrociate sul cappello da pirata, un occhio bendato e un coltello stretto tra i denti. È il perfetto logo dei Pittsburgh Pirates, dei Tampa Buccaneers e degli Oakland Raiders. Ma, proseguendo, subito dopo ci si trova di fronte ad un altro grande cartello che raffigura la foto di un sorridente e affabile Majorleaguer degli anni 60′. “Welcome to Payette, Hometown of Harmon Killebrew”, così è scritto. Gli occhi sono attratti da questa foto in bianco e nero, una snapshot che fa rivivere nella memoria antichi eroi del coraggio e della lealtà. Quella è la foto di un ragazzo che entrò in Major League ai tempi del presidente Eisenhower e che uscì ai tempi di Ford. Se volete rallentare e leggere meglio cosa c’è scritto sotto quell’immagine, bèh!, vale la pena di fermarsi e scendere dalla macchina.

 

“Harmon Killebrew, leggendario slugger dei Minnesota Twins”. Una breve apparizione all’inizio con i Washington Senators e alla fine con i Kansas City Royals. 573 homerun tutti naturali, 5° nella classifica di sempre, 11° all’inizio della stagione 2012. Alti e maestosi erano i suoi homers e Harmon si fermava a guardarli per un paio di secondi prima di fare il giro delle basi. Avambracci, bicipiti e polsi che avrebbero fatto gola anche al leggendario Muhammad Alì. Otto stagioni con 40 e più homers. 6 titoli nell’American League. È terzo in tutta la storia come percentuale di realizzazione. 1 homer ogni 14,2 presenze alla battuta, dietro a B.Ruth 11,7 e Ralph Kiner 14,1. 9 stagioni con 100 o più RBI, 1584 in tutta la carriera. AL MVP nel 1969. 3 avventure nel post-season con i Twins, 1965, 69′ 70′. Eletto nella Hall of Fame nel 1984. Un gentiluomo, un amico e un vicino di casa i cui soprannomi Killer e Harm suscitano all’istante una forte ironia e inquietudine.

 

Se invece arrivate in macchina da Boise, circa 110 km a Sud-Ovest di Payette e girate a destra del cartello “Welcome to…” e procedete verso Nord lungo la US-95, si può leggere un altro grande tributo al Killer. “Harmon Killebrew Field Idaho’s Athlete of the Century. Di fronte a questa scritta può sorgere un dubbio, una domanda. “Di quale century si parla?”. Non c’è un century, per Harmon, lui c’è e basta. Per i giusti non esiste un century, come non esiste un anno, un mese o una settimana. Il tempo dei giusti e di quelli come Harmon non ha un inizio nè tantomeno una fine. Semplicemente è ADESSO.

 

Attualmente è M.McGwire in testa alla classifica con 1 HR ogni 10,6 presenze alla battuta. Segue B.Bonds con 12,9.