il baseball come pratica formativa

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IL BASEBALL COME PRATICA FORMATIVA: un saggio di Alessandro Bozzato e Alessandro Calzati

30 Mag , 2023  

di Ignazio Gori

Le parole sono importanti” diceva Nanni Moretti in un suo noto film. Bisogna saperle usare nel modo e nei tempi giusti. Bisogna averne rispetto. Dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia non sono “errori della natura”, non sono “disturbi di apprendimento” (DSA) irrimediabili, parole delle quali aver paura. I disturbi della lettura, della scrittura, del calcolo, della comprensione del testo e dei quesiti matematici offrono margini di miglioramento, di guarigione. 

Come? 

Attraverso la stimolazione motoria e soprattutto psicomotoria.

Una soluzione concreta?

Il Baseball!

Dallo studio di Alessandro Bozzato (pedagogista e terapista CLIDD) e Alessandro Calzati (architetto e Presidente dell’ASD Venezia Metros Baseball Club) emerge che questo sport non solo è tra i più affascinanti – per motivi sportivi, culturali, e se mi permettete “poetici” – ma anche uno dei più formidabili attivatori dei processi motori. La competenza motoria infatti è strettamente legata al coordinamento tra psiche e corpo, indispensabile per padroneggiare le sequenze che sono alla base delle funzioni esecutive di apprendimento. 

Complicato? 

Nient’affatto se leggete con attenzione il saggio Il baseball come pratica formativa, edito da ITARD (Istituto di ricerca, formazione e centro studi) il quale avrebbe, a mio avviso, tutte le carte in regola per proporsi come testo didattico per molti istituti, accademie e scuole specialistiche. 

Dal testo – strutturato secondo una logica scientifico/pedagogica e rivolto anche a chi volesse avvicinarsi a questo sport con un approccio alternativo e multifunzionale – apprendiamo come la maggior parte dei “disordini” che contraddistinguono i DSA siano legati al corretto funzionamento motorio, e di conseguenza al collegamento psico-motorio (principio di azione-reazione). Il baseball, ci dicono gli autori, è una “esperienza motoria” unica per stimolare la reazione istantanea del soggetto; non a caso quello del diamante è un giuoco fatto di centimetri, di millesimi di secondo: girare la mazza col giusto tempismo per impattare la pallina, cogliere il frammento di secondo sufficiente per arrivare salvo in base, coordinarsi con i compagni di squadra per un bruciante “doppio gioco” … tutte spie di una attivazione psicomotoria, di una reattività e ottimizzazione dell’istante (“attimo fuggente”) che solo questa specialità impone. 

A proposito di tempo, nel baseball è assente. Questo significa che, come ben spiegato nel testo, dal punto di vista del processo cognitivo, la percezione del raggiungimento di un obiettivo non dipendente dal tempo impiegato, gioca una parte importante nel meccanismo del riconoscimento del processo stesso; in poche parole, in assenza di un ostacolo temporale (anche nel tennis, nel pingpòng, e nel golf in questo caso) ci si può concentrare sulle modalità di ogni singola azione e sulla sua esatta esecuzione.   

Il ragionamento scientifico degli autori si riferisce tanto al baseball quanto ai suoi derivati, al softball e al meno conosciuto “wiffleball” (per chi vuole approfondire: http://www.wiffle.com/)senza tralasciare il “tee-ball”, che altro non è che una forma semplificata del baseball o del softball, la cui pratica è consigliata ai bambini dai quattro ai sei anni di età. 

Di particolare importanza è l’acquisizione progressiva della consapevolezza spaziale. Per il bambino – si mette il focus ovviamente sui bambini che presentano i suddetti disturbi, ma il discorso pedagogico può anche essere inteso in senso generale nella fase di sviluppo – la “conquista dello spazio”, nel caso del nostro sport, la “conquista del diamante”,  è riferita alla confidenza che un po’ alla volta egli riesce a stabilire tra il proprio corpo e il contesto fisico in cui si sta muovendo. La conoscenza dello spazio e la sua gestione sono grandi conquiste della vita di ognuno di noi ed è importante sin da subito insegnare ai bambini quanto siano ardue queste conquiste: non è forse difficile – Rickey Henderson a parte! – rubare le basi, fare il giro del diamante e tornare a casa? Non è forse questo ipotetico percorso circolare lo stesso infido sentiero che in bilico la vita ci guida a seguire?  

L’obiettivo supremo è la metacognizione, ovvero la cognizione che il soggetto ha del proprio corpo come mediatore tra la sua volontà e la realtà in cui si muove. La metacognizione non è propria del bambino piccolo, ma si forma progressivamente insieme all’esperienza e grazie alla possibilità di attivare strategie che ne consentono la pratica, in quanto il soggetto è tenuto a modificare o adattare la propria condotta sulla base delle proprie competenze, della propria abilità, dei propri limiti fisici, della capacità di ipotizzare le conseguenze della sua determinata azione e di modulare le reazioni nel modo più appropriato.

Per quanto invece riguarda gli specifici gesti tecnici del baseball, le meccaniche dei movimenti del lancio, della battuta, della ricezione ecc., Bozzato e Calzati illustrano mano a mano, con schemi visivi chiari e semplici, come le utilities (per usare un termine proprio del gergo del baseball) di cui beneficiano i giocatori possano in particolar modo lenire gli affetti da disprassia, ovvero la lenta neuro attivazione, l’avvio definibile come lentezza dell’incipit, che rende precaria la conseguente esecuzione di azioni specifiche.

Il baseball come pratica formativa è infine un testo tanto utile quanto illuminante, per l’impegno e la passione con cui è stato scritto e pensato, ed è una fonte che si prefigge il lodevole e laborioso obiettivo di stimolare e aiutare, anche strettamente nell’ambito personale, soggetti con disturbi e difficoltà psichiche e in definitiva renderli più liberi. Perché la libertà individuale altro non è che consapevolezza conquistata.  

Il baseball perché è una pratica formativa?

Perché forma l’atleta ma anche la persona, le sue capacità, la conoscenza dei propri limiti e come sfruttarli al meglio.

Perché inoltre è una pratica compensativa?

Perché compensa in sogno ciò che la vita ti illude di non poter fare. 

Tanto tempo fa, un grandissimo giocatore mi disse: “Ricordati sempre che chi gioca e ama il baseball è una persona a suo modo speciale”. Dopo aver letto questo libro il baseball vi sembrerà ancora più speciale.

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