Angelo Learco - Il Bar del Baseball

Altro

ANGELO NEARCO: AUTOREVOLE COL SORRISO

21 Feb , 2022  

di Serenella Mele

Fatta la doverosa premessa che questa intervista è stata regolarmente autorizzata da chi di dovere, poter rivolgere qualche domanda ad un arbitro come Angelo Nearco è come incontrare la diplomazia sportiva ed il fairplay anche al di fuori della terra rossa di un qualsiasi diamante.

Prima ancora di rispondere alle mie domande, ci tiene moltissimo a dire: “sono orgoglioso di essere stato premiato con il premio intitolato a Patrizia”.

Recentemente gli è stato assegnato il Premio “Patrizia Martini”, indimenticabile segretaria del CNA, premio assegnato all’arbitro che nella stagione si è dimostrato più disponibile alle esigenze del CNA . Un premio che onora la memoria di una donna e professionista straordinaria, rendendo denso di emozioni anche il simbolico riconoscimento a chi sul campo dirige le partite.

Mamma di Alghero e papà di Sorso (Sassari), appena sposati si trasferiscono a Gallarate (Varese) e lì nasce Angelo Nearco, che vivrà in Lombardia fino ai sedici anni.

Precedenti come atleta?

Mai giocato a softball né a baseball -confessa Angelo Nearco – dai 6 anni ho giocato a calcio, poi una mia cara amica nel 2006 mi chiese se volevo fare l’arbitro di baseball, la sfida m’intrigava così l’ho accettata. Il primo corso ad Alghero nel marzo 2006, ad ottobre 2006 il corso a Cervignano dove ho ottenuto l’abilitazione a dirigere la serie B baseball nazionale. Nel 2008 ho frequentato il corso di abilitazione alla serie A2 di softball, nel 2009 un altro corso con il quale ho avuto l’abilitazione per la direzione delle gare di serie A1 softball: ad oggi ho diretto più di 100 gare nella massima serie. Nel 2011 a Praga ho frequentato il corso dove ho conseguito l’abilitazione ad arbitro Internazionale. Ho arbitrato il mio primo europeo seniores nel 2017 a Bollate, con finale 3°-4° posto in prima base: l’Italia era in finale. Ma ogni esperienza all’estero ha un qualcosa di affascinante”.

Esiste l’arbitraggio perfetto?

No, esiste la ricerca e la costanza di non commettere errori. Il più delle volte ci si riesce, ma terminata ogni gara dentro di te continui a rivedere la partita che hai diretta, e ti dici “magari se mi avvicinavo di più in quella giocata la potevo vedere meglio”. Però l’importante è essere onesto con te stesso e con gli altri”.

Ti senti solo contro tutti in campo, quando magari dal pubblico -a volte anche dal campo?- piovono commenti/proteste poco educati?

No, in campo non mi sento solo, ho sempre il collega o la collega che lavora insieme a me. Nella maggior parte delle partite non ci sono commenti oltraggiosi o poco educati, quando accadono, raramente, si continua a fare il proprio lavoro senza farsi condizionare dalle parole dette. In campo non esistono parenti o amici: quando mia figlia aveva 10-11 anni mi è capitato di arbitrarla. Quando arrivava in campo correva ad abbracciarmi, la redarguivo e gli dicevo che in quel momento ero l’arbitro e non il padre e che doveva ascoltare quello che le diceva il manager”.

C’è qualcosa che rischia di farti perdere la pazienza mentre dirigi una gara?

Difficilmente perdo la pazienza, il mio lavoro in questo mi è stato molto utile (da quasi 30 anni sono un’Agente di Polizia Penitenziaria). Non sopporto la maleducazione e le urla, a tutti gli attori della partita chiedo di avere un comportamento educato e riguardoso”.

Una partita che hai arbitrato ed è stata un’enorme soddisfazione tecnica ed umana?

Dal punto di vista umano la partita che porto nel cuore è stata giocata qualche anno fa, nella categoria ragazzi: una squadra alle prime armi di Porto Torres affrontava le Tigri di Alghero, in quel campionato non avevano vinto nemmeno una partita né segnato un punto. Nell’ultima azione le Tigri commisero degli errori e il corridore che stava in base arrivò fino a casa. In seguito ad una giocata feci una cosa che non ho mai fatto nella mia carriera arbitrale, lo chiamai salvo anche se non lo era. La squadra perse 21-1, ma quei bambini festeggiarono quell’unico punto come se avessero vinto il campionato e la manager del Porto Torres mi corse incontro abbracciandomi piangendo. Mi ringraziò per quello che avevo fatto, tutt’oggi porto nel mio cuore quell’abbraccio”.

Un arbitro, è ambizioso: che partita vorresti arbitrare?

L’arbitro deve essere ambizioso per migliorarsi tutte le volte, non si finisce mai d’imparare. Il sogno è arbitrare una finale alle olimpiadi, irrealizzabile temo…ma un sogno che bisogna avere per continuare a crescere”.

Quali doti deve avere un arbitro ?

Deve essere una persona che sa ascoltare e deve essere giusta, per me è importante anche la forma fisica”.

In serie A1 softball, si dice di lui: “ha la capacità di saper gestire le situazioni di gioco, capire le giocatrici, i manager. E’ autorevole senza diventare arrogante, molto attento sia nella zona di strike che sulle basi. Ascolta e rispetta i manager, pur mantenendo la sua autorità di direttore ufficiale di gara. Mantiene il controllo del gioco senza farsi mai condizionare, questo fa si che anche per noi che giochiamo e siamo sotto tensione agonistica sia più facile mantenere i nervi saldi ed accettare le decisioni arbitrali. Diciamo un bravo protagonista”.

La partita più difficile che hai arbitrato?

Quando scendo in campo penso che tutte le partite siano difficili, seniores o giovanili. L’errore è sempre dietro l’angolo, non puoi mai abbassare la concentrazione”.

Una provocazione, conoscendo quanto sei integerrimo: da sardo, quanto è difficile arbitrare in Sardegna?

Non ho problemi ad arbitrare in Sardegna da sardo, sono accolto con amicizia e rispetto su ogni campo dove mi presento, quindi non lo ritengo difficile”.


(Fonte immagine di copertina: Tiziana Spina per Il Bar del Baseball)

(Immagine di copertina: Primo piano di Angelo Nearco)

, , , , ,