Racconti

Chicago

7 Apr , 2018  

di Giuseppe Carelli

Chicago racchiude una scheggia all’interno di una delle sue ampie spalle. Quella scheggia era già presente ancor prima che un elegante reporter, A.J.Liebling, con fermezza chiamò la città col nome di “Second City”. Purtroppo tale scheggia venne carbonizzata perchè la città visse la sua prima esperienza di vita col fuoco. Se Phoenix è la “Wrong City”, Chicago di certo è la “Right City”, poichè rinacque dalle sue proprie ceneri. Il fatto è che Chicago aveva già un nome, un nome che i nativi Seminoles gli avevano dato, Checagou, cipolla selvatica. Ogni città con un nome del genere dovrebbe essere amarognola più che delicata o dolce. Chicago lo è, come lo è la Chicago del baseball. In America si sa, una organizzazione di Major League all’interno di una città è come un fiore, robusto in eterno che cresce alimentato dalla diversità sociale, dai suoi attriti e dalla sua solidarietà. E’ modellato e definisce la sua città. Chicago possiede due fiori e sono proprio così, ma con una differenza. Ognuno di essi è cresciuto per sviluppare una diversa Chicago pur appartenendo alla stessa radice.

La storia della “Second City” iniziò con una calamità. Era l’8 Ottobre del 1871, Mr O’Leary, ubriaco o negligente, questo non lo sapremo mai, lasciò la lanterna accesa nel fienile mentre stava mungendo una mucca. Ad un tratto l’animale si agitò facendo cadere la lampada su una balla di fieno che prese fuoco. L’incendio si propagò per 36 ore e tutta Chicago, che al tempo era costruita in legno, crollò sotto le fiamme. Da quel momento la città divenne l’emblema di una energica rinascita che coinvolse tutti i cittadini. Dal grano al bestiame, dal bestiame al grezzo ferro, dal fuoco fino a quel senso di euforia e di desiderio di ricostruire la città. In uno scenario quasi apocalittico venne concepita l’idea di un passatempo nazionale, un gioco, un carosello di vita che meglio poteva identificare e dare un senso alla rinascita. Pioniere e interprete di questo progetto fu un giovane lanciatore il cui nome si diffonderà come polline al vento diventando il marchio di una delle più prestigiose linee sportive: A. G. Spalding. Spalding arrivò a Chicago al tempo in cui i confini della città non erano ben delineati, anzi non c’erano confini, vi era solo la frenesia di ricostruzione che contaminava le iniziali 500 anime. In breve, verso gli inizi del 900, sarebbero diventate 1.000.000.

Tutti erano in costante movimento tra le 1.300 miglia di binari che si intersecavano con le strade per collegare la North Side con la South Side. Il risultato fu una costante carneficina. Chicago incorpora il moderno dilemma americano. La tensione tra lo stoico individualismo e l’inveterata e tranquilla comunità. Ma la grande frattura della città era tra Nord e Sud, dove le numerose etnie, sempre in crescita, erano in continua ostilità e, appartenere ad una razza, significava essere dei vicini di casa molto scomodi e lontani. Si è detto che il baseball è Greco, perchè si basa sulla competizione fra città-stato. Chicago è diversa perchè rispecchia la rivalità tra Nord e Sud. L’astio che corre fra i Cubs e i White Sox è duraturo e talvolta feroce. Ma il luogo e la posizione delle due squadre ha garantito la lealtà e la correttezza tra i tifosi in quanto appartenenti allo stesso suolo sociale. Oh, Chicago!, con Michigan Avenue, il Miglio Magnifico, e i suoi appartamenti sulla “Gold Coast” che rappresentano una visione folgorante da togliere il fiato. Oh, Chicago!, dove il giorno più bello per gli innamorati è stato festeggiato con mitra e pallottole. Sweet Home Chicago, il brano del 1936 di Robert Jonhson, “super-coverizzato” dai più grandi bluesman quali John Lee Hooker, Eric Clapton, Muddy Waters, senza dimenticare l’interpretazione di J. Belushi e D. Aykroyd nel film “The Blues Brothers”. Oh, Chicago!, c’è tanto baseball, un’alternanza continua di gioie e dolori, una mescolanza tra il dramma di una sconfitta e l’estasi di una World Series.

Fu proprio nel 1932 a Chicago, al Wrigley field che Babe Ruth dichiarò il suo fuoricampo. Fu proprio al Comiskey Park che si materializzò la più grande infamia mai successa nel baseball. Nel 1919 i Sox barattarono le Series e 9 giocatori vennero espulsi a vita dal commissioner Landis. Anche la gloria del baseball di Chicago possiede un aspetto mortificante. I White Sox del 1906 vinsero la regular season con la media battuta più bassa di tutte le squadre (.230), meritando l’appellativo di “hitless wonder”, diventando in seguito, poderosi nelle finali. Contro quale squadra?; i Chicago Cubs, naturalmente. Giocatori dalla lunga carriera senza partecipare alle World Series dove si trovano?, a Chicago. Luke Appling 19 anni, Ernie Banks 20 anni e Ted Lyons con un record di 21 anni senza mai giocare una finale. Solo a Chicago i Cubs segnarono 5 punti all’11esimo e persero la partita. Infatti i Mets ne segnarono 6 nella parte alta della ripresa. Il 18 Giugno 1911 i Sox conducevano per 7 a 0 contro i Tigers. A metà partita per 13 a 1 per poi perdere 16 a 15. Quale squadra concesse 13 punti con 2 out?; i Sox del 1956. Chi perse la partita dopo aver segnato un record di 22 punti?; i Cubs. “Vincere è una vergogna”, era lo slogan per le strade di Chicago. Baseball è una dolce emozione ed è una bella esperienza in particolare se lo si osserva da uno stadio ben fatto. E Chicago li ha sempre avuti, ma anche qui, con una differenza. L’ex Comesky Park è idoneo per i lanciatori con il suo ampio prato esterno in grado di assorbire le volate più profonde. Mentre il Wrigley Field con la sua edera crescente al limite del fuoricampo, è più congeniale ai battitori nonostante l’alito del vento sia diretto verso casa base. Ogni azione, ogni battuta, ogni lancio è impresso nelle verdi foglie dell’edera che da quasi un secolo artigliano, stringono e avvolgono in un abbraccio di gelosia il Wrigley Field. Una perfetta scenografia per lo stadio dal fascino quasi tribale e soprannaturale. Solo al Wrigley Field si è consumato il mistero di due palline in gioco in una partita. Successe nel 1959 durante un confronto tra le squadre dei Cardinals e dei Cubs. Il lanciatore Bob Anderson di Chicago concesse la base per ball a Stan Musial. Il catcher si lamentò con l’arbitro affermando che Musial, sul conteggio di 3 ball e uno strike, aveva appena sbucciato la pallina con un “check-swing” provocando un foul ball. Nel frattempo la pallina rotolò dietro allontanandosi dal ricevitore. Musial se ne accorse e dalla prima base iniziò a correre verso la seconda base. Alvin Dark,(terza base di Chicago), si precipitò a raccogliere la pallina per assisterla all’interbase Ernie Banks che era andato a coprire la seconda base. Nell’attimo precedente, INSPIEGABILMENTE, l’arbitro consegnò una nuova pallina al lanciatore di Chicago, il quale cercò di eliminare Musial che si stava dirigendo in seconda base. Il tiro fu errato e la pallina finì all’esterno centro. A sua volta Musial, resosi conto della situazione, cercò di guadagnare la terza base, ma venne toccato out da Banks, che aveva ricevuto il tiro dal terza base Alvin Dark.

“Dammit!, ci sono 2 palline in campo!. Qual’è quella giusta?”. L’arbitro di base dichiarò Musial OUT, perchè venne toccato con la pallina originale di inizio partita. Il manager di St.Louis andò su tutte le furie, ma non successe nulla perchè alla fine i Cardinals vinsero per 4 a 1. La fama e la reputazione del Wrigley Field si è allargata a macchia d’olio come tutto il suo alone di misticismo e superstizione.  Solo al Wrigley Field si è potuto assistere all’unica e storica partita di 9 riprese senza una battuta valida. Era il 2 Maggio del 1917 allo stadio che al tempo si chiamava Weegham Park. James “Hippo” Vaughan, lanciatore dei Cubs, e Fred Toney, lanciatore dei Cincinnati Reds, si affrontarono in una partita concedendo zero valide agli opposti line-up di battuta. Dopo 9 riprese regolamentari il punteggio era stabile sullo 0 a 0. Gus Getz, (terza base dei Reds), si presentò alla battuta all’inizio della 10ima ripresa e venne eliminato al volo da Art Wilson, (catcher dei Cubs). Si presentò a battere Larry Kopf, che ottenne la prima valida dell’incontro. Seguì Greasy Neale che venne eliminato al volo da Cy Williams, (esterno centro dei Cubs). Con 2 out si presentò alla battuta Hal Chase che ottenne una facile volata in campo esterno, nella zona centro-destra.

I difensori, correndo verso la pallina, esitarono nell’effettuare l’eliminazione permettendo ai corridori di arrivare in terza e in seconda base. In battuta fu il turno di Jim Thorpe, famoso atleta Olimpionico plurimedagliato e anche giocatore di football, il quale realizzò una debole battuta in direzione del lanciatore che frettolosamente raccolse e tirò la pallina verso casa base per prevenire il punto. Thorpe era velocissimo, e non c’era nessuna possibilità di eliminarlo in prima base anche perchè la sua battuta produsse un ampio e alto rimbalzo della pallina. Tuttavia il corridore di terza base rinunciò all’idea di poter segnare il punto. Il ricevitore dei Cubs non si aspettava l’assistenza del proprio lanciatore e la pallina gli rimbalzò sulla pettorina rotolando lontano e permettendo al corridore di terza base di segnare il punto che risulterà vincente. Il lanciatore dei Reds vinse una partita lanciando una no-hit di 10 riprese. Il lanciatore dei Cubs perse il confronto anche se statisticamente non era stato responsabile del punto subito. Negli spogliatoi, “Hippo” Vaughan se la prese con il suo catcher e furono coinvolti in una violenta rissa che venne interrotta con l’ingresso del presidente della squadra, Charlie Weegham, che disse: “You’re a bunch of dumbasses!”, (siete un gruppo di asini). Al Wrigley Field ci sono i “Bleacher Bums” all’esterno sinistro, un club esclusivo dove i tifosi si presentano in canottiera, le ragazze in bikini e la birra scorre generosa come le acque del Mississippi, non solo per dissetare i tifosi, ma anche sulle teste dei giocatori avversari con particolare predilezione verso quelli dei Mets. La superstizione affligge anche i numeri al sempreverde Wrigley Field. 8-8-88, fu il giorno dove venne disputata la prima partita storica in notturna. Per tanti anni Chicago e i tifosi dei Cubs sono sempre stati contrari a disputare le partite sotto le luci al punto che negli anni 50, il proprietario della squadra consegnò un nuovo impianto-luci ad un team di minor league per mantenere la tradizione del Wrigley. Alla fine dovettero cedere alle continue richieste da parte della Lega di costruire un impianto luci. Ad ogni modo, il malumore dei tifosi generò un onda di negatività e quella partita venne sospesa dopo 3 riprese per…pioggia. Il Wrigley Field è sempre in crescita senza mai invecchiare, perchè la sconfitta possiede il dolce sapore della condivisione e della vicinanza, perchè la luna e le stelle svelano i loro poteri astrali, perchè l’abbraccio del North-Side e del South-Side è il forte legame di Chicago e del sole che si tuffa nel lago Michigan. Perchè la corsa sulle basi è l’antico tam-tam delle tribù indiane pronte al più alto sacrificio. Tanto ancora succederà nei campi di Chicago, perchè si è certi che il silenzio dopo l’attacco rafforza il cuore dell’avversario. I ballparks di Chicago sono meravigliosi nell’architettura. Sono gli antichi templi di divinità che rafforzano il contrasto tra il ferro e il cemento dei grattacieli ad un passo dalle stelle. Il jazz, il blues e la pizza, da sempre, sono gli stili del baseball…a Chicago.