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CHRIS COLABELLO: IL FUTURO E’ ANCORA COLORATO D’AZZURRO!

25 Dic , 2019  

Chris Colabello, uno dei migliori talenti degli ultimi trent’anni, si racconta al Bar del Baseball, tra nazionale, amarcord e progetti.

Allora Chris, qual è stato il momento più bello vissuto in Mlb?

Sicuramente i playoffs del 2015, con i Toronto Blue Jays, quando nel Divisional abbiamo battuto Texas per 3 a 2. Poi avremmo perso nel Pennant contro i futuri campioni dei Kansas City Royals … ma se ripenso alla serie che abbiamo vinto, al fuoricampo di Josè Bautista in gara 5 (andate a rivederlo su youtube) ho ancora i brividi … Quando in Mlb c’è quel tipo di pressione, e cresce l’intensità del gioco a livelli incredibili, è davvero super per un giocatore vivere quei momenti. È stato quello il momento più bello credo …

Quali sono gli incontri che ti hanno segnato di più?

Debbo dire che entrando in Mlb ho avuto modo di conoscere delle autentiche leggende, giocatori che ammiravo da piccolo e che per me avevano un’aurea magica, parlo di Rod Carew, Tony Oliva, Roberto Alomar, Carlos Delgado … tutta gente che si era già ritirata da molto ma che per chi come me ha sempre amato il baseball restano vivi, luminosi … dei campioni che rappresentano la mia stessa passione. Con questo non voglio screditare i grandi campioni che ho affrontato sul campo, come Miguel Cabrera o Mike Trout, ma non mi hanno fatto lo stesso effetto … Gli altri sono delle vere leggende e sono davvero felice di averli conosciuti.

Cosa ne pensi dell’elezione di Mike Piazza a manager della nazionale italiana?

Sarò dannatamente sincero: un nome come Mike Piazza, un Hall of Famer, un grandissimo campione, non può che fare solo del bene al nostro movimento. Lui è davvero un “nome”, con una grande carriera alle spalle, incute e deve incutere rispetto. Noi come Italia siamo fortunati ad avere uno come Mike Piazza che apprezza il paese e accetta questi incarichi e credo che in definitiva sia stata davvero una bella mossa.

Il prossimo “World Baseball Classic” si disputerà nel 2021. Prospettive azzurre?

Anche qui sarò direttissimo: spero davvero di partecipare ancora come giocatore! Ma prima dobbiamo superare questo difficile momento di transizione. Le qualificazioni olimpiche sono girate storte e se fossimo riusciti a battere Israele, ora saremmo qui a parlare diversamente. Ci siamo andati davvero vicini, eravamo sul 2 a 2 fino al settimo inning e prima che venissi colpito, un episodio spartiacque … Ma il baseball è così, basta una piccola cosa a cambiare volto alla partita, è assolutamente imprevedibile …

Sì, sono d’accordo, e sulla situazione in generale del baseball italiano cosa pensi …

Quello che mi preme davvero dire è che in Italia il talento non è mai stato il problema principale, c’è stato e ce ne sarà sempre, ma è difficile fare un reale bilancio della situazione generale – e parlo in termini di sviluppo – quando si gioca così poco. In Italia si gioca davvero troppo poco … e se si gioca poco viene meno il terreno fertile per lo sviluppo, per il miglioramento e dunque si abbassa la possibilità di competere a livello internazionale, di vincere come gruppo. Senza troppo girarci intorno la base è lo sviluppo giovanile. Ma ci sono difficoltà a qualsiasi livello e occorre uno deciso scatto in avanti … Il baseball in Italia deve ritrovare il suo vero amore. Posso dire senza rammarichi che noi abbiamo fatto un gran lavoro per tutto il movimento e se avessimo avuto a disposizione anche Alex Liddi e Robel Garcia in nazionale, magari sarebbe andata diversamente, ma questa non è certo una giustificazione, io parlo di basare una concreta prospettiva futura.

Oltre al sogno di poter giocare nel prossimo Classic, vedi ancora azzurro nel tuo futuro, anche in altre vesti?

Certo! Io potrei fare tutto, ci tengo molto al baseball italiano. Non posso escludere di diventare anche coach o manager, me lo sento nel sangue, me ne sono accorto già ai tempi dell’Accademia, mi piace scovare il talento negli altri, tirarlo fuori … Vedremo.

Ti abbiamo visto di recente a Roma, nel corso dell’European Baseball Coach Experience, dove presentavi il progetto di un software avanzato specifico per analizzare la battuta …

Sì, un progetto importante, cui tengo molto. Sono molto attento all’evoluzione del gioco, che è cambiato molto negli ultimi anni, specialmente in Mlb, dove la matematica sta prendendo il sopravvento. Intendo quei sistemi tecnici matematici che si usano per definire le abilità di un giocatore. L’aiuto della tecnologia nel progresso del gioco è inevitabile, ma io ritengo che non bisogna abusarne, che il talento, le caratteristiche di un determinato giocatore, debbano essere giudicare un po’ meglio e con questo voglio dire giudicate concretamente, sul campo, non solo col cieco aiuto di numeri e sofisticate tecnologie.

A proposito di nuove tecnologie, sei favorevole alla proposta di inserire – per ora solo a livello Mlb – un rilevatore di strike elettronico?

(Ride) … Beh, è una domanda complicata da rivolgere a un giocatore … A seconda della chiamata dell’arbitro di casa base ci sono reazioni diverse e non sempre la chiamata sbagliata è dannosa per il lanciatore o per il battitore. Voglio dire che anche il margine di errore permette a volte di equilibrare l’arbitrato. Bisogna capire che la zona di strike non è scientificamente definita, non è come la linea di porta in una partita di calcio e dunque si presta a “interpretazione” visiva, e questa valutazione non dimentichiamo che va fatta in tempi velocissimi. Nel corso del tempo ci sono state tante interpretazioni, alcune davvero fantasiose, curiose. Una volta in Mlb si diceva che se Barry Bonds non girava la mazza voleva dire che il lancio era un “ball”. Questo fa parte della “poetica” del baseball, ma scherzi a parte, quello di eliminare l’arbitro di casa base sarebbe un passo decisivo, in un verso o in un altro.

Come giudichi questa prima edizione dell’European Baseball Coach Experience?

Davvero una bellissima idea e spero che altra gente venga coinvolta nelle future edizioni. Queste sono quelle rare occasioni che fanno da stimolo a tutto il Movimento, delle occasioni dove si mettono da parte gli ego personali e dove emerge la volontà collettiva di fare, di migliorarsi, di proporre … Bisogna allargare il business del baseball, su più fronti …

Un sogno da rincorrere?

Guarda, il mio grande sogno era quello di giocare in Major League e ci sono riuscito. Ogni livello raggiunto porta a nuovi sogni, nuovi obiettivi … una volta arrivati in Mlb vorresti giocare l’All-Star Game, e poi le World Series e così via … Per quanto mi riguarda, come ho già detto, vorrei tanto giocare il Classic con la maglia azzurra, con orgoglio, ma anche con tranquillità, perché non ho più quello stress frenetico che si ha quando si comincia a giocare, quella smania di dover fare, di dover dimostrare qualcosa … Mi piacerebbe aiutare gli altri, questo sì, vedere più italiani frequentare il college in America, ottenere borse di studio, e perché no, arrivare in Major League, magari attraversare tanti problemi ma alla fine far prevalere il proprio talento. Se dovessi dare un consiglio supremo ai ragazzi sarebbe quello di non mollare mai. Babe Ruth diceva: “è difficile sconfiggere chi non si ferma mai!”

Ignazio Gori

 

(nella foto in copertina C. C. alle ultime qualificazioni olimpiche; nella foto di chiusura C. C. intervistato da Gianluca Marcoccio durante la conferenza stampa di presentazione dell’European Baseball Coach Experience; entrambe le foto sono di Vincenzo Diana)