Rey Vicente Anglada

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Due interviste a la “Ciudad Deportiva”: Ray Vicente Anglada e Rolando Verde

10 Mag , 2022  

(L’Avana, Aprile 2022)

 

di Ignazio Gori

 

Rey Vicente Anglada

 

Rey Vicente Anglada

(immagine da www.oncubatravel.com) 

 

Identikit. Nato a L’Avana nel 1955. Seconda base. Ha giocato con tre diverse squadre della capitale: gli Industriales, gli Agricultores e La Habana, disputando dieci Serie Nacional, dal 1972 al 1982. Con all’attivo 40 fuoricampo totali detiene tuttora il record nel campionato cubano di due fuoricampo consecutivi (sic!) nello stesso inning (12 Aprile 1980, contro Matanzas).  In carriera ha collezionato 197 basi rubate, risultando tra i migliori all-time di questa categoria. Con la Nazionale ha disputato i Mondiali del 1976 e 1978 – in entrambi medaglia d’Oro – i Giochi Caraibici del 1978 e i Giochi Panamericani del 1979, risultando in queste due ultime manifestazioni il miglior seconda base. Come manager degli Industriales ha vinto tre Serie Nacional, nel 2003, 2004 e 2006. Ha inoltre allenato la Nazionale cubana dal 2006 al 2008, vincendo l’Oro ai Giochi Caraibici del 2006, l’argento ai Mondiali del 2007 e ancora l’Oro ai Giochi Panamericani del 2007.    

 

Signor Anglada, una domanda semplice semplice: cos’è il baseball per lei?

RVA. Il baseball è tutta la mia vita. Me ne sono innamorato da piccolo e ho iniziato subito a praticarlo. Posso dire che a parte la mia famiglia, il baseball per me è tutto, nel senso che mi ha dato tutto. 

 

Chi era il suo idolo da piccolo?

RVA. Era un grande seconda base, nato a Matanzas e che ha giocato anche molto in Nazionale: Felix Isasi (foto seguente).

 

Felix Isasi

(immagine da www.cubadebate.cu) 

 

Quando e dove ha iniziato a giocare?

RVA. Ho iniziato a giocare nel mio quartiere, il Cerro, molto vicino allo stadio Latinoamericano. Sono nato qui e qui ho iniziato a giocare, iniziando a frequentare una scuola di iniziazione sportiva, dove si poteva contemporaneamente studiare e praticare sport. 

 

Da allenatore cosa ha raccomandato maggiormente ai suoi ragazzi? 

RVA. Mi piace molto allenare, trasmettendo la giusta mentalità. Ho sempre raccomandato di entrare sul diamante con l’intenzione principale di divertirsi, perché hermano, se non ti diverti non puoi vincere!

 

Vista la sua carriera, crede che un grande giocatore, un campione sul campo, possa anche esserlo come manager?

RVA. Sì, ma di rado. Non sempre infatti succede. Però chi è stato un buon giocatore e ha maturato molta esperienza può sicuramente insegnare molto di più ai suoi giocatori, rispetto a chi non lo è stato o addirittura non ha giocato affatto a livello professionale. 

 

Qual è il ricordo più bello della sua carriera?

RVA. Tutte le vittorie sono belle! (Ride) Ricordo con grande gioia tutte le nostre vittorie con la Nazionale ai Giochi Caraibici o Panamericani e ancor più ai Mondiali! Poi ho particolarmente a cuore le Serie Nacional vinte con gli Industriales: tre come manager e due come giocatore. 

 

Qual è stata la squadra più forte di cui ha fatto parte?

RVA. Tutte le selezioni nazionali in cui ho giocato. Eravamo sostanzialmente i più forti di tutti, poche parole da dire. Forse la squadra migliore, la più tremenda, è stata quella del 1978, quando giocammo i Giochi Caraibici a Medellin, in Colombia. Non solo ovviamente vincemmo l’Oro, ma battemmo una serie di record che tuttora resistono, come quello di 31 punti segnati in una sola partita!

 

E quale invece, signor Anglada, la sconfitta che più le brucia?

RVA. Ce ne sono state diverse … Una sconfitta che mi ha particolarmente rattristato, come manager, è stata quella recente ai Giochi Panamericani di Lima, nel 2019 (Oro al Portorico, Argento al Canada, Bronzo al Nicaragua. Nella classifica All-time di questo torneo Cuba comanda con dodici vittorie, seguita dal Canada con due e con un solo successo il Porto Rico, gli Stati Uniti, il Venezuela e la Rep. Dominicana).  Bruciante la sconfitta contro la Rep. Dominicana 8-9, nella finalina per il quinto posto. Cuba non è abituata a certi risultati.

 

Lasciamo per un attimo da parte il baseball. Tra tutti i suoi incontri culturali, chi ricorda con maggior gioia?

RVA. È facile rispondere, essendo io un appassionato di musica, in particolar modo la musica cubana. Mi piace molto Bola de Nieve e mi dispiace non averlo potuto conoscere, essendo lui di un’altra generazione. Mi piace molto “El Lele”, che ho conosciuto di persona, il cantante dei Los Van Van, una delle migliori orchestre di salsa e musica popolare degli ultimi cinquant’anni qui a Cuba. Miguel Ángel Rasalp, detto “El Lele”, è una leggenda della musica havanera, io l’ho sempre seguito visto che siamo nati nello stesso quartiere (https://www.youtube.com/watch?v=qYE0lTYuRP4). Ora non c’è più (è morto nel 2016) ma è stato un grande amico. Però mi piace tutta la musica, persino la musica leggera italiana, quando infatti venne a cantare qui Laura Pausini ho portato mia moglie ad ascoltarla. Oltre alla musica sono sempre stato vicino al mondo culturale, Cuba è ricca di cultura e i giovani spesso non lo sanno. 

Ignazio Gori e Rey Vicente Anglada

(Con Rey Vicente Anglada. 

Archivio personale di Ignazio Gori)

 


Rolando Verde

 

Rolando Verde

(immagine da www.playoffmagazine.com)

 

Identikit. Nato nel 1962 nella provincia de L’Avana. Interbase, terza base e raramente prima base. Ha giocato con gli Industriales, con La Habana e con i Metropolitanos. Le sue statistiche complessive in 16 Serie Nacional disputate parlano di una rimarchevole media battuta di 304., con 1513 valide, 618 RBI, 62 fuoricampo e 120 basi rubate. È stato il miglior esordiente nel 1981 con gli Industriales e campione nazionale con La Habana nel 1984. Convocato molte volte in Nazionale, dove ha difeso la terza base e l’interbase.

 

Signor Verde, come ha iniziato a giocare a baseball?

RV. Ho iniziato a giocare molto presto perché a casa mia tutti seguivano il baseball. Come i ragazzini italiani iniziano a tirare calci a un pallone, così qui si inizia da piccoli col baseball. Ricordo che quando avevo tre anni, mia mamma per il mio compleanno mi regalò un guanto e iniziai a sentire forte la passione per questo sport. Poi, a undici anni iniziai con la teoria vera e proprio.

 

Ti piace più giocare o allenare?

RV. Io ho fatto il giocatore per molto tempo, sedici anni e poi ho iniziato ad allenare. Sono due fasi ben distinte della mia vita e carriera ma mi piacciono entrambe. Come allenatore devo dire che ho avuto e tuttora ho ottime soddisfazioni. 

 

A proposito di insegnare il baseball. Quale secondo lei l’aspetto più difficile da trasmettere ai giovani?

RV. Prima di tutto va detto che ogni aspetto del gioco ha il suo grado di apprendimento. L’allenatore deve procedere passo dopo passo, senza accelerare troppo. E questo vale per ogni categoria. La base ovviamente sono i fondamentali e come ci si muove sul campo a reazione delle varie circostanze di gioco; la squadra per me si deve muovere all’unisono, come un corpo di ballo, precisa e preparata. 

 

Spieghi meglio …

RV. Voglio dire il concetto pensiero-reazione. Il bravo giocatore prima deve saper pensare e poi agire. Con l’esperienza (e gli errori, che nel baseball sono categoria a parte) si impara a farlo “emozionalmente”. Il discorso sulla strategia di squadra viene dopo, molto dopo. Tutti sanno che il fondamentale più difficile è la battuta, ma non solo nel baseball, la battuta è uno dei gesti sportivi più difficili da compiere compresi tutti gli altri sport. Altra cosa importante è il sacrificio al servizio della squadra, perché si può essere dei campioni ma se non si è capaci di interiorizzare ciò che ti dice il tuo allenatore resti una pedina inutile. A volte il baseball e lo sport richiede il sacrificio anche nella vita privata, nei confronti degli amici, dell’amore, della famiglia… io lo dico sempre ai miei ragazzi.

 

C’è un momento della sua carriera sportiva che ricorda con particolare affetto?

RV. Certamente, è stato il primo anno come professionista, quando sono stato eletto Esordiente dell’anno. Stabilii un record di media battuta di .360, che per un rookie ha resistito per ben trentacinque anni! Questo record è stato battuto da un ragazzo di Las Tunas, Rubèn Paz, il quale però non ha vinto il premio di Esordiente dell’anno. 

Poi, sicuramente, un’altra grande emozione per me è stata la mia prima convocazione in Nazionale. Era la Coppa del Mondo del 1984, qui a L’Avana. Vincemmo l’Oro. Un bel ricordo lo conservo anche della Coppa Intercontinentale del 1985, giocata a Edmonton, in Canadà, dove affrontammo anche l’Italia, che era una bella squadra, con Ruggero Bagialemani, Paolo Ceccaroli, Roberto Bianchi, Beppe Carelli, Leonardo Schianchi … fu dura batterli. Diventai amico di alcuni di loro, una amicizia durata negli anni. Anche ad Edmonton vincemmo l’Oro, ma la semifinale con Taiwan e la finale con la Korea furono durissime.

 

Una domanda che rivolgo sempre, per rivolgere lo sguardo anche al passato e far scoprire cose nuove ai giovani: chi è stato il suo idolo incontrastato?

RV. Ah, che bella domanda hermano! Lo dico molto volentieri, il mio idolo della vita è stato Armando Capirò (foto seguente). Uno dei più grandi giocatori cubani di tutti i tempi, tenendo ovviamente separati i periodi. Cristobal Torriente, Martin Dihigo o Antonio Munoz … sono stati tutti eccelsi, ma tutti di epoche diverse. Ma io voglio sottolineare che Capirò, al massimo del suo splendore, è stato semplicemente incomparabile.  

 

Armando Capirò

(immagine da: www.cubadebate.cu) 

 

Come ritiene il livello del baseball cubano odierno rispetto alla sua generazione?

RV. C’è molto talento, molta qualità … ma nonostante ci siano dei grandi giocatori in MLB, non possiamo paragonare questi ultimi vent’anni agli anni ’70 e soprattutto gli ’80; quella generazione è stata di un altro livello, troppo forti. I nostri migliori giocatori devono formarsi qui e siamo sempre in cerca, noi allenatori, di forme di allenamento più efficaci, al passo col baseball mondiale, perché qui a Cuba di talento ce n’è tantissimo ma occorre essere “plasmato”. È sempre stato questo il segreto del nostro gioco. 

 

Lei ha partecipato anche al film “En tres y dos”? Un vero manifesto della passione dei cubani per questo sport … 

RV. Certamente! Nel 1985. La mia è stata una piccola partecipazione ma la ricordo con grande affetto e orgoglio. Rolando Diaz ha firmato un gran bel film, nonché un sincero tributo a tutta la pelota cubana. Invito tutti i giovani che non l’abbiano ancora visto a farlo (per vedere il film completo: https://www.youtube.com/watch?v=7ZJNiN_ND1k).

 

Il film di Diaz si apre con questa citazione emblematica: Los hombres se miden por su capacidad de ilusiòn”. Gli uomini si misurano per la loro capacita di illusione … o di sognare che a dir si voglia. Il che la dice tutta sul margine di sogno che il baseball offre al popolo cubano: quasi una forma di speranza. 

A proposito di questo, signor Verde, lei nutre ancora un grande sogno nel baseball?

RV. È un sogno molto semplice: spero con la mia esperienza, quella di Rey (Vicente Anglada), e quella di tutti gli altri allenatori cubani, di poter contribuire per il prossimo futuro a formare nuovi grandi giocatori che possano tener alta la bandiera di Cuba nel mondo! 

Ignazio Gori con Rolando Verde

(Con Rolando Verde.

Archivio personale di Ignazio Gori)

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