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LA STELLA

8 Mar , 2021  

di Fulvio Vecchiarelli

C’è un’aria strana a Nettuno.  

E non mi riferisco alla famosa “aria di mare” e men che meno parlo di miasmi maleodoranti. Probabilmente è vero che nell’aria ci sia un virus (non parlo di pandemia ovviamente), ma di virus autoctono che ha evidentemente modificato il dna di un’intera cittadina già da 70 anni a questa parte: il Baseball.  

Forse sarà perché vivo a Nettuno da sempre, ma qui tutto mi ricorda il baseball. Si è vero, le rotatorie che sembrano enormi palline adagiate al centro degli incroci sono rotonde anche in altre città, ma qui hanno un fascino particolare, come un fascino particolare lo ha il firmamento: immaginate infatti di vivere una città che porta il nome di un pianeta del sistema solare in cui letteralmente piovono diamanti, e la squadra locale di Baseball che sul petto ha stampato una stella.  

E quella stella è l’orgoglio di ogni Nettunese che si rispetti, di ogni tifoso di quel grande Nettuno Baseball che tanto lustro ha dato alla città e che tante memorabili battaglie, vittorie e sconfitte, hanno indelebilmente segnato il cuore e molte volte il fisico dei tifosi assiepati sugli spalti del diamante Nettunese.  

Certamente in tutti gli sport si vince e si perde, ed in tutti gli sport ci sono tifosi che gioiscono o “periscono” affranti per le disfatte sportive. Ma a Nettuno, il legame è totalmente diverso: è unico, è viscerale, è materno. A Nettuno diventi tifoso di calcio ma prima ancora nasci tifoso di baseball. Quella stella poi, quella stella ha segnato un’epoca: ha consegnato una città alla Storia, proiettando “nove uomini d’oro” direttamente nella leggenda. Difatti nel 1971 il Nettuno conquistava il 10° scudetto tricolore: “Nettuno Capitale del baseball italiano” – “II trionfo di una squadra-città” titolavano i giornali anche a tiratura nazionale. “Cinque anni d’attesa, poi, allo scadere del sesto, il “magnifico dieci”! Il Nettuno conquista il suo decimo scudetto, entrando nella leggenda… Si sentiva che il titolo sarebbe tornato alle sue origini, a quella Nettuno che da ventiquattro anni ormai, è diventata “tradizione” dopo essere stata la culla del baseball in Italia…”. 

Queste le parole di un Alberto Manetti che sintetizzarono l’impresa magnificandola. Ebbene 10 titoli vinti in un epoca di pionieri del battiecorri italiano; la prima città, che città non era, ad aver raggiunto un traguardo simile in meno di 20 anni di partecipazione al massimo campionato. Praticamente uno scudetto ogni 2 stagioni, anche se a noi piace ricordarli esattamente nell’ordine di vittoria: 51, 52, 53, 54, 56, 57, 63, 64, 65, 71, passando per il “torneo d’oro” del 58, vinto da primi assoluti ed imbattuti perché esclusi dalla competizione nazionale per lasciar vincere altri. No, davvero. A noi piace ricordarli nella progressione, perché ogni pausa tra le serie vinte, ha segnato un preciso momento di crescita del baseball a Nettuno.  Nel giugno del ’72, a Nettuno, ci furono i festeggiamenti ufficiali per la consegna della “Stella d’Oro”. Ricordando la cerimonia Horace Mac Garity, primo allenatore del Nettuno Bc ed invitato d’onore, giunto appositamente dagli Stati Uniti, scrisse: “…La sera del 29 giugno, stavo seduto a fianco del Principe Borghese e guardavo emozionato e commosso la sfilata, la folla era strabocchevole. La banda passò davanti al palco e il principe mi guardò, mi sorrise e mi disse: “Mac, guarda tutta la confusione che hai causato…”. Non scorderò mai questa frase e nemmeno il grande principe; non scorderò mai Nettuno e mai, mai i “miei ragazzi”. 

Proprio quella festa per la Stella ha legato indissolubilmente quello sport e la città, e soprattutto ha in qualche modo cementato quella parte di storia aiutandoci, anche se fino ad un certo punto, ad assorbire le sconfitte degli anni successivi, che ci hanno visti protagonisti di un lungo digiuno di vittorie. 

Certo, nel mezzo c’è stato un altro scudetto del 73, probabilmente arrivato proprio per il ritrovato entusiasmo cittadino per i festeggiamenti dell’anno precedente ed il riconoscimento al pari di uno scudetto del torneo del 58, ma ovviamente il desiderio era di vincere sul campo, di nuovo. E quasi a ripagare la fiducia di quei leggendari campioni, intere generazioni sono venute su intorno a questo sport, con la stessa passione, con la stessa volontà, con lo stesso entusiasmo, giocando sempre nella maniera migliore. 

Perché se da una parte la partecipazione al massimo campionato italiano non ci sorrideva, il nostro vivaio nel frattempo ci regalava soddisfazioni a ripetizione. Per tornare a sorridere avremmo dovuto aspettare la venuta di una stella del calibro di Bob Galasso e della crescita esponenziale dei gioielli del nostro mai domo vivaio. Da quel gruppo di ragazzini il Nettuno trovò altre nidiate fantastiche con cui ha portato il proprio bottino a quota 18 ed oggi guarda dall’alto le altre compagini italiane che stanno però assottigliando le distanze. Ma poco importa, perchè avere quella stella cucita sul petto, significa avere un segno distintivo, ed istintivo, di una comunità interamente votata al baseball. Parliamoci chiaro, è proprio quella stella che rende orgoglioso ogni tifoso del Nettuno Baseball, il tifoso che su ogni diamante italiano può esclamare: “so de Nettuno, compà. Co no guanto e no bastone famo li bozzi a chi ce viè a sfidà”.  

A riprova di tutto questo, della passione viscerale dei nettunesi per questo sport, le parole del compianto Gianni Falchi rendono la giusta dimensione di cosa vuole dire il baseball da queste parti: “…Nettuno ha tutta l’aria di voler conservare a lungo il privilegio di rimanere la culla del nostro baseball… e difficilmente tramonterà a Nettuno il sole che illumina attualmente il mondo del baseball nazionale…” 

A Nettuno, ripeto, tutto rimanda al baseball.

 

(Fonte immagini: Archivio de “Il Bar del Baseball”

(Nelle immagini: copie del programma dei festeggiamenti dell “notte della stella”, tenutisi a Nettuno, il 29 giugno 1972, in occasione della conquista del decimo scudetto di Campioni d’italia)

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