Altro

Lucio Silvetti: con i bambini viene prima il divertimento, poi le regole.

5 Giu , 2018  

di Cristina Pivirotto

Avevo diligentemente preparato una serie di domande da rivolgere a Lucio Silvetti, consigliere federale, ma dopo pochissime frasi scambiate con lui, ho deciso di rinunciare.

L’intervista è diventata una gradevole chiacchierata sul baseball, sulla Sardegna, sul passato e sul futuro, il tutto infarcito da note di storia cagliaritana, di similitudini e sinonimie che, di comune accordo, abbiamo poi deciso di non raccontare, perché troppo colorite per comparire in un’intervista. Abbiamo riso e sorriso e, alla fine, ricordo soprattutto il piacere di aver scambiato idee con una persona fortemente positiva.

Ponemila un’idea in sa manu, in su coro*

(Mettimi un’idea nella mano, nel cuore)

Così abbiamo parlato della festa di fine corso del programma di promozione scolastica. 18 classi e una bella prospettiva per ampliare il numero degli iscritti.

Abbiamo giocato in un campo di calcetto costruito sul terrapieno, sotto il castello di Cagliari, l’antica città. Una location veramente molto bella.

In realtà quello che insegniamo è un gioco propedeutico al baseball, con mazze di spugna e palline di gommapiuma, tutto materiale che evita incidenti.

Qui a Cagliari abbiamo iniziato a fare attività nelle scuole grazie all’insegnamento di un tecnico cubano specializzato, che ci insegnò come proporci ai bambini delle classi elementari, si parla del 1996, quindi siamo stati tra quelli all’avanguardia. Sui dépliant della Federazione, di anni passati, ci sono foto dei nostri giochi conclusivi di quelle prime attività. All’epoca quel progetto si chiamava “La gioia sportiva”. Ho fotografie del primo torneo “La gioia sportiva”, giocato in un campo sterrato con circa 250 bambini.

Oggi sono circa 350 ragazzini, di tutte le classi elementari, dalla prima alla quinta. Si è visto, nel tempo, che è bene portare l’agonismo il più tardi possibile, per non esasperare la competitività che già è naturalmente sviluppata nei bambini. Se la intensifichiamo, può diventare una delle motivazioni di perdita di atleti in età scolare. Così è tutto basato sul gioco libero, lasciamo che i bambini facciano tutto quello che vogliono, colpire la palla anche con la punta della mazza e correre come viene, l’importante è che si divertano. Questo affeziona i bambini al tipo di gioco.”

Si sarà fatto un’immagine generale riguardo al rapporto baseball-scuola?

E’ basato sull’iniziativa individuale. Possiamo raccontarci tante storie, ma questa è la verità.

Noi ci lamentiamo che non ci sono spettatori alle partite, che non ci sono atleti italiani, però alla fine il problema è che non coltiviamo la base. Tutti ne parlano, ma poi chi lo fa? Solo chi ha voglia di farlo, chi ci crede veramente. Io sono uno di quelli e, quindi, ho apprezzato l’iniziativa della società Metropolitan Softball Club che va nelle scuole, gratuitamente, cioè nel senso che alla scuola non costa nulla, tutto quello che ha un costo viene sostenuto dalla società. Non c’è un’attività di questo tipo, strutturata e sovvenzionata. Io mi batto all’interno del Consiglio federale e, devo dire, che c’è sensibilità su questo argomento e sono allo studio diversi progetti. L’attività fondamentale è quella che deriva dal lavoro dei “piccoli”. Il pubblico è formato in gran parte dai bambini e dai loro genitori, e se loro non vanno più allo stadio rimane ben poco. Se non avremo più giovani atleti dovremo riempire gli ambiti vuoti con gli stranieri.

Inevitabilmente gira tutto intorno ai soldi, ma penso che quando lo sport gira anche intorno alla passione ti dà più soddisfazione. C’è una necessità che si estrinseca con il bisogno di giocatori e di rappresentatività della Nazionale, della partecipazione alle Olimpiadi, perché tutto poi si trasforma in finanziamenti, in soldi. Questa esigenza dominante e impellente limita l’attenzione sui settori giovanili, nel lungo periodo. Se mancheranno atleti di livello, dopo non ci potremo lamentare.”

Parliamo del fatto che, dalla Sardegna, arrivano ottime notizie di successi nello sviluppo del vivaio, con qualche nome che già comincia a farsi notare. Allora parliamo dei tecnici sardi.

C’è sempre da lavorare sui tecnici, c’è sempre da migliorare. Quello che si vede oggi è il risultato di un investimento cominciato nel 1996, fatto sui tecnici di un certo livello. Altri investono sui giocatori, qui con quei (pochi) soldi che ci sono, abbiamo fatto venire, nel tempo, tecnici cubani, che ci garantissero la loro capacità di insegnamento nel settore giovanile. I tecnici locali si sono appassionati e hanno cercato una crescita e i risultati adesso si vedono. C’è una buona qualità che sta ancora migliorando, che cresce.”

Abbiamo parlato della bella presentazione, all’inizio della primavera, della Sicilia che può e vuole tornare alla ribalta del baseball italiano. Così ho chiesto del suo pensiero riguardo ad una rinascita del Sud Italia del baseball.

Oltre alla Sicilia che va alla grande, ci sono altre zone nel sud che, secondo me, hanno delle potenzialità pazzesche: una è quella di Caserta, quindi Napoli e la Campania tutta.

Ci si sta muovendo, sempre grazie all’iniziativa di singoli, seguiti con attenzione dalla Federazione. Bisogna trovare una formula che sostenga e che spinga quel baseball e non è facile. Dobbiamo saper scegliere l’interlocutore da sostenere e lo studio va fatto localmente e capillarmente, solo così può dare frutto. Bisogna sostenere la piantina, irrigarla, proteggerla dal vento, permettere di far crescere le radici e i frutti. Quando la piantina sarà cresciuta potremo lasciarla andare per conto proprio.

C’è un divario troppo grande tra le regioni del nord e quelle del sud e fino a quando non riusciremo a diminuire quel divario non si potrà neppure parlare di uno sport nazionale. Ecco che la realtà di ogni regione va studiata aiutati dalle società locali.

Spero che l’appuntamento con questo progetto possa tornare anche nel futuro.

Certamente. I bambini hanno gradito il baseball e siamo sicuri che chiederanno di ripetere l’esperienza. La libertà, la naturalezza, la confusione crea divertimento e felicità. Prima dobbiamo “contagiarli” con l’amore per il gioco e poi dare le prime regole.

Puru si non as a ottènner bantos, proa a dare un azudu*

(anche se non otterrai alcun riconoscimento, prova a dare un aiuto)

(Cit.* testi canzoni “Tazenda”)