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Mercuri: “Mi sento migliorato, Parma una piazza che ho sempre ammirato”

12 Gen , 2019  

di Emanuele Tinari

Finora è il colpo AFI del campionato. Una trattativa quella tra Mercuri e Parma nata e terminata nel giro di poco tempo come ci conferma l’interno nettunese.

“C’era in ballo una trattativa con un’altra squadra (Bologna ndr), poi all’improvviso è nato un contatto con il Parma, la mia forse è stata anche una scelta impulsiva ma volevo qualcosa di sicuro, era il primo anno che mi trovavo senza una squadra e Parma è una piazza che mi è sempre piaciuta dove ritrovo molti amici in un ambiente tra i più belli con uno dei pubblici più appassionati d’Italia. L’anno scorso ad inizio stagione non la davo in finale poi quando l’ho visti in campo non mi sono stupito del risultato finale. Si vedeva la loro professionalità, la cura del dettaglio, hanno fatto qualcosa d’importante meritando il secondo posto. Per quanto riguarda il mio ruolo non ho ancora parlato con Poma. Nel 2018 ho dimostrato le mie qualità nel ruolo da interbase, penso di avere i miei spazi ma per la posizione in campo rispetto sempre le scelte del manager. Sta a me dare tutto e far vedere le mie qualità”.

Parlando di manager Mercuri nella sua carriera nettunese ne ha avuti tre di gran livello, veri santoni del baseball nettunese ed italiano.

“Ogni allenatore mi ha dato qualcosa di suo. Ruggero è stato il primo a darmi fiducia. Mi ha lanciato a 16 anni con qualche presenza, mentre a 17 ho fatto 100 turni in un Nettuno fortissimo con un interbase del livello di Bergolla. Ora forse c’è qualche spazio in più per emergere, prima non era così facile. Lui ha creduto in me, io sono stato a bravo a metterci del mio a sfruttare le occasioni date, però dal nulla o quasi visto che ero un ragazzino ho sentito tanta fiducia e per questo tra noi c’è molta stima e un rapporto particolare. Alberto è stato il primo a darmi spazio come interbase titolare in Ibl. Ha sempre creduto in me in quel ruolo, gli va dato atto per il coraggio avuto in una scelta del genere. Di solito i dirigenti puntano su esterno centro, interbase e ricevitore straniero, lui mi ha voluto in quel ruolo e dato tanto anche dal punto di vista tecnico. Essere l’interbase titolare del Nettuno era il mio sogno e con lui l’ho esaudito. Per quanto riguarda Guglielmo invece è un discorso diverso. Andavo alle medie con Mario, suo figlio, e per me è stato un secondo padre. Al di là de fattore tecnico mi ha sempre aiutato in tutta la crescita, è stato il mio manager nella nazionale Cadetti e anche se in ambito Seniores l’ho avuto quando ero un giocatore più formato è stato fondamentale fin dalle giovanili per farmi capire com’era il baseball dei grandi. Non vorrei inoltre dimenticare lo staff dell’Accademia di Tirrenia, gente come Pedro Jova, Bill Holmberg e Daniele Santolupo sono stati importanti per il mio sviluppo”.

Per Mattia sarà la prima esperienza in massima serie lontano da Nettuno. Una scelta vagliata bene che il ragazzo avrebbe voluto fare anche alla luce dei fatti degli ultimi anni nella cittadina tirrenica.

“Quello che c’è ora in A1 non è il mio Nettuno. Già l’anno scorso contro il City c’era quall’adrenalina in più per fatti passati. L’andare via da casa è un’idea che mi ha sempre accarezzato, a 16 anni ero solo in Accademia, poi sono andato oltre oceano durante l’esperienza nelle Minor con i Braves, e sento come se avessi lasciato qualcosa d’incompleto e che mi sarebbe sempre piaciuto fare. Forse se il progetto Nettuno BC 1945 non fosse stato interrotto sarei rimasto qui, ma non è sicuro. Andare fuori Nettuno serve alla mia crescita personale da uomo, non è solo un’esperienza per il baseball, ma proprio di vita”.

Il 2019 sarà un anno importante anche per la nazionale. Europeo e soprattutto qualificazione olimpica sono gli obiettivi dell’anno per Mercuri.

“Sicuramente è un anno di crescita, ho più esperienza sia personale che con la nazionale. Non sta a me dare giudizi sul mio gioco, preferisco lo diano gli altri, ma mi sento un giocatore migliorato. Sono cresciuto tanto sia in attacco che in difesa, ma è soprattutto in quest’ultima che ho investito tante energie. Sono passato dai 13 errori del 2017 ai 3 del 2018, era un aspetto del gioco in cui volevo crescere, ho lavorato tantissimo ed i risultati mi hanno dato ragione ma ovviamente non mi devo fermare. Dispiace non ci sia più il Guanto d’Oro proprio quest’anno che l’avrei vinto. Io e il mio nuovo compagno di squadra Mirabal abbiamo commesso solamente 3 errori in regular season, ma io avendo un numero maggiore di assistenza ho una media difesa migliore e sarebbe andato a me. Lasciando stare questo, non devo farmi frenare dalla pressione con la maglia azzurra. Da piccolo alle prime esperienze con Mazzieri ero più sfrontato, non avevo tante possibilità e quando entravo ero più rilassato davo tutte con meno pensieri, ora crescendo ed avendo possibilità concrete di far parte del gruppo azzurro in alcune situazioni ho fatto vincere la pressione  e questo seppur sia stato un punto negativo mi ha anche aiutato sicuramente per capire come dimostrare le mie capacità e non aumentare “ansia”. Come nel caso del Super Six esperienza su cui puntavo forte mi in quel caso la pressione mi ha fregato. Sulle potenzialità dell’Italia i nomi parlano da soli, siamo indubbiamente in crescita c’è tanto da lavorare ma per tanti di noi le Olimpiadi sono un sogno. Personalmente dopo aver sfiorato il Classic vorrei almeno portare a termine quest’esperienza. Nel 2017 nel WBC ero partito come ultima ruota del carro ma dopo uno spring training ad alto livello ero stato portato come riserva in Messico perchè Butera aveva problemi fisici e se non ce l’avesse fatta nel roster ufficiale sarei entrato io. Una volta lì si è strappato Nimmo e se avessimo centrato l’accesso alla seconda fase sarei entrato nel gruppo. Purtroppo abbiamo perso 4-3 con il Venezuela dopo esser stati in vantaggio fino all’ultimo inning e sul più bello è svanito tutto, ora invece spero di potercela fare”.