Racconti

Umana sospensione

13 Set , 2018  

di Giuseppe Carelli

Quando Lawrence doveva lanciare si svegliava alle 10 precise del mattino. Non solo la sveglia era precisa al secondo, ma lo era anche il breakfast che consumava all’una nel vicino ristorante. Il menù comprendeva due bicchieri di tè freddo ed un bel piatto di verdure miste con tonno. Nonostante Lawrence avesse il pomeriggio libero, vestiva la stessa sottomaglia che aveva indossato nella precedente partita dove aveva conseguito una vittoria. Un’ora prima dell’inizio della gara, spalancava la bocca per far posto ad una bolla composta da mezza busta di Beech-Nut, il suo tabacco da masticare preferito. Durante la partita, dopo ogni lancio nella zona strike si toccava la divisa, proprio sopra la T di Tigers. Al contrario, quando il lancio era un ball si raddrizzava il cappellino. Lawrence era maniacale. All’inizio di ogni ripresa posizionava la Rosin-bag nello stesso punto, alla destra del monte di lancio. Quando concedeva un punto, si lavava le mani durante il cambio dell’inning.

 

Baseball: The National Pastime. È come un’arena di gladiatori principeschi col fiuto dell’ignoto la cui sopravvivenza è nascosta nel manoscritto delle stelle. È più di un gioco, le vite sono appese ad uno swing, ad un lancio, e la magia li controlla perchè nata e cresciuta all’interno del gioco stesso. C’era forse in Lawrence un gesto più importante di un altro?, assolutamente no. Per Lawrence erano tutti importanti al fine di conseguire una vittoria in campo. Ci sono tre attività fondamentali nel baseball: lanciare, battere e difendere. Nelle prime due, il destino gioca un ruolo decisivo e sorprendente. Il lanciatore è quello che meno di tutti può controllarlo nonostante compia gli sforzi più intensi. Può sentirsi bene durante il riscaldamento e poi in partita perdere efficacia subito nei primi lanci. Può effettuare un brutto lancio e vedere il battitore che gira la mazza a vuoto terminando con uno strike-out, oppure, colpire la palla con violenza proprio nella direzione dove si trova uno dei difensori. Al contrario, il miglior lancio può essere smanicato dal battitore che realizza così una morbida battuta con la palla che cade a metà tra gli esterni e gli interni cioè la famigerata “Terra di Nessuno”. Il lanciatore può limitare le battute valide degli avversari e perdere la partita oppure, concedere valanghe di legnate e vincere la partita. In definitiva la prestazione del lanciatore racchiude in sè diverse variabili. Oltre alla qualità dei suoi lanci, deve affrontare un adeguato supporto della difesa e l’inettitudine dei battitori avversari. Anche la battuta, che molti considerano come il gesto atletico più difficile di ogni sport moderno, non è esente da rischi ed incertezze. A parte il fuoricampo, poco importa quanto bene si colpisce una pallina, perchè il destino deciderà se la battuta cadrà in uno spazio vuoto, oppure se passerà appena sotto il guanto di un difensore in procinto di tuffarsi, o ancora, se la pallina battuta può trasformarsi in una vera tortura a causa di un forte vento, o di un rimbalzo falso.

 

A questo punto sembra che l’aspetto difensivo sia l’unica parte del baseball dove il fato e il destino non mettono lo zampino. Ma, in quale misura il rischio di incertezza affligge i battitori e i lanciatori?. Come si esercitano e come affrontano l’imprevedibile sorte delle loro prestazioni?. Se si vuole aprire una porta per affrontare un mondo illogico, privo di senso, assurdo e demenziale, eccoci pronti. Qui, la regola principale è essere irrazionali. Al diavolo gli allenamenti, lo stretching, la cura del proprio fisico, la corretta alimentazione e il giusto riposo. Ciò che conta è la magìa, il rituale e il soprannaturale. Allontanare il malocchio per avere l’influsso beneficio delle proprie divinità sono gli scopi principali per ottenere una battuta valida, oppure, per un lanciatore, realizzare lo strike-out vincente. Il modo più comune per affrontare le incertezze dell’Old Game è quello di affidare le proprie sorti ad un rituale, ad una sequenza di gesti quasi cerimoniale. “Ho una squadra di animali addestrati”, disse Rich Donnelly, coach dei Pirates. “Arrivano in campo e tutto deve essere uguale al giorno precedente. Guardate il dugout, si siedono nello stesso posto ad ogni partita e guai a colui che osa cambiare. Se arriva un rookie dalle Minors e non c’è un posto nel dugout, deve starsene nel corridoio. Lo stesso discorso vale per le trasferte. C’è una routine e bisogna aderire ad essa se vuoi mantenere l’incantesimo”. Le routines rilassano e mettono ordine in un mondo in cui il giocatore non possiede nessun controllo. Spesso le azioni di questi rituali producono benefici aiutando la concentrazione del player. Ma ciò che molti atleti fanno, va oltre la normale sequenza di azioni ripetute, si arriva al paradosso, all’esasperazione e, secondo gli antropologi, ad un comportamento insensato perchè non c’è una connessione logica tra l’azione e l’obbiettivo da raggiungere. Tutto diventa irrazionale ed ogni gesto quotidiano come il mangiare, il vestirsi, guidare la macchina…ecc. riveste un’importanza religiosa che nella mente del giocatore è fondamentale per allontanare la sfortuna e ottenere una buona prestazione in campo. Denny Neagle degli Yankees, tutte le volte che doveva lanciare si rilassava prima della partita andando al cinema. Jason Bere dei White Sox ascoltava la stessa canzone nel walkman. Jim Ohms, dopo ogni vittoria si metteva un penny dentro il sospensorio. Si poteva sentire il tintinnio delle monete mentre Jim correva sulle basi. Glen Davis masticava la stessa gomma tutti i giorni durante un hitting streak. Wade Boggs mangiava pollo prima di ogni partita: 162 partite=162 polli, era solo una delle tante manie del forte terza base e Hall of Fame di Boston. I rituali di Boggs avrebbero fatto inorridire qualsiasi trattato di magia. Usciva sempre di casa alle 13,47 per le partite che iniziavano alle 19,05. Faceva il batting practice alla stessa ora con lo stesso numero di swings. Infine si preparava in difesa sempre alla stessa ora con il tecnico che eseguiva un numero preciso di battute a terra. In un periodo della sua carriera Boggs smise di radersi perchè convinto che nella barba si celava il segreto della battuta valida.

 

Il lanciatore D.Martinez beveva un pò d’acqua. Ad ogni ripresa capovolgeva il bicchiere posizionandolo sotto la panchina. I compagni di squadra sapevano a che punto era la partita guardando la fila di bicchieri. I battitori rappresentano un arcobaleno variegato di rituali in vista del proprio turno d’attacco. Si toccano il caschetto, punti precisi della divisa, o una lettera del nome della squadra. Molti effettuano un numero preciso di swings di riscaldamento oppure attendono il loro turno poco fuori dal cerchio dove solitamente si posizionano i battitori successivi. Le routine di Nomar Garciaparra, furono maniacali e ossessive. Dopo ogni lancio usciva dal box, si sistemava i guantini e la visiera del caschetto. Rientrava nel box e nell’attesa del lancio calciava il terreno con entrambi gli avampiedi, prima il destro poi il sinistro. Mike Hargrove (CLE), mandò in crisi tanti lanciatori. Il suo rituale dopo ogni lancio gli costò il soprannome di “Uman Rain Delay”, L’Umana Sospensione, l’eterna attesa.

Il suo cerimoniale consisteva nell’aggiustarsi il caschetto, aggiustarsi i guantini stringendoli al punto giusto, non troppo aderenti, specialmente sui pollici delle mani, arrotolarsi le maniche della sottomaglia all’altezza dei gomiti, strofinarsi entrambe le mani sui pantaloni della divisa e togliersi un pò di terra da sotto gli spikes picchettando entrambe le scarpe con la mazza. Spesso Hardgrove, prima di rientrare nel box di battuta, ripeteva tutta la sequenza mandando i lanciatori in crisi durante l’attesa. Turk Wendell, lanciatore dei Mets, aveva l’abitudine di indossare una collana composta dai denti degli animali uccisi durante le sue battute di caccia. Quando lanciava masticava liquirizia, non calpestava mai la linea di foul e si spazzolava i denti ad ogni cambio di ripresa. Gli atleti latino-americani mostrano devozione con la religione cristiana. Il segno della croce e le dita puntate al cielo sono i rituali più comuni oltre all’aggiunta di collane e medaglioni raffiguranti la madonna o un caro familiare defunto. Il rally cap, è un altro cerimoniale diventato famoso in tutto il baseball. In pratica i componenti della squadra indossano il cappellino a rovescio nel senso che, la parte interna diventa quella esterna, il tutto per esorcizzare una possibile rimonta della squadra avversaria.

 

I giocatori diventano sacerdoti, nessuno si sottrae a questo adempimento e guai a mietere il seme dell’incertezza. L’ordine e l’esatta successione dei gesti scandiscono il tempo durante una partita di baseball. Non c’è sottrazione, anzi una continua e costante adorazione per quello che sarà la causa delle performances e delle prestazioni atletiche. Il credo religioso o magico di un cerimoniale, diventa la base per costruire le colonne del sacro tempio delle prestazioni sportive. Chiedetelo agli stessi atleti e loro risponderanno che quella battuta valida è opera del rituale e non del loro talento sportivo. Tutto ciò è assurdo e irrazionale, ma in fondo che male c’è?. Quando il pitcher effettua un lancio e il battitore fa uno swing, solo il dubbio alimenta quel gesto atletico perchè non si sa dove andrà a finire la pallina. Se il dubbio alimenta il mistero di una qualsiasi fede religiosa, perchè no, un rituale o un gesto non sono meno religiosi di una preghiera. Uno dei più bizzarri rituali fu praticato da Jason Giambi, il grande slugger di Oakland e degli Yankees. Come tutti i forti battitori, era soggetto a crolli di prestazioni sportive (slump). Quando ciò succedeva, Giambi indossava prima della partita un perizoma dorato. Immaginate la visione raccapricciante di un bestione alto 190cm. con un peso intorno ai 110kg. indossare un simile indumento. Oltre ad essere sgradevole e oltre alle risate dei compagni di squadra, sta di fatto che Giambi si risollevava dal suo slump battendo homers e valide. In seguito, la cosa più assurda fu che i compagni di squadra, quando si trovavano anche loro in slump, andavano da Jason e gli chiedevano: “Mi presti il perizoma????”.

 

Quindi, siete avvisati!. Volete essere dei buoni giocatori di baseball?. Basta con gli allenamenti, con i video e i consigli sulla battuta e sul lancio. Procuratevi degli amuleti, non cambiate posto in panchina e non calpestate le linee di foul.