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WILMER PINO: “El Profe” È TORNATO IN ITALIA.

14 Apr , 2021  

di Serenella Mele

 

El Profe” Wilmer Pino, è una di quelle persone che ti senti fortunata di conoscere. Venezuelano, 45 anni, Professore specializzato in Educazione fisica, Sport e Ricreazione, Gestione e Pianificazione Educativa, Ricerca sull’Amministrazione Educativa, laureato presso l’Università Sperimentale Pedagogica del Libertador (UPEL, è la principale istituzione di istruzione superiore pubblica dedicata alla formazione degli insegnanti in Venezuela, ndr);  ha conseguito il Magister Scientiarum in Gestione Educativa presso l’Università Gran Mariscal di Ayacucho (UGMA). 

Da qualche mese ha fatto ritorno in Italia, per diventare Manager delle Piranhas di Valmarecchia con le quali parteciperà al campionato nazionale Italiano, serie B di softball.

Nel 1995 partecipa ai Giochi Sportivi Nazionali Giovanili a Sucre (JUDENASU), rappresentando l’Edo.Monagas, vincendo la medaglia d’oro; nel 1996 X° JUVINES a Puerto La Cruz, Edo.Anzoátegui, in rappresentanza della Softball Universidad Pedagógica Experimental Libertador (medaglia d’argento); 1998 XI° JUVINES a San Cristóbal, Edo.Táchira che rappresenta L’UPEL (Medaglia d’oro) Softball. 

Nel 2000, come allenatore, V° Campionato di Softball giovanile, nello Stato di Lara; Allenatore di Baseball nei Centri di programma di formazione sportiva e convenzioni Ministero Dell’istruzione UPEL-IPM-INDEM; nel 2000, III° Campionato di Softball Giovanile femminile ad Aragua. 

Quindi il desiderio di attraversare l’Oceano e misurarsi con una realtà completamente nuova per lui, quella italiana. Apprezzato per saggezza e sensibilità, carismatico, persona di profonda fede ed onestà intellettuale e morale, Wilmer Pino fin da quando ha messo piede in Italia ha dovuto fare i conti con la lontananza dalla giovane moglie e dalle loro due bambine piccole. Una condizione psicologica che si può solo capire, accettare, ma mai discutere. Un Paese bellissimo, mi raccontano, il Venezuela, ma immerso da anni nei suoi problemi. Un talento noto e apprezzato, da sempre, nel baseball e nel softball.

Wilmer, sei alla tua seconda esperienza in Italia: cosa conservi della stagione a Nuoro?

Ringrazio Dio per l’opportunità di poter tornare in Italia. Grazie anche al Bar del Baseball per questa intervista. Sono onorato. 

Sarò sempre grato alla società Nuoro Softball per avermi dato la possibilità di essere il manager di un gruppo di ragazze meravigliose. Hanno davvero dato tutto il meglio di se stesse sul terreno di gioco. È stata una stagione dura quella del 2019. L’abbiamo affrontata e superata come squadra, gruppo unito di persone che amano il softball. Senza dubbio mi hanno fatto crescere come allenatore e come persona, ho messo tutte le mie conoscenze tecniche ed umane apprese nel tempo per raggiungere i nostri obiettivi. Vorrei congratularmi con le atlete, i dirigenti, i tecnici  ed anche i  genitori delle atlete, per aver raggiunto la serie A1 del softball Italiano: un sogno finalmente realizzato e con merito. Di Nuoro mi manca la sua tranquillità, le mie lunghe passeggiate da casa al campo e ritorno accompagnato dal suono degli uccellini che annunciavano l’arrivo della primavera. Poi l’arrivo della sera, uno spettacolo di colori degno di un’opera dipinta sulla tela da un grande artista. La sua gente amabile e affettuosa, un sorriso sincero, il saluto sempre pronto, facendo onore alla sua storia ed alla sua cultura. Qualcuno dipinge i sardi come riservati, io li ho trovati invece molto cordiali ed ospitali. Davvero voglio rivolgere un abbraccio a tutte le famiglie che ho conosciuto, alle atlete che ho avuto l’onore di allenare, grazie per tutto il loro sostegno, spero di poter incontrare tutti presto”.

Perché hai deciso di tornare in Italia? Il tuo Venezuela ha un storia nel baseball e nel softball di grande prestigio.

Per nessuno è un segreto la situazione che si vive in Venezuela, attualmente resa ancora più difficile dalla pandemia. Come professionista sentivo la necessità di continuare a crescere e mettere a disposizione le mie competenze qui in Italia. Allo stesso tempo capivo di  essere in lotta con me stesso perché non era un momento facile per ritornare, in una situazione sanitaria difficile dovunque: sono un professionista con princìpi e valori. La mia famiglia viene prima di tutto, le persone prendono decisioni che io non sto qui a giudicare. Cerco di applicare una filosofia stoica chiamata dicotomia di controllo . Emotivamente questa situazione mi ha reso più forte mentalmente e mi sono  preparato accademicamente, durante tutto il 2020, per affrontare la situazione. Sapendo che l’avrei fatto e che Dio mi avrebbe dato la forza e la gioia di poter tornare in Italia”.

Il tuo ritorno in Italia, com’è nato?

Nel 2019 quando si è conclusa la mia esperienza a Nuoro, ho avuto qualche contatto per poter tornare la stagione successiva ma non sono andati in porto a causa della pandemia. Alla fine dello scorso anno sono stato contattato da Claudio Papini (Presidente della società Piranhas di Valmarecchia, ndr) e dalla signora Elide Armanni (vice Presidente), su suggerimento del mio carissimo amico e manager del Caronno, Argenis Blanco, che considero come un referente della mia carriera di allenatore. Mi hanno presentato un progetto che ho trovato subito molto interessante, quindi siamo arrivati a definire la nostra collaborazione. Nel frattempo mi aveva contattato un’altra società, di grande prestigio qui in Italia. Ma avevo già preso l’impegno qui a Rimini, i miei documenti di lavoro erano stati predisposti dal Consolato Italiano a Caracas. Sono davvero grato al Presidente e alla Vice Presidente della mia attuale società, per avermi scelto, supportato, per la grande gentilezza e l’umanità che continuamente mi dimostrano”.

La tua famiglia in Venezuela e tu in Italia, in tempo di pandemia. Come stanno, prima di tutto?

La mia famiglia è la mia forza, il mio rifugio, è stata un appoggio fondamentale per raggiungere tutti i miei obiettivi. Umani e professionali. Ci sentiamo ogni giorno, stanno molto bene,  grazie a Dio, comportandosi con molta prudenza e adottando tutte le precauzioni per proteggersi dalla pandemia che sta mettendo a dura prova il mondo intero. È difficile anche per le mie bambine, come per tutti i bambini del mondo, stare chiuse in casa. Con mia moglie cerchiamo di creare le condizioni ideali per vivere serenamente e perché le bambine possano fare i compiti nel miglior modo possibile. Mia moglie è insegnante, quindi ha doppio lavoro anche per compensare la mia lontananza fisica. Qualche giorno fa ho perso una zia a causa del virus, vorrei esprimere anche da qui le mie condoglianze a tutte le famiglie che hanno perso una persona cara durante questo terribile periodo”.  

Dalla Sardegna vai via nel 2019. Un anno in Venezuela poi Rimini: quali differenze hai trovato tra le due realtà sportive?

In Emilia Romagna ci sono molte più società di baseball e softball, questo fa sì che un universo di bambini pratichi questi sport e li porti avanti anche in età adulta. Rimini è una città che per anni è stata punto di riferimento per il baseball. La prima volta che da ragazzo ho sentito parlare di baseball italiano, la notizia arrivava da questa zona: significa che esiste una cultura di questi sport più che di altri. Questo è molto importante, aiuta affinchè tutta la gente conosca il movimento di baseball e softball, attraverso i figli, gli amici, i parenti. Di conseguenza si muove l’economia a supporto: i ragazzi che crescendo partecipano alle competizioni ed ottengono anche risultati importanti, creano  movimento economico. Un movimento che cresce, si diffonde, crea cultura sportiva sulle due discipline. In Sardegna potrei dire che esiste una realtà difficile perchè ci sono pochi praticanti, sono meno i bambini che si avvicinano al baseball ed al softball, perchè non viene fatto un lavoro sufficiente di divulgazione sportiva su baseball e softball, come avviene, invece, per altre discipline. Ovviamente mi riferisco a Nuoro perché ho lavorato solo lì. La competizione con altri sport come pallacanestro, pallavolo, calcio, nuoto, o ginnastica per le ragazze soprattutto, è molto dura soprattutto perchè sono spesso gli stessi genitori ad indirizzare i figli verso una disciplina piuttosto che un’altra in base alla loro esperienza ed i loro gusti. Poi ci sono le eccezioni, ho visto alcune località che invece hanno una tradizione differente, hanno tecnici impegnati tutto l’anno nelle scuole e nelle società: qualcosa sta cambiando anche in Sardegna e mi fa molto piacere, ma tanto resta ancora da fare: le singole società stanno lavorando per aumentare il numero dei praticanti, mi auguro di cuore si possa fare presto un progetto finalizzato a creare una sorta di rete sportiva di softball e baseball che faccia anche della Sardegna una potenza sportiva in queste discipline”.

Qual’è il potenziale della tua nuova squadra? Che obiettivo volete raggiungere?

Le Piranhas di Valmarecchia sono un mix interessante di giovani e atlete di esperienza, c’è un potenziale importante a livello offensivo e difensivo, con atlete che hanno giocato in serie A e anche nella squadra nazionale italiana. Tutto l’insieme sarà molto importante per i nostri risultati. Stiamo lavorando anche a livello psicologico e tattico. Aggiungiamo il lavoro importante del pitching coach Miguel Girón, lavoriamo per essere pronti ad affrontare il campionato che inizierà il 23 Maggio prossimo. L’obiettivo è quello di salire nella categoria superiore, sono un allenatore che non si accontenta di far giocare bene la sua squadra. Non voglio nemmeno mettere nella testa delle mie atlete l’attitudine ad accontentarsi di giocare bene”.

El profe” riesce sempre a motivare la squadra, o il momento attuale pensi possa influire sui campionati? Chi vince in questa situazione?

Sono tempi difficili per riuscire a concentrarsi a causa della situazione sanitaria. Ma lo sport ed il softball in sé hanno il potere di farti dimenticare almeno per un breve spazio di tempo i problemi, grazie alla passione che ti anima durante la pratica. L’adrenalina supera la paura quando inizia la partita, e dopo il primo lancio sparisce la paura. Da quel momento esistono solo le squadre in campo che si divertono, con responsabilità, in ogni out, hit, in una buona giocata eseguita. Al termine di ogni inning lo puoi vedere dalle facce delle atlete colorate di complicità e allegria. Io penso sempre che il softball sia 80 % mentale e 20 % tecnico, naturalmente ci sarà sempre un margine di miglioramento, dico che la migliore medicina per questa situazione sia continuare a praticare sport ed impegnarsi per vincere”.

Cosa ti dà la forza per stare tanto lontano dalla tua famiglia, in un tempo difficile come quello attuale?

La fede e la forza che mi dà Dio. È difficile stare lontani dalla famiglia ma senza il loro continuo sostegno non sarei qui. Cerco di trasmettere loro allegria e la soddisfazione che mi dà il mio lavoro perché possano sentirsi tranquille. Saperle  in buona salute e tranquille è il miglior regalo che possa ricevere.

 “Credi nel Signore Gesù; così tu e la tua famiglia sarete salvi”, Atti degli Apostoli 16,31

Da sportivo professionista, vuoi giocare al più presto. In alcuni campionati professionistici fanno fatica a mettere le squadre in campo a causa dei contagi. Fermarsi è la soluzione?

Penso che la soluzione non sia fermarsi. Se i controlli sono severi, si possono portare avanti le competizioni. Lo scorso anno in Italia si sono potuti concludere i campionati rispettando tutti i protocolli, certo con difficoltà. Sempre e quando le condizioni lo permettono, lo sport non deve fermarsi: ripeto, per me è la migliore medicina. 

Quiero mandarle un saludo de afecto a toda mi familia en Venezuela en el Tigre Estado Anzoátegui. Nos vemos pronto”. 

La distanza, possa essere più o meno grande, non cambia i valori delle persone. Come la fiducia e la fede che danno la forza per affrontare tutto, da vincenti.

Come il valore dello sport, e di quella terra rossa che sporca solo quelli che non ne avvertono la magia. Quello sport che, ci insegna “El Profe”, ci avvicina al benessere psico-fisico e ci rende persone migliori. Capaci di vincere i momenti difficili, capire che il tempo è galantuomo, che non siamo singoli al mondo MA SQUADRA che non ha barriere né bandiere.

Bentornato Profe!


(Fonte immagini: Archivio di Wilmer Pino)

(Nell’immagine di copertina e in quella dell’articolo: due primi piani di Wilmer Pino)

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