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Giuseppe Mazzanti lascia il baseball giocato: “Il rammarico più grande non aver vinto a Nettuno”

3 Dic , 2021  

di Emanuele Tinari

Davvero un bel viaggio quello di Giuseppe Mazzanti, uno dei migliori battitori visti nel baseball nettunese e italiano, dice basta. Una decisione già presa la scorsa stagione e confermata pochi giorni fa tramite un post sui social.

“Già all’inizio della stagione avevo fatto un discorso alla squadra e all’allenatore sulla decisione di smettere a fine anno, poi non mi era piaciuto l’andazzo dell’ultimo campionato, non volevo finire così, ma sono da sempre un tipo determinato e quando dico una cosa è quella. La società ha provato a farmi cambiare idea, ma ho detto basta”.

Mazzanti abbandona un Nettuno totalmente diverso rispetto a quello conosciuto ai tempi del suo esordio, risalente alla fine degli anni ’90.

“Quando ho cominciato c’era una società concreta, formata da anni, c’era una strada spianata poi nel 2013 è saltato lo sponsor principale e sono cominciati i problemi. Capisco quanto sia stato difficile subentrare in un momento del genere in uno sport e una piazza che dipende tanto dagli sponsor al contrario del vecchio Rimini o del San Marino. Ora ci sono due società a Nettuno che stanno collaborando, spero che questo sia l’anno buono per riportare Nettuno al vertice”.

Oltre a un Nettuno cambiato, l’ex terza base nettunese lascia un baseball diverso, sicuramente di livello più basso.

“Il livello è sceso tantissimo. Il mio pensiero è che la serie A debba essere un campionato d’Elite, senza limiti per i visti ma con un numero di italiani fissi in campo. Serve un campionato di livello tra 5-6 squadre che si affrontano più volte tra di loro. Nessuna società se ha l’italiano buono in casa non lo farà giocare, poi dalla B o dalla A2 si inizia a ragionare su under 23, under 21 o 18 in campo, poi se il ragazzo vale e si forma arriva nella massima serie. Inoltre siamo troppo limitati dal vincolo sportivo. Chi investe 25 mila sul cartellino di un giocatore nel giro della nazionale? Sono troppi soldi e questa è la prima cosa su cui combattere e da cambiare assolutamente”.

Sono tanti gli allenatori con cui nel tempo ha lavorato ‘Peppe’ e ognuno di loro ha lasciato il segno nell’uomo e nell’atleta.

Nelle giovanili due allenatori come Giuliano Salvatori in arte “Bukele” e Alberto Conti, alias “Yamanaka” sono stati fondamentali per insegnarmi quei valori sportivi, poi con il passare del tempo tutti mi hanno dato davvero qualcosa facendomi diventare il giocatore e l’uomo che sono ora. Non posso non citare Guglielmo Trinci, mi ha visto crescere e lavoravo con lui quando sono stato scelto per gli Stati Uniti, o Ruggero Bagialemani. Ho giocato dieci anni per lui ed è un manager che fa uscire il meglio caratteriale da ognuno. Anche con Alberto D’Auria nei due anni insieme ho lavorato benissimo riportando il Nettuno ai playoff. Invece fuori  da casa ho avuto due grandi come Lele Frignani e soprattutto Pepita Munoz, uno che il baseball lo conosce davvero. Mi ha dato tanto e mi è dispiaciuto lavorarci insieme per un solo anno”.

Il rammarico più grande, neanche a dirlo è non aver vinto uno scudetto a Nettuno.

“Ho vinto due Coppe Campioni consecutive, una Coppa Italia, ma non vincere uno scudetto in casa resterà il mio più grande rammarico. Tre le gare 7 perse rigiocherei anche domani a Grosseto nel 2007, le altre abbiamo lottato in campo ma quella mi brucia di più. Intanto prendo spunto per ringraziare il pubblico nettunese per tutto il sostegno, in tanti hanno capito anche la mia scelta di andare via in passato e mi è dispiaciuto davvero tanto non poter contribuire a uno scudetto e non far gioire la mia città”.

Rimanendo sul lato del campo, una top di compagni e avversari.

“I lanciatori che più mi hanno messo in crisi sono stati Jaime Navarro del Grosseto, un pitcher da grande lega e Jesus Matos che ha dominato qui in Italia per nove anni. Tra gli italiani affrontati il più forte penso sia stato Riccardo De Santis. Per quanto riguarda una classifica ideale dei miei compagni dico De Los Santos in prima, in seconda l’accoppiata McNamara-Sellaroli, interbase Schiavetti, in terza io e per la linea degli esterni scelgo Camilo, uno dei migliori giocatori con cui abbia mai giocato, uno di quelli che mi ha dato di più anche al di fuori del campo, Duran e i due nettunesi Ambrosino e Retrosi. Per la batteria come catcher senza il minimo dubbio Kelly Ramos e per i lanciatori opto per una top 3 formata da Ekstrom, Rivero e Wilson. La squadra più forte con cui abbia mai giocato è il Bologna 2018, una sola sconfitta in tutto l’anno la dice lunga ma anche il  Nettuno 2007-2008 era una formazione di gran livello”.

Impossibile non toccare il capitolo nazionale.

Ho sempre avuto un gran rapporto con la maglia azzurra e l’esordio è arrivato anche un po’ per caso. Era il 2003, ero appena tornato dagli States ed era scoppiato lo scandalo dei passaporti. La nazionale era già partita e mi arriva una chiamata di Faraone, allora manager azzurro, in cui mi diceva di prepararmi e partire. Ogni anno poi ho avuto la possibilità di giocare con la nazionale solo che con il lavoro, da una parte per fortuna, dall’altra sfortunatamente, non potevo giocare due competizioni all’anno dovendone scegliere sempre una. C’è stata la parentesi Mazzieri andata bene i primi anni, poi ci sono stati dei disguidi risolti nel 2016 quando sono tornato. L’esperienza più bella per un giocatore penso sia il World Baseball Classic, la competizione che tutti vorrebbero giocare. Ti trovi in mezzo i Pro a confrontarti con gente che vedi in televisione. Io ho fatto un doppio a Francisco Rodriguez, K-Rod, quell’anno autore del record di salvezze in Mlb e nella cena di Gala ero vicino al mio idolo Chipper Jones. Bellissima anche l’esperienza di Atene 2004, le Olimpiadi sono un sogno per ogni atleta e una grande soddisfazione me la lascia anche la finale dell’Europeo 2010. Abbiamo riportato in Italia il titolo dopo 17 anni e in quella finale contro l’Olanda feci un HR e un doppio da 2 Rbi al primo inning”.

L’ultima domanda è sul futuro di Giuseppe Mazzanti.

“Ora mi riposo – dice ridendo – comunque nel 2022 mi prenderò un anno sabbatico e poi deciderò. L’idea è sicuramente quella di rimanere nel mondo del baseball, ma non so ancora con che mansione. Forse mi troverò spiazzato a passare la prima estate della mia vita senza baseball, ma voglio vedere come sarà, l’ho già detto anche a mia moglie”.

Grazie “Peppe” per l’intervista, è stato un piacere, come quello di vederti in campo e tifarti per molti anni.