News

Francesco Casolari: “Mentalità vecchia, serve ripartire tecnici e dirigenti di livello”

28 Mar , 2023  

di Emanuele Tinari

Quando si parla con Francesco Casolari, una delle leggende del baseball italiano, uomo da 1000 partite, 135 HR e .319 di media vita, la prima cosa che traspare è l’amore per il gioco.

“Il baseball è uno sport stupendo, il più difficile al mondo, ma fatto di numeri e statistiche e da quelli non scappi. Puoi però fare una partita pessima, ma poi deciderla all’ultimo inning con un solo giro di mazza. Io, seppur ora seguo meno rispetto al passato, sono follemente innamorato di questo sport. Ricordo che quando giocavo le partite avevo la “smania” già diverse ore di giocare e se l’inizio dell’incontro era previsto per le 21, io alle 16 ero già pronto lì in campo. Non scorderò mai la prima volta che ho vestito la casacca del Nettuno, all’epoca la squadra più forte e gloriosa d’Italia, Giampiero Faraone – il manager di quei tempi – persona che ringrazierò sempre e tecnico di livello altissimo come non ce ne sono più, mi affidò la casacca numero 28 di una leggenda come Bob Galasso. Un’emozione talmente forte che io quella notte dormii con la divisa”.

Baseball di alto livello, con pubblico, tanti talenti, tutte caratteristiche che stanno mancando ai giorni nostri.

“Il baseball qui in Italia purtroppo sta morendo, mi sembra un dato di fatto inopinabile. Prima di giocatori forti ce ne erano davvero tanti, ora ne vedo sempre meno. Mi sono esposto sulla questione World Baseball Classic perché per me è meglio andare con i nostri giovani e magari subire anche sconfitte pesanti, che portare giocatori che da queste parti non rivedremo più, se non al prossimo Classic. Ai miei tempi era una nazionale tutta italiana, non di “oriundi” che io sarei anche disposto ad accettare a patto che poi restino a giocare tutta la stagione nel nostro campionato e facciano salire il livello anche durante gli allenamenti”.

Per Casolari, oltre le difficoltà oggettive legate alla crisi economica anche un mancato ricambio generazionale a livello tecnico e dirigenziale.

“Il sistema non tira più fuori manager forti come una volta. Vedo gente che ha ruoli di rilievo a livello giovanile che non sa nemmeno tenere in mano un fungo, poi un campionato da 30 squadre cosa può offrire ai ragazzi? E parlo sia di quei giocatori dei top team che vogliono giocare partite tirate per crescere e sia di quelli che si affacciano per le prime volte in massima serie e affrontano un livello ancora lontano dalle proprie possibilità. Anche lo spaccato dirigenziale non è all’altezza, capisco le difficoltà legate alla mancanza di sponsor importanti, ma bisogna saper essere anche imprenditore, avere capacità nello scegliere i giocatori, tutte qualità che vengono meno, figlie di un sistema che va sempre meno. C’è una mentalità vecchia, e questo si riflette dalla poca presenza di pubblico sugli spalti. Io ricordo ai miei tempi quando giocavo a Nettuno, il rumore del pubblico: mi caricava talmente tanto che mi sentivo un gigante che vedeva il lanciatore lì sul monte piccolo piccolo”.

Il rilancio del made in Italy è una chiave per la ripresa, offrendo percorsi di crescita messi in mano a gente di spessore tecnico e umano.

“Ricordo i tempi del Club Italia, un’esperienza bellissima che ci permetteva di girare tutto il mondo e di giocare contro squadre fenomenali. Sarebbe un’ottima vetrina per i giovani più meritevoli che possono essere preparati per il futuro, magari aspirando a qualche chiamata dall’estero, come ne ebbi io in passato. Tutto questo però è impossibile se non c’è il manico giusto, l’allenatore forte, di carattere, che non solo deve fare risultati, ma produrre giocatori pronti a un livello sempre più alto, partendo dalle giovanili. Si potrebbe tornare anche a un sistema delle franchigie, che possa dividere i giocatori per categoria, come negli States, riprendendo anche la vecchia formula di un campionato con 10 squadre a 3 partite settimanali con semifinali e finali scudetto. Per far questo però servono leader, non tutti i grandi giocatori sono anche bravi tecnici o dirigenti, perché se non hai la tempra giusta per far progredire il tuo gruppo non vai avanti”.