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STEFANIA BORSATO: UNA MENTAL COACH SUL DIAMANTE

14 Apr , 2022  

di Serenella Mele

Una figura professionale poco utilizzata, almeno in Italia, nell’ambito sportivo. Decisamente di più in quello lavorativo, come ci racconta la Dottoressa Stefania Borsato, attualmente mental coach di una squadra di baseball che gioca nella serie C italiana.

La incontro, virtualmente, grazie al manager dei Buffaloes di Bovisio, Andrea Franci, ex giocatore (in serie A1 col Mediolanum Milano, poi Bollate in A2, Senago, Seveso, Malnate) attualmente tecnico: “Nello staff della nostra società -mi racconta manager Franci – mi avvalgo della collaborazione di Stefania Borsato. I benefici sulla squadra sono stati da subito tantissimi, ritengo che lei sia il 60% delle nostre vittorie. Ho deciso di avvalermi della collaborazione professionale di una mental coach, perché ricordo quando giocavo sono stato piuttosto impulsivo, quindi non mi ha aiutato nella carriera sportiva. Avrei fatto molto di più potendo consultare un/una mental coach, avendo gli strumenti per il controllo totale delle emozioni durante la partita. Canalizzare nella direzione giusta la mente, diventa fondamentale ai fini del risultato. Siamo i primi in Italia da 7 anni ad impiegare questa figura professionale, mi piacerebbe molto che la federazione iniziasse a pensare di avere una figura di questo tipo all’interno dello staff tecnico, riconosciuta. Il ruolo è fondamentale e determinante, perché nei nostri sport (baseball e softball) la mente la fa da padrona: serve intelligenza, strategia, curare più aspetti nello stesso momento. Controllare gli stati emozionali, gestire la propria mente, ho iniziato questo percorso con la Borsato perché volevo fare qualcosa di diverso per creare dei giocatori di qualità che possano salire di livello anche mentalmente. Questo ha benefici anche nel gioco e nei risultati. Dietro i più grandi atleti, pensiamo agli olimpici, dietro i loro risultati straordinari, c’è molto spesso un/una mental coach che li segue. Sarebbe molto utile che questa figura professionale potesse essere impiegata anche nel baseball e nel softball, farebbe del gran bene”.

Bar del Baseball - Andrea Franci

Andrea Franci

Facciamo idealmente entrare in campo la mental coach, Stefania Borsato,  per raccontare ai nostri appassionati e appassionate di baseball e softball in cosa consiste il suo lavoro. Popolo delle società sportive: prendere appunti!

Lei collabora con più società sportive con il ruolo di Mental Coach: quali sono?

Attualmente con i Buffaloes  di Bovisio, nella serie C di baseball. È stato Andrea Franci (attuale manager dei Buffaloes) a chiamarmi, abbiamo un’ottima collaborazione da anni. Ringrazio la società per l’attenzione che ha dedicato al Mental Coaching. La squadra è “nuova” nel senso che alcuni atleti si conoscono da tempo, altri sono nuovi, altri sono dei ritorni: in pratica non è la squadra dello scorso anno ma in “costruzione” e devo dire che c’è un bel clima poiché i ragazzi sono tutti molto affiatati e stanno gettando le basi per un’ottima collaborazione tra loro. I più “grandi” aiutano i più giovani e i “giovani” dal canto loro portano nuovi stimoli ai più grandi, vedo grande collaborazione e voglia di crescere da parte di tutti.

Nel 2017 ho collaborato con i Vikings Malnate (serie C) dove è stato fatto un ottimo lavoro, da ottobre a dicembre abbiamo fatto tutta la preparazione mentale e durante la stagione di campionato ho seguito i ragazzi nel dugout. E’ stato un anno meraviglioso, ho assistito a cambiamenti, evoluzioni mentali che neanche i ragazzi si aspettavano e hanno raggiunto un buon risultato in classifica. In seguito ho fatto qualche intervento al Saronno (serie C), avevamo iniziato un progetto interessante, ma per tutta una serie di fattori poi la cosa non è proseguita. In genere mi rendo disponibile per coloro che credono in questi progetti ma vedo che questa figura stenta ancora a prendere piede in Italia”.

Come si diventa mental coach, da dove partire?

Io ho il Master in Life Coaching riconosciuto dall’ICF (International Coach Federation) e ho preso anche il brevetto di Team Coaching. In pratica sono abilitata a lavorare one-to-one ma anche a lavorare con team di persone (che possono essere squadre sportive piuttosto che team di lavoro)”.

Nel baseball, che benefici sta riscontrando?

I benefici del Mental Coaching nel baseball, così come nello sport in genere, sono molteplici. Gli atleti vengono affiancati nel loro percorso sportivo facendo un bilancio delle competenze, si rendono consapevoli dei loro punti di forza e dei loro punti deboli, stabiliscono obiettivi e pianificano le strategie per raggiungere gli obiettivi stabiliti. Imparano a guardare oltre, ad affrontare e superare i propri limiti. Con il Mental Coaching imparano a gestire le situazioni critiche o di stress, gestire le emozioni e i pensieri che possono penalizzare la prestazione sportiva. Imparano soprattutto a sfruttare a proprio vantaggio ogni situazione, in pratica ad “aggirare” la propria mente che come è noto tende a tenerci nella nostra zona di comfort (sebbene in alcuni casi questa non ci metta in condizioni ottimali o che ci fanno stare bene). In questo modo quando la mente in maniera totalmente inconsapevole porta ad avere momenti di crisi gli atleti imparano a riconoscere cosa sta accadendo e sono in grado di contrastare la situazione negativa anziché rimanerne vittime”.

Su quali fronti opera: in campo, in quali momenti ?

In genere faccio un corso introduttivo nella stagione invernale quando sono fermi gli allenamenti, in questo modo i ragazzi sono più ricettivi perché non sono focalizzati sulla preparazione tecnica e/o fisica. Durante il corso si fa il bilancio delle competenze (singolarmente per ogni atleta), si stabiliscono gli obiettivi (sia di squadra che individuali) e la strategia per raggiungerli. Si impara a riconoscere e gestire le emozioni e a utilizzare la visualizzazione. Si arriva all’inizio del campionato con la consapevolezza di chi sono e a che punto mi trovo. In campionato invece seguo i ragazzi in dugout, resto a loro disposizione qualora ci siano dei momenti di crisi. In pratica la mia funzione è di essere invisibile fino a quando è l’atleta a decidere di aver bisogno, non sono io che devo impormi. Questo tipo di attività, naturalmente, è fattibile anche a distanza”.

Come si è avvicinata a questa figura professionale e perché?

Il Mental Coaching non è la mia attività principale, anche se mi piacerebbe molto. Io mi occupo di Risorse Umane, ho lavorato in aziende multinazionali (Swatch, Kelly Services, Adecco) e ora mi occupo di selezione ed amministrazione del personale in un’agenzia di collocamento (la OPUS Personale SA con sede a Briga, mentre l’ufficio è a Bellinzona, in Svizzera). Mi sono avvicinata al Mental Coaching nel 2009 perché lavorando nelle Risorse Umane sono sempre stata curiosa di riuscire a capire chi c’è dietro alle persone che ho di fronte. Ognuno di noi è un mondo, con tutte le sue problematiche e mi sono accorta che c’è davvero un grandissimo bisogno di essere ascoltati.

La selezione del personale ti porta a giudicare in pochi minuti chi hai di fronte, ed in genere nella vita non facciamo altro che giudicare… a me questa cosa ha iniziato a stare stretta… sentivo il bisogno di staccarmi dal giudizio continuo e il Mental Coaching insegna proprio ad agire in assenza di giudizio. La funzione del Mental Coach è di fare crescere le persone (Coachee) senza però dare consigli o cercare di indirizzarle in qualche modo. Deve rendere il Coachee consapevole dei propri mezzi e aiutarlo ad andare oltre i propri limiti. Diciamo che il Mental Coaching è uno strumento di crescita personale”.

Il Baseball (ma anche il softball) sono notoriamente 80% mentale e 20% preparazione fisica. È d’accordo?

Certo, condivido pienamente. Premetto che io non mi occupo di tecnica o di strategia di gioco, non compete a me e non devo conoscere l’argomento più di tanto perché altrimenti non mi concentrerei sui meccanismi mentali degli atleti oppure rischierei di dare consigli. Quello che distingue un atleta di eccellenza da un atleta comune è proprio l’aspetto mentale (oltre al talento). Molti atleti hanno ottimo potenziale ma poi non ci sono con la testa. Come dico ai ragazzi, è come avere una fiammante supercar: super accessoriata, velocissima, ma se sbaglio ad inserirgli il carburante, per quanto bella sia, la supercar è ferma, inutilizzabile. Ci sono atleti che hanno un’ottima preparazione atletica, che conoscono molto bene il gioco e la sua strategia ma che poi sono vittime delle loro emozioni, in partita si bloccano. Ecco, lì inizia il mio lavoro ed è fantastico vedere il cambiamento dei ragazzi una volta che imparano a gestire la loro mente. Come dico di solito la mente è il nostro miglior alleato ma anche il nostro peggior nemico e tutto dipende da come scelgo di reagire agli eventi. Dico “scelgo” perché consapevolmente o inconsapevolmente noi scegliamo: scegliamo anche quando decidiamo di non scegliere”.

Quale atteggiamento rileva negli atleti durante la consulenza?

L’avvicinamento agli atleti avviene sempre in maniera molto graduale, ci vuole tempo perché contrariamente ad un intervento “tecnico” dove il Coach si deve o si può imporre per insegnare e/o correggere la tecnica del giocatore, il mio ruolo si basa sulla fiducia. L’atleta deve arrivare a fidarsi per poi aprirsi e parlare dei suoi timori, dei suoi blocchi, della sua situazione che in quel caso non è positiva. Quindi io devo aspettare che sia lui ad avvicinarsi a me e non il contrario. Mi è capitato in passato mentre mi presentavo di ricevere in maniera neanche troppo velata delle iniziali chiusure. Poi le stesse persone che all’inizio erano riluttanti sono state le persone che hanno ottenuto maggiore crescita da questa esperienza. Io non posso obbligare nessuno a fare questo percorso. Trattandosi di crescita personale deve essere nella volontà della persona affrontare i propri limiti per imparare a riconoscerli e superarli. Inizialmente c’è sempre perplessità se non addirittura chiusura, perché si pensa di essere psicoanalizzati, di dover raccontare la storia della propria vita e della propria famiglia (cosa che non accade assolutamente: 1. non sono psicologa e non faccio la psicologa; 2. si insegue un obiettivo sportivo e non si entra nel personale ammesso che non sia l’atleta stesso a farlo nel tempo e se gli è di aiuto); oppure, chi ha più esperienza di gioco, pensa di sapere già tutto, di sapere esattamente cosa fare. Serve quindi tempo e tanta pazienza, devo essere invisibile ma allo stesso tempo far capire che ci sono e che non devono temere alcun giudizio. Una volta sbloccata questa iniziale empasse, si crea un clima di completa fiducia, i ragazzi sanno che il tutto è protetto da segreto professionale, quindi non sono tenuta a condividere queste informazioni con gli altri Coach (ammesso che non ci sia un rischio sincero per l’atleta o per la squadra).

Ritengo sia una figura professionale da valutare ed impiegare in diversi settori, non solo nello sport. Il Mental Coaching io lo faccio sia per il settore lavorativo (ristrutturazioni aziendali, cambio posto di lavoro, ricerca di un nuovo posto di lavoro) che nel settore privato (assistenza alla persona privata magari in caso di separazione, lutto, perdita di lavoro, etc). E’ finalizzato alla crescita personale applicata ai più disparati aspetti della vita, è un percorso che mette duramente alla prova perché è necessario capire chi sei, cosa vuoi, dove vuoi arrivare e in quale modo”.

La mente allenata nel modo giusto, che vale l’80% nel baseball e nel softball, risulta un eccellente straniero ma anche un’eccellente AFI se si ha la lungimiranza di manager Andrea Franci e la preparazione, ma anche le capacità, di Stefania Borsato. Tempo e soldi spesi bene, la classifica ringrazierà.


(Fonte immagini. Archivio privato di Andrea Franci e di Stefania Borsato)

(Nelle immagini di copertina e dell’articolo: primo piano di Andrea Franci e di Stefania Borsato)

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